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Kalòs e la Cerva

Kalòs e la Cerva


Sfogliando alcuni documenti conservati sapientemente in un grande cassetto, ho ritrovato il racconto di una antica leggenda locale, in cui la storia, intrecciandosi con le leggende popolari ha dato modo alla mia fantasia di compiere un viaggio in un tempo remoto, sprofondando in una atmosfera primordiale e surreale in cui si materializza l’eterna lotta tra il bene e il male.
Gli abitanti di Xacca, città ai piedi del monte Kronio, allora ricoperto da un bosco fitto e ombroso , vivevano nel terrore perché i demoni si erano impadroniti del luogo, seminando distruzione. Giunge dall’oriente Kalòs che, cacciati e imprigionati i demoni nelle buie gole del monte, si ritira in un eremo solitario da dove potrà controllare le forze del male e difendere la città. Unica compagnia sarà una dolce cerva, che gli fornirà anche il latte, suo unico nutrimento. La povera cerva viene colpita alla gola da una freccia e prima di morire corre da Kalòs inseguita dal cacciatore che, vista la scena dell’abbraccio dell’uomo con l’animale, si pente e si converte, rimanendo ad assistere il Santo fino alla sua morte.
Il veliero procedeva lentamente attraversando le acque leggermente agitate del Mediterraneo. Proveniva da Costantinopoli, uno dei ricchi porti d’oriente, dove mercanzie di ogni genere venivano commerciate e vendute. Già all’alba lungo i moli, le voci dei venditori, dei marinai, della gente , si mescolavano in un grande vocìo assordante. Etnie, diverse tra loro, si muovevano tra i banchi di spezie e mercanzie dai colori vivaci e dagli odori intensi, mentre suoni di ogni tipo rendevano la piazza del porto colma di vita e occorreva farsi largo tra barili, casse, corde arrotolate, reti e barche da riparare o in costruzione, mentre altre imbarcazioni dondolavano ormeggiate ai moli. Tuttavia quelle mescolanze umane dai mille dialetti e linguaggi, quei rumori assordanti, quei colori accesi, quell’aria colma di effluvi e fragranze, erano uno scenario quotidiano e non era difficile incontrare, in quella folla confusa, magre figure ascetiche con lunghi abiti e barbe incolte che si imbarcavano verso l’occidente, dominio per secoli dell’impero romano e del paganesimo, per diffondere la buona parola, guarire la gente dal male e trovare un luogo solitario dove vivere in preghiera e in solitaria comunicazione con il regno di Dio.
Kalòs era uno di questi uomini eletti e sapienti e una volta salito sulla nave, prese posto tra le numerose altre persone, perlopiù commercianti. Con il sorgere del sole iniziò la navigazione verso acque profonde, verso il largo e allontanati dallo stretto della città si diressero verso occidente e le isole della Grecia, infine dopo qualche giorno si apprestarono a sbarcare in Sicilia nel porto di Xacca.
Penetrando nella baia silenziosa ecco apparire la vetta della montagna verso cui era diretto, quasi sospesa sul mare. Raggiunto il porto gettarono l’ancora, nelle acque limacciose del molo. Kalòs era diretto proprio in quel monte che si diceva infestato da demoni crudeli che terrorizzavano la popolazione. Iniziò il suo cammino visitando quella città sul mare dove un tempo erano fioriti i commerci, mentre adesso, era ricoperta da una nube, una fitta foschia inquietante di tenebre che non permetteva di distinguere nemmeno la città.
Sentiva di non essere più giovane si appoggiava al suo bastone, un bastone speciale da cui non si separava mai . Tuttavia il suo animo era sereno e consapevole del compito affidatogli e che doveva portare a termine. Era il primo passo di una lunga strada che l’avrebbe impegnato per tutta la sua vita, una vita spirituale che lo conduceva a cacciare via il male e le ombre.
Una figura angelica gli era apparsa nei sogni e gli aveva spiegato di essere stato prescelto per svolgere una missione importante, convincendolo infine ad affrontare un lungo viaggio per diffondere, come gli apostoli, la parola di Gesù nell’occidente. Non si sentiva all’altezza di un compito così importante, ma quella voce celestiale che egli sentiva mentre si chiudeva in preghiera o gli compariva in sogno, lo aveva convinto ad andare.
Giunto quindi a Xacca, trovò la popolazione disperata,ma che aveva saputo del suo arrivo e lo aspettava con ansia. L’ accoglienza che gli riservarono fu colma di gioia e gridavano a gran voce:
- Kalòs ! viva Kalòs, benedici questa città e caccia via i demoni!
Egli sorridendo li rassicurò e dopo essersi riposato chiamò la popolazione in piazza e disse loro:
-Sono venuto apposta da una città lontana per far trionfare il bene e cacciare le presenze malefiche che si aggirano sul monte. Quindi vi benedico e siate fiduciosi perché Dio sarà al mio fianco e andrà tutto bene!-
Con fare deciso iniziò il suo cammino verso il monte che era anche un vulcano, ricoperto nelle sue pendici da una fitta foresta, attraverso un sentiero divenuto maledetto e impraticabile, pieno di serpi e di nebbia. Il suo sguardo era severo, imponente, con gli occhi scuri che spiccavano nella carnagione chiara, mentre il volto era definito da grigi capelli che si univano alla lunga barba. Egli era pronto a combattere quella terribile lotta contro il male e tutto in lui emanava una grande autorità. Si inoltrò, attraversando la fitta selva che ormai era ricoperta di rovi, spalancò le braccia, tenendo alto il bastone, iniziò con esso a disegnare nell’aria una grande croce. Una grande luce circondava il santo e mentre procedeva, sul pendio ombre e forme confuse di demoni fuggivano nelle tenebrose caverne e procedendo lungo la strada, le nubi scure si diradavano, lasciando penetrare lentamente la luce del sole e a intravedersi lembi di cielo terso e azzurro . Era una scena straordinaria per gli abitanti che lo seguivano e mentre la strada in salita verso la cima del monte si liberava, mostrava le sue bellezze, i suoi profumi, una vegetazione ricca e rigogliosa. La gente osservava felice quello straordinario avvenimento e acclamava Kalòs come il loro santo protettore.
Solitamente Kalòs parlava di rado e poco, tuttavia si dedicò a quella gente, portò la buona novella, compì delle guarigioni e altri prodigi, ma scelse di vivere da eremita sul monte. Trascorse lunghi anni in quel luogo: i mesi invernali, ascoltando la pioggia riparato nella sua grotta, senza provare paura quando il vento l’ululava , o quando il silenzio della notte avvolgeva tutto, mentre le nevicate ogni volta lo sbalordivano. Poi giungeva l’afa estiva e il vento di scirocco. Ma nulla turbava la sua serenità e quella vita solitaria e ascetica gli facilitava la preghiera e la vicinanza spirituale con Dio.
Ciò che però non si aspettava era l’arrivo di una cerva. Aveva bellissimi occhi dalla sguardo dolce che sembravano splendere nel muso color miele. Gli stava vicino e l’uomo capiva che poteva nutrirsi del suo latte. Sentiva di comunicare con quella magnifica creatura che gli faceva compagnia senza mai allontanarsi. Così trascorse molto tempo, mentre in città la gente viveva ormai tranquilla con la protezione del Santo. La città era rifiorita, i commerci andavano bene e così i raccolti e la pesca.
Un giorno il bosco fu attraversato da un gruppo di cacciatori in cerca di selvaggina, ma ecco che uno di loro si imbatté nella graziosa cerva. La freccia che prontamente inviò con l’arco, la colpì alla gola, ma anziché stramazzare a terra, con lo sguardo consapevole della sua fine, volle salutare il suo amico ed iniziò a correre in direzione dell’eremo, inseguita dallo sbalordito cacciatore. Ancora più sbalordito rimase, quando vide l’abbraccio tra quell’uomo anziano e la cerva che infine morì.
Il cacciatore si mise in ginocchio piangendo e chiedendo perdono al Santo, poiché si era reso conto della gravità del suo gesto. Ma Kalòs con grande dolore gli rispose:
- La vera cosa grave è che hai ucciso la mia piccola amica, una creatura innocente! –
- Perdonatemi, vi prego, io vi assisterò nelle vostre necessità e non andrò mai più a caccia.
Il tempo che seguì Kalòs lo trascorse con frequenti malattie, ma si trovava sempre vicino l’uomo, sinceramente pentito del suo gesto, che rimase con lui fino alla morte.
Dopo tanti secoli su quel luogo sacro, fu eretta successivamente una bella basilica e la gente continua a vivere tranquilla, consapevole della protezione di un Santo che ha steso sulla città un grande mantello di bene e di amore.




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Racconto scritto il 17/07/2018 - 13:18
Da Patrizia Lo Bue
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