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Laurieddu

Ogni notti, quannu dormu,
sentu sobbra lu cuscinu
quarche cosa ca camina
e mi faci ddiscità'.


Vetu ca no' nci shta nienti
e ddurmescu n'atra vota,
ma 'nu pisu propria 'n piettu
no' mi faci rispirà'.


"Laurieddu, laurieddu,
fammi dòrmi e ripusà';
ci ti llevu lu cappieddu
no' llu sa' cce m'hata dà'!


M'hata dà' cce dicu iu
ci tu vuè lu cuppulinu,
'nu pitaru chjnu chjnu
ti brillanti a quantità!".


E 'na sera mi vo corcu.
fazzu finta ca shto dormu
e po', senza cu mi ssormu,
'uantu iddu e lu torcu.


Sentu tannu 'nu lamientu,
chianci comu 'nu piccinnu,
ma mi pigghja 'nu spavientu
e lu lassu poi scappà'.


"Laurieddu ti la mamma,
muni t'hagghiu canusciutu;
ieri appena ti do' anni
quannu tuni ti n'ha' sciutu!


Mu' no' ti ni sciri cchiuni,
shtatti cu la mamma tova
ca è rimashta sola sola
e no' ssapi cce hava ffà'!


Laurieddu, laurieddu,
ieri propria ccussì bbeddu,
beddu comu 'nu piruddu
ca no' ti pozzu scurdà'!".


Non inserisco traduzione per insufficienza di caratteri e do spiegazioni:
Questa poesia in dialetto sanvitese a mo' di filastrocca si ispira ad una vecchia tradizione locale. Il Laurieddu è lo spirito folletto che di notte molesta chi dorme. Si narra che, se gli viene sottratto il berretto, possa esaudire qualunque desiderio, per riaverlo. Qui parla una madre che ha perso il proprio figlioletto. Riconosce nel Laurieddu il suo bambino che ha perduto quando aveva appena due anni, per cui lo prega di rimanere con la mamma (lei) che'è rimasta sola. È il dolore materno che non passa mai!




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Poesia scritta il 25/09/2014 - 10:47
Da Giuseppe Vita
Letta n.1693 volte.
Voto:
su 8 votanti


Commenti


Molto dolorosa questa richiesta di una madre che ha perso il suo bambino! Buona serata Giuseppe,

Chiara B. 26/09/2014 - 18:03

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é bellissima, significativa, musicale e sentita la tua poesia!
Ci posso provare a cantarla ma sottovoce... perchè sono stonatissima!
A parte questo, mi verrebbe un nodo alla gola... è una sofferenza costante aver perso un figlio...

Paola Collura 26/09/2014 - 13:59

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Infatti è musicalissima (come tutte le tue opere del resto.) Ed ha pure un bel ritmo molto adatto al testo.
Complimenti, Giuseppe, è un vero piacere leggerti.
Un caro saluto, Marina!

Marina Assanti 26/09/2014 - 12:08

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Parlare al dolore, è sempre un grande conforto...Musicare quel conforto, se veramente ispirato dal desiderio di confortare, può arrivare fino nel più profondo dell'anima. Con il dialetto, poi...in modo ancora più intimo. BRAVO! Vera

Vera Lezzi 26/09/2014 - 11:40

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Mi piaccione sempre più
i tuoi scritti pieni di sentimenti.
Siano esse poesie o canzoni
il risultato è...
poeticamente "Eccezzionale".
Il mio elogio a sì tanta bravura.
Ciao Giuseppe.

Mario Bruno Ciancia 26/09/2014 - 11:34

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Mi fa piacere che Genoveffa abbia subito intuito che questa è una canzone. Infatti l'ho scritta e musicata negli anni '60 e l'ho anche depositata alla SIAE. Un ritmo di marcia che può essere cantato oppure eseguito da una banda musicale con variazioni a piacere. Vi ringrazio per i vostri apprezzamenti. Un cordiale saluto!

Giuseppe Vita 26/09/2014 - 09:00

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E sì, il dolore materno non passa mai, come non passa mai l'amore di una madre per i propri figli. Figli che, comunque essi siano, sono sempre pezzi di cuore. La madre c'è sempre per tutti i figli!
Molto bella Giuseppe, buona giornata!

Salvatore Linguanti 26/09/2014 - 08:31

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bellissima opera colma di tristezza per la mancanza del piccino ,musicale come un canzone,piaciuta,complimenti Giuseppe

genoveffa 2 frau 26/09/2014 - 08:20

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Quartine dialettali stupendamente forgiate. L'accurata nota fa capire tutto... nella sua tristezza e nella sua affettuosità materna...

Rocco Michele LETTINI 26/09/2014 - 07:32

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