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Elezioni comunali

Fine Gennaio, freddo boia. Colazione mattutina a casa mia.
- Mi sono iscritta al movimento. - esordì Claretta, bevendo un sorso dal suo bicchiere colmo di spremuta di arance.
- Quale movimento, tesoro? – le chiesi tra un sorso e l’altro del mio caffellatte, composto di orzo e latte intero.
- Ma “il” Movimento, mio caro! Ne parlano tutti!
- Vuoi dire “quel” Movimento? – le chiesi, intimamente allarmato.
- Certo, il Movimento per eccellenza!
- Bene, cara, devi pur fare qualcosa nelle tue giornate semivuote dopo il tuo precocissimo pensionamento.
- Dimissioni, mio caro, dimissioni.
- Ma con diritto a pensione. – precisai.
- Rendita vitalizia, si chiama. Certo, non sono mica scema!
Tutto potrei pensare sul carattere della mia mogliettina, tranne che è scema.
Clara stava spalmando burro vegetale su una fetta di pan di segale. Io decisi che meritavo una tazza di caffè vero. Lei attese di vedermi soddisfatto della colazione, poi disse:
- Il Movimento mi candiderà Sindaco. – poi terminò con gusto la sua spremuta di arance. Quindi, guardando la mia espressione, scoppiò a ridere:
- Non scherzo! So già che i miei rivali sono mezze cartucce…
Avrei avuto almeno sette o otto obiezioni, ma preferii snobbarla:
- Ti faccio i migliori auguri, amore.
* * *
Durante la campagna elettorale Clara si dimostrò un’ottima ciarla… ehm… oratrice: criticò la precedente amministrazione, la malavita locale, le forze dell’ordine, il governo regionale e quello nazionale, le organizzazioni internazionali ecc.
Poi promise di tutto e di più. Io pensai che stava sognando, ma gli applausi riscossi mi dicevano che stava coinvolgendo i nostri compaesani in quel mitico sogno e temevo l’amaro risveglio.
Come fu, come non fu, al ballottaggio andarono due donne: Clara, essenzialmente per il voto femminile, e la rossa Fanny, principalmente per l’elettorato maschile, ammaliato dalle sue forme messe ben in vista.
Fanny festeggiò al ristorante, Clara con una grigliata nella nostra villetta in collina, traboccante di simpatizzanti, parenti, amici, vicini e conoscenti.
Io per l’occasione affittai l’intero staff del ristorante di un amico, che riuscì a stento a soddisfare i voraci avventori.
Tutti si complimentavano con Clara, dichiarandosi certi della vittoria.
Si giunse alla serata finale del venerdì. Era importante parlare per ultima e Clara si presentò in Commissariato per la prenotazione del palco cinque minuti prima della mezzanotte. Però Fanny si presentò cinque minuti “dopo”, ottenendo di parlare per ultima. Quando poi chiesi chiarimenti al mio amico Commissario, lui allargò le braccia:
- Eugè, è colpa dei miei collaboratori: giuravano che mancavano due minuti a mezzanotte.
Io mi chiesi quante marchette avesse promesso Fanny.
L’accaduto temprò ancor di più Clara, che salì sul palco alle ventidue, fredda e determinata.
Cominciò a parlare in tono sommesso, tranquillo e piacevole: criticò tutto e tutti, dal Sindaco precedente al Governatore della Regione, al Capo del governo italiano, su su sino al Presidente degli Sati Uniti!
Il tono di voce si alzò sino a tuonare, e io guardavo il cielo aspettando possibili fulmini.
Clara si fermò, fu applaudita con entusiasmo, chiese un semplice bicchier d’acqua e lo trangugiò lentamente per intero. Poi riprese in tono normale. E cominciò a promettere.
Avrebbe potenziato le infrastrutture, incrementato il turismo, la pesca e l’agricoltura. In particolare il paese avrebbe prodotto una sua acqua minerale, avrebbe aperto al pubblico le grotte di monte I., migliorato l’attività termale, instaurato un servizio pubblico di bus elettrici, incentivato le energie rinnovabili, ecc. ecc. ecc.
Alla fine applausi scroscianti. Anch’io cominciai a pensare che poteva farcela.
* * *
Clara tornò a casa a riposare, mentre io rimasi, incuriosito dal fatto che dai parapetti del palco furono tolti i drappeggi, così che si potevano vedere le persone lassù a figura intera.
Quindi salì Fanny, con camicetta bianca a pallini, anzi a cuoricini, rossi e gonna rossa, la camicetta sbottonata sino alla vita e la gonna cortissima. Ebbe un applauso forte e interminabile.
Poi la rossa Fanny cominciò a dire sciocchezze, infarcite degli applausi maschili, mentre alcune donne del pubblico cominciarono a litigare con i loro accompagnatori e a convincerli ad andar via.
Il discorso fu breve, ma l’applauso finale lungo e corposo. Io mi convinsi che Clara non aveva più speranze di diventare Sindaco.
Il sabato le previsioni davano le due candidate al 50 %. La domenica si capì subito che l’afflusso ai seggi sarebbe stato massiccio: il nuovo fronteggiava un affascinante antico e i quotidiani regionali avevano già battezzato Fanny “la meteora rossa” e Clara “Giovanna D’Arco”.
Nel pomeriggio i sostenitori di Fanny iniziarono a prelevare dalle loro case gli anziani e ad accompagnarli in auto ai seggi. Poi fu la volta degli invalidi e degli ammalati, quindi dei contadini abitanti sulle alture all’interno.
Alla fine i votanti superarono il 90 % e molti sostenitori di Fanny si rammaricavano di non aver fatto di più.
Clara si godette la domenica nella villetta in collina, trasformata in quartier generale. Poi lo spoglio iniziò e i dati affluivano per telefono. All’inizio sembrò che Clara fosse in vantaggio, poi arrivò una valanga di voti per Fanny. A quel punto Clara ebbe la freddezza di andarsi a coricare al secondo piano.
All’una di notte la situazione migliorò, alle tre Clara era in lento ma costante recupero. Alle quattro si parlava di un “testa a testa”. Le TV locali davano Fanny al 51 % e Clara al 49.
Alle quattro e trenta le urne sfornavano quasi soltanto voti per Clara. Alle cinque del mattino la TV diceva 50,0 % per entrambe le candidate. Alle cinque e trenta Clara era indietro di 40 voti, che divennero 30, poi 20, poi 10.
Alle sei… Clara vinse per 17 voti!
Lei scese e si presentò nel salone fresca come una rosa, chiedendo:
- Chi dice che il 17 porta sfortuna?
* * *
Clara attuò gran parte del suo programma con fredda e spietata determinazione. Praticamente “cazziava” tutti coloro che si opponevano alla sua azione riformatrice. Quando poteva, defenestrava o allontanava i suoi avversari, oppure li contrastava con tutti i mezzi leciti o meno leciti.
Poiché la sua amica d’infanzia Tea (la traditrice, diceva) aveva sostenuto Fanny e rappresentava l’opposizione, chiamò per vicesindaco il mite Gianni, marito di Tea, per conciliarsi gli avversari.
In seguito questi provarono più volte a raggiungere Clara attraverso Gianni, ma lei spesso diceva: Niet!
Le chiesi perché non dicesse semplicemente no, ma lei ribatté che il no di una donna significa forse, mentre “niet” è più assoluto.
E così furono aperte le grotte, si cominciò a imbottigliare l’acqua minerale di monte I., furono attrezzate e migliorate le terme, il paese fu dotato di un servizio di minibus elettrici, furono realizzati comodi parcheggi e soprattutto i cittadini furono costretti a pagare le tasse.
I mafiosi si ritirarono fuori dal territorio comunale, sulle colline circostanti. A me ricordavano la ritirata dei russi quando Napoleone arrivò a Mosca, e temevo la loro futura reazione.
I giornali continuavano a chiamare la neosindaco “Giovanna (D’Arco)”, poi semplificarono in “Jane”, poi preferirono “Calamita Jane”. La Polizia Municipale fu arringata da Clara e ai suoi ordini divenne una specie di Gestapo, ragion per cui i Carabinieri si piccarono e cominciarono a controllare di più. La Polizia non poté essere da meno.
“Jane” istituì numerosi punti di informazione turistica. Controllava personalmente i lavori nei due parchi comunali e persino i lavori stradali.
Incredibilmente quella sua cristallina determinazione fu contagiosa e il paese cominciò a muoversi come un orologio. Con la raccolta differenziata porta a porta e premiata in vari modi, il paese cominciò a vendere la propria immondizia, anziché smaltirla, e gli efficienti parcheggi inviavano in Comune flussi di denaro.
Il turismo aumentò, se non altro per vedere “Jane” e il suo operato. Clara non rilasciava interviste, ma i paparazzi riuscirono ugualmente a mettere insieme articoli con foto. Tra i giovani si diffusero magliette con la scritta “I love Jane” che poi divenne “Io amo Jane”.
Un nuovo clima, una nuova epoca iniziava…
Come ebbe fine tutto ciò? I mafiosi scesero dalle colline? No, perché l’amministrazione lasciò intendere che “chiunque” volesse lavorare onestamente nel territorio poteva farlo.
Gli avversari politici rialzarono la testa? No, come dice il cinese, “sedettero lungo il fiume”. La Provincia intervenne? No, preferì “cavalcare la tigre” e invitò gli altri comuni a imitare la cittadina del Golfo.
E allora? Ebbene, semplicemente dopo tredici mesi Clara crollò: dormiva dieci, undici ore a notte e si presentava in Municipio in ritardo. Si disse che Aprile agevolava il sonno di Jane. Ma a Maggio la cosa proseguì e fu necessario consultare un ottimo neurologo.
Il responso fu che Clara era “crollata”.
- Questo lo sanno tutti, professore… - dissi.
- Ora le spiego, se non mi fraintende: sua moglie è sanissima, nel corpo e nella mente, ma il suo comportamento ricorda quello di alcuni psicopatici, diciamo che ne è parallelo. E’ semplicemente passata da una fase “maniacale” a una fase “depressa”
- Che dice, dottore? Lei sta benissimo, è soddisfatta, serena…
- Sì, le ho fatto quell’esempio soltanto a mo’ di spiegazione…
- E la cura?
- Un viaggio, un lungo viaggio in un Paese freddo.
Clara capì al volo: si dimise, tra il dolore della popolazione, e fu sostituita da Gianni in attesa degli eventi. Quindi mi chiese di andare a Londra e poi in Scozia.
Per l’attività politica, le bastava aver dato l’esempio di una buona amministrazione.
Il giornalino locale, “Il bisbiglio”, diretto dall’amica Sandra, fece uscire un’edizione speciale, intitolata


FU VERA GLORIA ?
AI POSTERIORI L’ ARDUA SENTENZA


Scrisse proprio così, errore compreso!


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Racconto scritto il 25/11/2014 - 16:54
Da Michele Fiorenza
Letta n.1261 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Un racconto davvero ben scritto e coinvolgente. Bravo Michele, buona giornata, a rileggerti!

Chiara B. 28/11/2014 - 10:53

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