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Come in un incubo

Ci sono delle notizie che ti sconvolgono la vita, nel bene o nel male, quella che ebbi la mattina del 19 settembre, fu una di quelle che ti tagliano le gambe, che non ti danno tempo e modo di ragionarci su; avevo appena ritirato gli esami che avevo fatto 15 giorni prima in ospedale; il mio medico, nonché amico Giacomo, per un fastidio che avevo alla gamba destra e che nonostante cure con antiinfiammatori non andava via da parecchi mesi, disse che era il caso di fare esami approfonditi, compresa una TAC; io che avevo fiducia in lui, li feci, tutti e quando andai a ritirare i referti, non credevo ai miei occhi “Neoplasia metastatica……”. Non avevo letto oltre, tutto intorno a me si fece scuro ed io sembrava stessi precipitando all’interno di un pozzo buio e senza pareti, le uniche cose che mi venivano in mente erano sempre le stesse, mentre cadevo giù ad una velocità incredibile “Neoplasia metastatica… Neoplasia metastatica… Neoplasia metastatica… Neoplasia metastatica… “.
Ci misi due giorni per riprendermi, il mio umore era a pezzi, ma a casa, come in ufficio, non volevo si sapesse ancora niente, non avevo parlato con il medico curante, ne con un oncologo, aspettavo che mi tornassero le forze per affrontare la battaglia e non sapevo ancora se avessi voglia di farla, se ne valesse la pena.
“Ciao Giacomo, sei a casa? Allora passo un attimo stamattina, devo farti vedere l’esito degli esami, a tra poco”; presi l’auto e mi precipitai dal medico, avevo il cuore in gola, ma sapevo che con lui avrei potuto parlare come amico, nonché come medico e che mi avrebbe sicuramente consigliato il meglio, dato che la moglie aveva superato da poco una situazione analoga alla mia.
Giacomo ha una bella villa, non lontano dal mare, molto curata con alberi e fiori, un bel prato all’inglese ed era intento ad innaffiarlo, non pioveva da un bel po’, mi vede ed esclama “Ciao Roberto, aspetta che ti apro il cancello, sono solo stamattina”.
Entro e non lo faccio proprio parlare, gli dico “leggi!” e resto in silenzio, quei secondi sembravano non finire mai; gli leggo negli occhi che la cosa non è affatto semplice, ma lui mi sorride e dice “tranquillo, ho un amico oncologo a Milano, gli mando il referto via mail e poi lo chiamo, così ci facciamo consigliare, non abbatterti, oggi ci sono buone possibilità di guarire completamente, anche in presenza di metastasi”.
Sapevo che stava mentendo, ma non potevo dirglielo e comunque dovevo credere in qualcosa; “mi raccomando” dissi a Giacomo, “non parlarne con nessuno, aspettiamo cosa dice questo tuo amico, io non lo dirò ai miei”, “tranquillo” mi risponde, “facciamo come dici tu”.
Passano solo due giorni e ricevo una telefonata da Giacomo che mi invita ad andare l’indomani mattina da lui, che potevamo parlare di quanto gli aveva suggerito l’oncologo, invitandomi a non perdere tempo, perché la cosa era abbastanza grave e bisognava agire in fretta.
Era stata una settimana tremenda, non ero riuscito a chiudere occhio, dover nascondere a tutti quello che avevo e non poter avere il conforto di nessuno, era tremendo, ma dovevo sbrigarmi ed andare da Giacomo, dovevo ascoltare la mia condanna.
Giacomo mi fece entrare ed accomodare in salotto, illustrandomi tutta una serie di dati statistici che gli aveva fornito l’oncologo e poi, guardandomi negli occhi disse “La situazione come ti ho accennato per telefono è grave, dalla TAC si evidenziano tre focolari, il più importante riguarda il fegato, mentre due piccoli sono al testicolo sinistro ed alla gamba destra, questi due sono operabili, mentre per il fegato no, bisogna cercare di eliminare le cellule cancerogene e poi aspettare per un trapianto, ma nel frattempo dovrai essere sottoposto a chemio e radioterapia, in dosi massicce, sia prima degli interventi al testicolo e gamba, sia dopo”; ero a bocca aperta, senza battere ciglio ed allora Giacomo continuò a parlare “secondo il mio amico, dovresti stare in un centro oncologico almeno per 4 mesi, le dosi sono forti e non puoi tornare a casa dopo le terapie, ma rimanere sotto controllo, potresti avere problemi di vario genere, soprattutto al fegato; mi ha consigliato 3 centri, uno al nord e due al sud, Milano, Bari e Napoli, tu dove vorresti andare?”.
Quest’altra notizia mi aveva tagliato ancora di più le gambe, avevo avuto la sensazione la prima volta che mostrai le analisi a Giacomo, che la cosa era di una certa gravità, ma adesso dopo il parere dell’oncologo, mi ero ancor di più abbattuto, tanto da pensare nella mia testa quanti mesi dì vita mi restassero e se avessi avuto il tempo per fare tutte quelle cose che avevo lasciato in sospeso, se la paura avesse il sopravvento oppure se proprio in questi casi si trovava il coraggio per riuscire a vincerla…”Roberto…Roberto…ti sei incantato?”, “scusa Giacomo, ero sovra pensiero, dimmi”, “tu devi dirmi, dove vuoi che prenotiamo, Milano, Bari o Napoli?”.
Sentivo già che la mia vita sarebbe finita presto ed allora non potevo non ritornare nella mia città, rivedere i colori, ascoltare i rumori per le strade che spesso diventano suoni, il calore della gente e respirare l’aria della mia infanzia, non avevo dubbi…”Napoli, scelgo Napoli”, “bene” rispose Giacomo “adesso chiamo il medico così ci da subito la disponibilità, aspetta qui che vado a chiamarlo di là”.
Strano, a volte il tempo passa così velocemente, altre si ferma, come se i secondi durassero minuti ed i minuti ore, era appena andato via a chiamare ed a me sembrava fosse passata un’eternità, mi guardavo intorno, osservavo quella stanza così curata, i quadri con paesaggi marini, quasi sembrava che le onde uscissero dalla tela e mi bagnassero il viso…”eccomi, lunedì prossimo devi essere al Pascale, hai una settimana intera per preparare le tue cose, sistemare in ufficio ecc., vedrai che andrà tutto bene”; lo salutai con un grande abbraccio dicendogli “Grazie Giacomo” e lui mi rispose “ci sentiamo, tieni sempre a portata di mano il cellulare”.
Uscii da casa e di nuovo mi sentivo spaesato, era arrivato il momento di dirlo ai miei, ma prima dovevo sistemare una vecchia faccenda con Emilia, una mia amica con cui avevo condiviso parte dei miei ultimi anni, ma che da un po’ di tempo eravamo freddi.
“Ciao Emilia, sei a casa tra un’oretta? Sai mi hanno appena comunicato che devo andare per 4 mesi a l’Aquila per un corso e volevo passare a salutarti, disturbo?”.
Emilia è sempre stata dolce e disponibile con me, a volte fin troppo, era l’unica persona a cui io confidavo quello che mi succedeva e mi dispiaceva nascondergli la verità, ma non potevo dirgliela, sarebbe stata una batosta troppo grande per lei, non volevo vederla soffrire.
Di corsa andai in un negozio di oggettistica a comprarle qualcosa per ricordo, presi una piccola scultura coloratissima, un clown con una faccia triste, sorrideva, ma una lacrima gli bagnava il viso, ecco proprio come me, colorato e sorridente, ma triste per quello che mi stava capitando… “prendo questa, mi fa una bella confezione regalo?”.
Mi tremava il dito, non riuscivo a suonare il campanello a casa di Emilia, ma lei mi vide dalla finestra e venne ad aprirmi il cancello “che fai, volevi restare fuori? Entra dai!”, entrai in casa e mi sforzai di fare il solito cretino, sempre con la battuta pronta, le diedi il regalo dicendole “è un piccolo pensiero, so che a te non piacciono le cose materiali, ma resterò molto tempo fuori, avrò poco tempo per telefonare o stare al pc e quindi ho pensato di regalarti qualcosa che ti ricordi di me”.
“Che stupido che sei, ancora non hai capito che non voglio ricordi di te, ma te, riportalo al negozio e compra qualcosa per tua moglie, mi devi lasciare in pace”
Con Emilia le cose non andavano tanto bene oramai da quasi un anno, eravamo stati molto più che amici, ma quando mi accorsi che avevo superato la soglia che divide l’amicizia dall’amore, decisi di allontanarmi, non potevo vivere storie parallele, non potevo darmi a due persone, facendo come se nulla fosse; Emilia era speciale, bastava uno sguardo ed io ero a mio agio, come se ci conoscessimo da una vita, le avevo confidato segreti che a nessuno mai avevo detto, ma adesso mi faceva la guerra, voleva che io decidessi di vivere una storia con lei, ma non fatta di giorni e notti, ma di momenti isolati, senza intaccare le nostre famiglie, ma io non potevo mentire a me stesso; volevo tenermi l’amica del cuore, ma quando l’attrazione diventava forte, allontanarmi per non cadere, era uno strazio quotidiano, ma preferivo soffrire.
“Riprenditi il regalo, se hai tempo e voglia, fatti sentire ogni tanto, altrimenti fa nulla, fai il tuo corso e poi ci vediamo quando rientri, sempre se mi trovi”.
Avevo capito che non potevo insistere, se non dicendole la verità, ed allora andai via, solo con un semplice “ciao, ci sentiamo”.
Mentre stavo per rimettermi in auto, arriva proprio in quel momento Ilaria, la figlia grande di Emilia, una gran bella ragazza, alta, occhi verdi, labbra carnose, simpatica ed a cui volevo un gran bene. “Ciao Rò, che ci fai qui?”, “niente di che Ilaria, ero venuto a salutare mamma, lunedì parto per un corso a l’Aquila e dato resto via per 4 mesi, le avevo portato un regalino, ma sai com’è fatta, non vuole nulla”.
“Davvero resti fuori così tanto? Mi dispiace, però ci messaggiamo ogni tanto?”, “non sarò messo bene, sai è un corso molto duro, sarò in un residence con altri e quindi oltre allo studio, dovremo preoccuparci di tenere pulito, fare la spesa ecc., però troverò il modo per farmi vivo; anzi, sai che facciamo? Questo regalino lo do a te, lo metti nella tua stanza e poi te lo porti via, quando troverai qualcuno che faccia al caso tuo, così non potrai mai dimenticarti di me”.
“Ma che dici Rò, come potrei mai dimenticarti, e poi è solo un corso, mica vai in guerra che non torni più, vero Rò? Non vai in guerra vero?”
Non so in quel momento cosa mi è passato dalla mente, ma a quelle parole “non vai in guerra, vero?”, gli occhi mi diventarono lucidi, lei si accorse ed iniziò a farmi domande sempre più insistenti ed io non seppi nascondermi più, ma le dissi “Promettimi che quello che ti dirò adesso rimarrà un nostro segreto, promettimelo!”, “te lo prometto sul bene che ti voglio Rò”.
Non feci troppi giri, oramai la parola “metastasi” era entrata dentro di me, cercai solo di essere tranquillizzante, ma non ci riuscii tanto, Ilaria era una ragazza intelligente, colta, sapeva che stavo barando e che probabilmente non mi avrebbe più rivisto.
“Dai non fare così, altrimenti mi abbatto ancor di più, mi raccomando la statuina, tienila nella tua stanza e quando ci sentiremo, mi dirai se ti è piaciuta o meno, adesso devo andare”
“Rò, posso fare qualcosa per te?”, “una cosa potresti, ma non so se posso chiedertela”, “dimmi Rò, ti prego”, “avrei voluto salutare tua mamma con un bacio ed un forte abbraccio, ma non è staro possibile, forse se le avessi detto la verità…ma non volevo farla soffrire”
Si avvicina e mi abbraccia forte, quasi a farmi male, sento le sue calde lacrime scendermi sul volto, poi mi sussurra all’orecchio “questo da parte di mamma”, mi da un tenero bacio sulla bocca e scappa via.
Resto di sasso, in quell’abbraccio avevo capito quanto mi volesse bene ed in quel bacio, quanto ci tenesse alla mamma.
Mi siedo in macchina, accendo e “titi…titi” un messaggio in arrivo, è Ilaria, apro il messaggio “TVTB Ilaria”



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Racconto scritto il 03/02/2015 - 14:24
Da Masaniello _
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Voto:
su 6 votanti


Commenti


grazie Focus, ma sono un perfetto ignorante e scrivo di getto, senza rileggere, quando l'ho fatto non ho più scritto nulla, mi piace andare a braccia e se ci sono errori, fa parte della vita ed io scrivo la vita. Grazie per averlo riletto.

Masaniello _ 17/02/2015 - 16:27

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L'ho riletto...mi è piaciuto ancor più...però devo dire che ad una attenta lettura qualche limatura l'ho trovata...sulla punteggiatura e poi verso la fine quel da senza accento...dà, terza persona singolare indicativo presente verbo dare...spesso sfugge anche a me. Invece sulla punteggiatura è una questione di stile...sarebbe bello parlarne. ciaociao, aribravo.

. Focus 17/02/2015 - 16:05

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Ha descritto una situazione molto realistica, direi autobiografica. Una situazione che abbiamo vissuto di persona per diversi mesi in cui abbiamo convissuto con la morte in faccia ...
Da sopravvissuto al cancro posso suggerire a chi si trova in una situazione di "emergenza" come quella descritta che oggi si deve aver fiducia nella chirurgia e si può guarire. Attendiamo l'epilogo del racconto.

Domenico De Marenghi 03/02/2015 - 22:12

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Ho rivissuto un incubo, doppio tra l'altro: la mia mamma e il mio papà.
Voglio solo darti un grossissimo abbraccio e un augurio di buona vita, semmai questa dovesse essere, o è stata, la tua realtà.
Altrimenti m'inchino solo alla tua bravura nell'aver, così sentitamente, raccontato un vero dramma.
Ciao...

Gio Vigi 03/02/2015 - 21:55

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Come si fa a commentare un racconto così? La prima cosa che vien da dire: scritto molto bene e con una narrazione fluida e colma di pathos che prende il lettore fino alla commozione. Certo, vien da chiedere se il racconto è autobiogafico...se sì allora dobbiamo farti gli auguri, se invece è finzione allora applauso doppio. eccellente, anche se c'è una sbavatura che andrebbe corretta( ma se vuoi ne parliamo in privato)...ciao, e bravo!

. Focus 03/02/2015 - 20:18

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Adesso vogliamo l'epilogo spero a lieto fine,racconto straziante ,un iter che ho attraversato con una persona cara ,andrà tutto bene la volontà fa scaturire miracoli,complimenti,letto d'un fiato

genoveffa 2 frau 03/02/2015 - 19:09

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