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IL VORTICE DELL'ESTASI

Raggomitolato in un angolo della stanza nel suo maglione sdrucito con una
sola manica, come un topo, alla ricerca di un riparo dal freddo, la finestra, o quel che ne restava, sbatteva, colpita da raffiche di neve ed a completare tutto, il sonno, che si faceva sempre più audace.
Solo il pensiero di morire senza aver terminato il suo lavoro lo teneva in vita.
Già il suo lavoro!
Il quadro che stava ultimando, per fortuna era riparato da l’unica coperta rimasta, le altre erano servite ad alimentare a pezzi il fuoco nella caldaia, ormai solo memore di un tempo in cui accoglieva legna da ardere.
La figura slanciata della donna nuda, che stava dipingendo, catturava la sua mente labile e lo trascendeva nel mondo del colore e plasticità dov’essa era dipinta, ogni oggetto non aveva una forma definita ne tantomeno un ombra da cui fuggire.
L’assenza di staticità imprimeva una sensazione di benessere e di fuga dai sensi conosciuti.
Il corpo della donna fuoriusciva dal dipinto, gli si avvicinava, lo abbracciava ed in un lento addivenire si innalzavano verso un vortice che evidenziava il loro moto con le pieghe dei colori.
Dal giallo,al rosso, al viola, al blu, passando per le variazioni cromatiche di ogni tono, per terminare nel bianco assoluto.
La finestra continuava a sbattere nonostante la bufera fosse terminata, lasciando un cielo a tratti spruzzato di un tenue giallo.
Marco non occupava più l’angolo della stanza, al suo posto
abbandonati i pochi indumenti che il giorno prima indossava.


La finestra continuava a sbattere, quasi a richiamare l’attenzione di chicchessia verso quel corpo nudo, ripiegato su di se, nel cortile tra le cataste di immondizia, ormai abbandonato dalla vita.
O forse continuava a sbattere per salutare l’arte di Marco che era
fuggita nuda in compagnia della sua musa verso lidi dove la creatività darà finalmente pace alla metamorfosi della forma e del colore.
O forse stava solo sbattendo per richiamare un nuovo inquilino a fargli compagnia.
“Maledetta finestra! Tu non vedi il mio corpo ma la mia essenza è
ancora presente. Non ho più il dominio della materia per dipingere, il colore mi ha ormai rapito e di esso son parte indissolubile. Mi dispiace solo di non averti chiuso prima di lasciare per sempre il mio corpo.”
La porta d’improvviso si apriva ed un poliziotto entrò con fare circospetto seguito da alcuni colleghi guardinghi e curiosi di ciò che li aspettava in quell’angusta stanza.
Il corpo di Marco era stato rinvenuto nel cortile e si cercava spiegazioni sull’accaduto, ma appariva tutto chiaro alle forze dell’ordine, un suicidio dovuto alla rinuncia ad una vita di povertà.
“Il caso verrà chiuso in un battibaleno.”
Mormorava il maresciallo Clemente all’attendente Franceschi.
“Vediamo se troviamo dei documenti d’identità, informiamo la famiglia, chiamiamo gli addetti ai lavori per poter rimuovere il corpo e prenota alla trattoria Da Rosa per cena visto che faremo tardi.”
“Muoviti Franceschi, lascia stare quella coperta che è piena di pulci e..., ma nasconde qualcosa! Ehi è un dipinto, mica male, guarda che bello quel vortice che termina in un punto bianchissimo, ti rapisce e ti fa girare la testa come se il tuo corpo ne facesse parte direttamente. Whou! Che bello assaggiare i colori e sentirne i gusti diversi, senti che suoni meravigliosi che hanno. Vieni anche tu Franceschi..”
L’appuntato stava praticando il massaggio cardiaco al maresciallo Clemente ma il cuore non sembrava rispondere ai suoi sforzi.
“che strano!” pensava Franceschi, “Appena ha guardato con attenzione il quadro sembrava che l’immagine lo risucchiasse..! Ma ...!”
Le richieste di aiuto fecero accorrere i colleghi che chiamarono prontamente i soccorsi.
Tutto faceva presagire che il maresciallo avesse subito un infarto, gran fumatore e patito della forchetta, con i suoi 60 anni c’era da aspettarselo.
“Scusi signore, lei che ci fa nel mio quadro con quel vestito così scuro, da Carabiniere?”
Dice Marco al nuovo arrivato dentro al suo dipinto.
“E lei che se ne va in giro nudo, sa che la devo arrestare?”
I due continuavano a guardarsi ed a volteggiare sempre più velocemente, sempre più elastici , sempre più colorati ed indefiniti, in un vortice alato dove gorgogliava il niente.
Il quadro cambiava tonalità fino a raggiungere il color blu oltremare.
Franceschi oltrepassava il confine invisibile del colore e scomparve alla vista di Marco, che continua a volteggiare.
La finestra non sbatteva più.
Marco si sfaldava in grigi e terre bruciate disperdendo i suoi ultimi
pensieri d’artista.
“Non c’è solitudine neanche qui! La libertà è negata anche nel non
essere!”


Il suo volo si faceva sempre più concentrico, le pareti si stringevano intorno a lui, sempre più scure.
La paura lo mordeva come un cane rabbioso, il nero si stava impossessando di lui. Il nero! ciò che la sua mente artistica rifiutava a priori. Il nero, dove tutto si assorbe e dissolve.
Il nero, dove la sua vita di sogni e colori non lasceranno storia. Urlava con tutta la sua forza. D’improvviso il colore torno' a risplendere di luci e sfumature in un vortice viola.




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Racconto scritto il 09/03/2015 - 22:03
Da paolo signorini
Letta n.1068 volte.
Voto:
su 5 votanti


Commenti


Davvero un estasi coinvolgente!Bellissima questa sensazione di scomparire risucchiati ...Bravo!!

Niccolò Sanesi 10/03/2015 - 17:23

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Trovo che tre discreti precedenti al mio voto per questo racconto che davvero m'ha trasportata in un vortice d'estasi, trasmettendomi tanto... siano un'oscenita' morale... eccellente!

Maria Valentina Mancosu 10/03/2015 - 15:48

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