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Una sera di settembre

UNA SERA DI SETTEMBRE


A torso nudo Jeff spaccava la legna vicino al recinto dei cavalli. La calda luce del tardo pomeriggio faceva brillare rivoli di sudore sulle sue membra abbronzate. Più in là, il piccolo Tom rincorreva le oche frustando l’aria con un rametto di pino.
Era stata una giornata pesante ma buona. Per tutta la mattina Jeff aveva raccolto le patate, poi si era messo a lavorare con la scure. Adesso aveva la schiena rotta, ma era contento.
Dal camino usciva una lingua di fumo. Amy stava preparando la cena.
Jeff lasciò cadere lo strumento del suo lavoro, inarcò il busto e si stirò con un certo piacere. Fra un po’ si sarebbe seduto davanti a un bel piatto di stufato d’anatra, fagioli e purè; poi avrebbe aspettato le tenebre seduto nella veranda con il figlioletto sulle ginocchia. La sua donna avrebbe fatto il bilancio della giornata.
Cosa poteva chiedere di più dalla vita? La casetta e il pezzo di terra nella vallata a nord ovest di Salida se li era conquistati. E ne aveva versato di sudore. Nessuno glieli avrebbe tolti, nemmeno i prepotenti Curleigh. Se avessero insistito con le loro pressioni, Jeff sarebbe andato a Denver, avrebbe messo di mezzo un suo amico giudice e l’avrebbe spuntata. Di certo sarebbe riuscito a far valere i propri diritti, a beneficio non solo suo ma anche di altri coltivatori come lui, disseminati in quell’angolo di Colorado.
Un’ombra passò nella sua mente. L’immagine di Roy Curleigh, il figlio del vecchio Elmer, venne a turbare la sua serenità. Il rampollo aveva la testa bacata ed era un violento. A Salida godeva la copertura dello sceriffo, l’uomo che suo padre aveva nominato a beneficio dei Carleigh e di altri allevatori. A lui era attribuita l’uccisione di Samuel Kovalskj, alla fine dell’inverno.
Riprese in mano la scure e ricominciò a spaccare legna con l’intento di scacciare i pensieri molesti. Tom aveva smesso di far correre le oche e ora giocava tranquillamente, seduto nella polvere, vicino alla veranda.


- Papà, che cosa è stata quella luce? La vedremo anche questa sera? -
Jeff rispose con la bocca piena: - Non lo so, figliolo. Un fenomeno della natura, suppongo.
Già, se l’era dimenticato. La sera precedente si erano ritrovati nella veranda, il sole appena tramontato. Verso sud ovest era apparsa una strana luce azzurra, a forma di disco, che si stagliava contro il cielo perlaceo e le nuvole rossastre.
- Doveva essere stata proprio sopra il ranch dei Curleigh – interloquì Amy.
- È ciò che ho pensato anch’io – ammise Jeff. Mandò giù un sorso di caffè e soggiunse, scrollando la testa: – Non ho mai visto una luce simile, né da queste parti né altrove. Forse era un riflesso particolare provocato dal tramonto. Ieri sera era molto bello.
Amy si alzò e andò a mettere il suo piatto sporco alla tinozza.
Anche il bambino si era alzato da tavola.
Jeff caricò la pipa con l’ultima presa di tabacco. Il giorno dopo sarebbe andato giù all’emporio di Salida a farne scorta. Accese e aspirò con voluttà una lunga boccata.
Intanto Amy si mise a sparecchiare.
- Papà, papà! – Tom era andato alla finestra. – Vieni a vedere, ci sono tre uomini a cavallo.
Jeff vide sua moglie irrigidirsi, poi raggiunse il bambino e guardò fuori.
Posò la pipa su una mensola e staccò la vecchia doppietta dalla parete.


Gli uomini erano fermi proprio davanti alla veranda: Roy Curleigh e due cowboy.
Jeff ebbe la sensazione che da quella sera niente sarebbe stato più come prima. Ebbene, se era giunta l’ora, lui era pronto ad affrontarla. Sentì un nodo alla gola.
Roy scese lentamente da cavallo. Indossava un lungo spolverino aperto sul davanti. Così Jeff si accorse che non portava la pistola. Un fatto davvero insolito, visto il tipo. Ma non c’era da fidarsi.
Imbracciando il fucile, fece un passo avanti sul pavimento scricchiolante della veranda.
- Non ho cattive intenzioni – annunciò Roy Culreigh. – Anzi…
- Fermatevi! – intimò Jeff, appena ebbe visto l’uomo mettere un piede sul primo dei due gradini. Intanto teneva d’occhio i due rimasti in sella.


Adesso si vedevano le stelle.
I tre individui se ne erano andati. Jeff, Amy e il piccolo Tom erano seduti nella veranda. Un lume stava appoggiato sul vecchio barile che fungeva da tavolino. Accanto c’era la lettera che Roy aveva consegnato da parte di suo padre, l’allevatore di bestiame Elmer Curleigh. L’aveva letta tre volte, due a voce alta, provocando in sua moglie lunghi sospiri di sollievo. Inspiegabilmente vi si annunciava che Jeff Bowie e la sua famiglia avevano tutto il diritto di godersi quella terra che si estendeva dal greto del torrente fino alle colline di pini.
- Non erano cattivi, papà – disse Tom. – Perché allora hai preso il fucile?
Jeff gli passò una mano nei folti capelli biondi. – Ho sbagliato.
Il bimbo chiese ancora:
- La luce che abbiamo visto ieri sera, laggiù… Forse comparirà di nuovo, prima che andiamo a dormire.
- L’abbiamo vista, invece. È venuta anche stasera a trovarci.
Il piccolo alzò uno sguardo perplesso verso suo padre.
Evidentemente non aveva capito.




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Racconto scritto il 05/10/2015 - 11:56
Da Giuseppe Novellino
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