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LA VIGILIA DI NATALE

«Buon Natale signore» disse il portiere sfregandosi le mani per il freddo. Era un un ometto pelato e rubicondo, con le guance arrossate dal vento. Lui lo guardò, ma non rispose, non disse nulla e tirò oltre. Raggiunse a passo spedito l'ascensore e pigiò il pulsante. Guardò l'orologio più volte, come a darsi un contegno mentre aspettava nervosamente. Aveva fretta di raggiungere il suo ufficio al 17° piano, lì non c'erano addobbi ad attenderlo né luci ad infastidirlo. Tirò un sospiro quando le porte si aprirono.


La giovane segretaria bionda stava digitando frettolosamente qualcosa sulla tastiera. Non alzò lo sguardo dal monitor, ma seppe con certezza che era entrato il suo capo. Era troppo alto, troppo massiccio per non notarlo, e poi la sua comparsa sulla soglia della porta aveva oscurato la luce proveniente dal pianerottolo. «Buon Natale» disse meccanicamente, ma in cambio non ottenne altro che una porta sbattuta.


Sedette alla sua scrivania e prese mentalmente nota di avvisare la segretaria che lui non festeggiava il Natale. Non lo festeggiava più da quasi sei anni, da quando se ne era andato suo padre, ma in verità aveva smesso molto prima, e gli anni erano troppi ora per contarli tutti. Aprì un cassetto della sua scrivania, era ingombro di carte come tutti. Tolse con calma i vari incartamenti, vecchi contratti, vecchie pubblicità, e con calma li dispose sul piano della scrivania. I gesti erano lenti, quasi avesse paura di scoprire cosa ci fosse sul fondo del cassetto, ma poi la vide. Era tutto quello che le restava di lei: una vecchia foto col suo sorriso di diciassettenne. 17, quel numero ricorreva sempre nella sua vita. Si alzò e andò alla vetrata. In quegli anni era arrivato in cima, e non era solo una metafora. Da quando aveva perso lei, si era sentito come senza vita, come se una parte di sé era andata con lei, e così si era lasciato coinvolgere nelle esperienze più disparate, aveva praticato sport estremi, e poi da quando ne era stato in grado si era buttato nel lavoro. E aveva costruito quell'impresa dal nulla, per dimostrare a sé più che agli altri che poteva farcela, e che non aveva bisogno di nessuno. Forse era stato allora che aveva cominciato a cambiare donne con la stessa frequenza con cui cambiava cravatta. In fondo non faceva del male a nessuno, le donne che frequentava sapevano come stavano le cose, o meglio sapevano che lui non voleva impegni, di nessun tipo. Guardò l'orologio, era quasi mezzo giorno. Il tempo volava e lui neanche se ne era accorto assorto com'era nei suoi ricordi, nei suoi tristi ricordi. La segretaria entrò nella stanza senza preavviso. Il cassetto era ancora aperto. Con un rapido e piccolo scatto si avvicinò alla scrivania, raccolse in fretta gli incartamenti e altrettanto in fretta li rimise nel cassetto che chiuse poi con un piccolo tonfo.
«Nessuno le ha detto che si bussa prima di entrare?» Come rimpiangeva la sua vecchia segretaria, perché Jane era andata in pensione proprio il periodo di Natale?
«Io volevo chiederle...qual'è l'orario di lavoro di oggi» balbettò.
«Il solito!» le disse in tono duro.
«Ma oggi è la vigilia di Natale! Pensavo che sarei andata a casa un po' prima, sa per stare di più in famiglia» disse la ragazza. Natale, ancora Natale! Pensò rabbioso.
«Va bene, si ritenga libera già da adesso»
«La ringrazio e ….» ma lascio la frase a metà perché lui la incenerì con lo sguardo. Che uomo scorbutico pensò girando sui tacchi.


Finalmente solo, riaprì il cassetto e tirò fuori la fotografia, come era bella Margaret, con gli occhi chiari e i capelli castani e quel sorriso dolce. Lei amava il Natale e tutto ciò che comportava, e lui amava lei, chissà magari non sarebbe durata tra loro, in fondo erano cresciuti insieme e forse il tempo li avrebbe divisi, ma in fondo sapeva che non era così, che quella era solo una bugia, lei era unica ed era la cosa più bella che possedesse anche se ormai non gli restavano che i ricordi. Ed eccolo lì il numero diciassette a fare capolino di nuovo. Ormai era quasi affezionato a quel numero. Era il 17 marzo, quando Margaret aveva traslocato con la famiglia nella casa accanto alla loro. Aveva 17 anni quando si era innamorato di Margaret, il giorno che aveva deciso di praticare degli sport estremi e si era iscritto ad un centro sportivo specializzato era il 17 febbraio, il suo ufficio era al 17° piano, il suo posto macchina era il numero 17.


Erano le 17:00 quando decise di lasciare l'ufficio. In genere rimaneva lì fino a tardi, ma quel giorno non se la sentiva. Era un uomo maturo, eppure si sentiva fragile come un bambino. Le vie della città erano piene di luci, e la neve dava una sensazione da cartolina, pensò amaro, ma ciò nonostante non prese la macchina. Non gli serviva, anche perché neanche sapeva dove era diretto. Dopo aver vagato a vuoto per un po' girò su suoi passi e tornò verso casa, la città sembrava ancora una cartolina, sempre piena di luci e di persone ingombre di pacchetti, con la neve che cadeva giù. Quando finalmente tornò al suo appartamento vide che la segreteria lampeggiava. Spinse il pulsante “ci sono numero 1 nuovi messaggi vocali” disse la voce meccanica, poco dopo si sentì la voce di una donna: «Salve,Signor Wilson, sono Sarah Finch, vorrei parlarle a voce, sono...ero un 'amica di Margaret. Questo è il mio numero: 7522386»
Margaret. Quasi faticava a credere a quanto aveva sentito....era la prima volta dopo tanti anni che sentiva quel nome pronunciato da un'altra persona. Prese il telefono e chiamò.


Si incontrarono in un centro commerciale. Quando arrivò lei era già lì e gli si fece incontro, doveva averlo riconosciuto pensò, mentre lei non era esattamente come se le era immaginata, con gli occhi scuri e i capelli ramati, eppure era una bella donna, si trovò a pensare quasi meccanicamente. Si sedettero in uno dei ristoranti, e lei cominciò il suo racconto, si vedeva, dai piccoli gesti delle mani, che non era a suo agio. Chissà cosa doveva dirgli si chiese.


Lei lo guardò negli occhi erano grigi e freddi come due laghi ghiacciati, eppure era un bell'uomo, i capelli li ricadevano un po' sulla fronte ed era di corporatura solida e massiccia. Ma lei non trovava il coraggio di cominciare il suo racconto. Aprì la borsetta e ne estrasse un foglietto rosso. Lo porse all'uomo che aveva di fronte.
«Me lo diede Margaret il giorno che se ne è andata.» disse con una nota commossa nella voce. «Avrei dovuto consegnartelo...Posso darti del tu?.....a Natale dello stesso anno, ma non ho potuto.» lui la guardò. Cosa era mai quella storia? Perché si faceva viva dopo più di trent'anni?
«Come le dicevo» riprese«Non ho potuto, quello stesso anno io e i miei ci trasferimmo a Londra e poi sa come succede non si trova mai il tempo di fare quello che si deve....Pensai di inviare quella lettera dopo Natale, ma non ne ebbi ne la forza ne la possibilità...perché scoprimmo che anch'io ero malata......» la sua voce si spezzò e lui non seppe se farla continuare o chiudere lì quello strano incontro. Ma la donna riprese piano il suo racconto, con voce bassa ma ferma. Le raccontò del suo percorso medico e di come ad un certo punto si sentì venir meno le forze. «Fu allora che cominciai a fare strani sogni»
«Strani sogni?» Chiese lui, sempre più confuso.
«Cominciai a sognare Margaret. Lei nei sogni mi parlava, mi diceva di come erano diverse la mia e la sua situazione, e mi disse che non dovevo arrendermi.... mi diede la forza di lottare....io ora sto bene e ormai sono passati dei mesi da allora...ma nell'ultimo sogno Margaret mi fece promettere di darti la sua lettera, dicendomi che non era ancora troppo tardi....e così ho cominciato le ricerche ed eccomi qui, appena in tempo per Natale» disse abbozzando un sorriso. Lui prese il foglietto e lo aprì. Provò un tuffo al cuore nel vedere la scrittura di Margaret.


Caro Jhon...
questo Natale non lo passeremo insieme, per questo ti scrivo, perché ti conosco e ti amo....ma tu devi sentirti libero di amare anche dopo di me....so che non ami le luci e tutto ciò che ha a che fare con i lustrini e i dolci, ma per favore, addobba L'albero anche per me, e non lasciare che la tua famiglia sopporti solo la tua presenza, perché so che farai così che ti siederai intorno al tavolo d Natale solo perché ti sentirai costretto....sei bravo a stare in due posti diversi insieme, il corpo sarà lì la mente no...lascia che la tua famiglia ti stia vicino e lascia che il tempo attenui la nostra distanza....magari un'altra ragazza prenderà il mio posto mi auguro solo che sappia renderti felice. Ti amo Margaret.
Ah, dimenticavo...Buon Natale!


E per quanto non era più né un bambino né un ragazzo gli venne da piangere. Si trattenne anche se sentiva le lacrime pungergli gli occhi. Guardò la donna che aveva difronte. «Margaret era molto sensibile, le disse»
«Lei era speciale» rispose la donna. E lui seguendo un impulso, cosa che non faceva mai, chiese
«Hai impegni per Natale e per oggi?» lei scosse la testa, e lui continuò «Vorresti aiutarmi? Devo fare una cosa, per me e Margaret, ma non so da dove cominciare» Aveva un'espressione quasi buffa, pensò Sarah, gli occhi erano sempre freddi e tristi, ma vi vide una debole fiammella che andava accendendosi.
«Cosa?» chiese.
«Comprare un albero e qualsiasi cosa serva per addobbarlo.» lei annuì e gli sorrise.


Dopo tanti anni si sentiva il cuore più leggero, anche se il ricordo di Margaret non lo abbandonava, e forse non lo avrebbe abbandonato mai, riusciva a pensare di andare avanti, di costruire qualcosa. Sarah era rimasta lì ad aiutarlo, e vederla accucciata sotto l'albero a sistemare le ultime decorazioni, gli restituiva un po' di quel calore che aveva perso nel corso degli anni. Era riuscito persino a sorridere un paio di volte, lei era così semplice, così silenziosa, così diversa dalla dolce esuberanza di Margaret, eppure stava bene con lei. Le si avvicinò per aiutarla a sistemare la stella in cima all'albero. Era strano passare la vigilia di Natale addobbando un albero con una sconosciuta, ma sentiva che era giusto così, come se quella sconosciuta glie l'avesse mandata Margaret.


Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice per cui ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale.




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Racconto scritto il 10/12/2015 - 21:11
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1499 volte.
Voto:
su 5 votanti


Commenti


Il finale lascia perciò aperto un prosieguo tra i due, una specie di miracolo natalizio insomma.
Come sempre stile di scrittura impeccabile, emozionante, incisivo che coinvolge come Cristo (visto che è ambientato a Natale ) comanda!!!
Un racconto con degli interessanti spunti rosa e una qualche spruzzatina di nera amarezza che nel finale sembrebbe destinata ad essere spazzata via.
Un caro saluto e un affettuoso abbraccio Marirosa.
Ciaoooo!!!

Giuseppe Scilipoti 11/05/2017 - 12:48

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Mari, altro bellissimo racconto che spolvero nei meandri della tua grande produzione letteraria.
Non si può considerare il 25 dicembre solo come un momento mieloso con fine espiatorio ma anche come rinascita difatti grazie al fatto che il "passato" ritorna a bussare alla porte del cuore del protagonista, Jhon potrebbe ritornare in qualche modo ad amare ed anche ad avere piu fiducia nella vita.
Sarah a mio avviso sostiuirà degnamente Margareth!!!

Giuseppe Scilipoti 11/05/2017 - 12:43

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potrei essere, volevo dire

Nadia Sonzini 11/12/2015 - 12:57

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Ciao Marirosa, scusa ma non ho guardato la messaggistica interna, a dire il vero non pensavo che qualcuno volesse parlare con me. Mi fa piacere, guardo subito, ma per piacere non darmi del lei, anche se potrei quasi la tua mamma.
Un abbraccio
Nadia

Nadia Sonzini 11/12/2015 - 12:55

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Grazie Chiara, sono davvero felice che il mio racconto ti sia piaciuto!

Marirosa Tomaselli 11/12/2015 - 11:54

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Grazie Rocco, e grazie Nadia di aver letto e commentato il mio racconto. I vostri commenti mi fanno molto piacere!!! Un caro saluto ad entrambi!
P.S: Nadia le avevo inviato la richiesta per la messaggistica interna, non so se l'ha vista.

Marirosa Tomaselli 11/12/2015 - 11:52

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Un racconto ben scritto, scorrevole e commovente! Hai grande sensibilità, bravissima, Buona giornata,

Chiara B. 11/12/2015 - 11:06

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Racconto dallo stile scorrevole in cui in modo mirabile l'autrice riesce a creare un bellissimo clima di suspance e romanticismo
Segnalo solo un piccolo refuso, che ti è sfuggito, da correggere: Si era sentita venir meno,perché è fatto raccontato
Complimenti, mi è piaciuto molto,fossi il mio professore di liceo ti darei 10
Continua a scrivere
Complimenti e a risentirci!
Con affetto
Nadia

Nadia Sonzini 11/12/2015 - 09:59

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PREGEVOLE E TRASCINEVOLE COME SEMPRE LO SCORRERE LA TUA ECCEZIONALE SEQUELA. LIETA GIORNATA.
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Rocco Michele LETTINI 11/12/2015 - 09:55

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