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La stretta finale (prima parte)

Germania, primi anni settanta
Manicomio di Meckenbeuren, giovedì ore 7:45


Per la farfalla non c’era più niente da fare, provò disperatamente a liberarsi ma quei fili d’argento tiravano troppo, un grosso ragno nero si avvicinò e le iniettò un potente veleno paralizzante, dopodiché con precisione maniacale la avvolse in una bara lucente, infine liberò delicatamente il bozzolo dalle tensioni in eccesso e lo lasciò penzolare per un filo...


Questi ed altri pensieri passarono nella mente dell’ispettore capo MARKUS BERGER. La vittima, una ragazza di circa vent’anni, era appesa per il collo ad una trave del bagno, i capelli corti e unti le incorniciavano un viso che doveva essere stato scarno ma che ora appariva gonfio e cianotico con delle piccole ragnatele rossastre che si distribuivano uniformemente dal collo alle orecchie, gli occhi erano chiusi ma ai lati erano ancora visibili i segni delle lacrime che erano scese sulle guance, la lingua, nera e grossa, penzolava fuori dalla bocca come la coda di una lumaca dal guscio.


<< L’ha trovata stamattina la donna delle pulizie mentre faceva il turno delle 6:30, >> l’ispettore ANDREAS SCHNEIDER non si perse in preamboli e leggendo dai suoi appunti continuò, << la vittima si chiama MONIKA ZIEGLER, di anni ventuno, nubile, niente figli, ed era ricoverata da due settimane in questo istituto. >>


<< Ok Andreas, qui dentro non deve entrare nessuno finchè quelli della scientifica non avranno finito con i rilievi, vai a prendere due caffè e fra quindici minuti ci vediamo nella stanza del direttore. >>


<< Cristo, fra tutti i luoghi dove poteva impiccarsi doveva decidere proprio questo cesso di posto, non si respira qui dentro! >> Markus Berger lanciò un’occhiata al medico legale che aveva pronunciato quella frase. Il dottor WERNER SCHUG era un ometto di sessantacinque anni, scapolo e con la passione per le corse dei cavalli, doveva averne viste tante nella sua carriera professionale ma ogni volta che giungeva sul luogo del ritrovamento doveva sempre lamentarsi, la cosa in fin dei conti non disturbava più di tanto Markus perché sapeva che il dottore era il migliore nel suo campo.


<< Allora doktor, cosa mi può dire dalla prime impressioni? >>


<< Tutto e nulla. >>


<< Ah, andiamo Werner, non ti sto chiedendo di dirmi se si è davvero suicidata, ti sto chiedendo solo un’impressione... >>


<< Se è un’impressione che vuoi, eccola: “sembra” un suicidio. Non ci sono segni di lotta o fratture evidenti. Siccome so che me lo chiederai, la morte è avvenuta fra le 22:00 e le 24:00 di ieri sera. Ah, le hanno strappato un’unghia, poco prima di morire, dalla mano destra, il sangue che c’è per terra è colato da lì. >>


All’ispettore non sfuggirono alcune macchie di sangue di forma irregolare che si trovavano sul muro alla destra del corpo.


<< Se quelli della scientifica mi portano il corpo in mattinata, stasera avrai sulla tua scrivania il referto completo. >> Concluse il dottore e chiudendo la sua borsetta se ne andò.


Markus guardò i ragazzi della scientifica, sapeva che aveva a che fare con gente scrupolosa e il loro capo MIRKO BEIER lo avrebbe chiamato appena avesse scoperto qualcosa d’importante.



Stanza del direttore, ore 10:30


Il complesso del Manicomio era costituito da due edifici separati fra loro da una piazzetta e racchiusi all’interno di una grande recinzione comune. L’edificio più grande conteneva al suo interno due reparti (A e B), la mensa e lo studio del direttore, mentre quello più piccolo conteneva il reparto C e la lavanderia. L’organigramma dell’istituto era molto semplice, c’erano tre medici messi a capo di ogni reparto. Il reparto A era gestito dal dottor THOMAS FRAHNERT, 56 anni, dall’aspetto rude che ricordava vagamente Freud; il reparto B era gestito dal dottor MATTHIAS VOIGT, 42 anni, la cui calvizie precoce non aveva intaccato minimamente la sua bellezza, tanto che non di rado gli era capitato di ricevere dei fiori, ed infine il reparto C gestito dalla dottoressa JANE HERZBERG, 39 anni, occhi azzurri e capelli neri ma che dimostrava almeno dieci di più, gran cuore, sempre dedita al lavoro mai un giorno d’assenza.


<< Ed infine ci sono io che dirigo questo manicomio da quasi venticinque anni. >> Concluse con un sorriso il direttore RALF KALTSCHMITT, un omone paffuto dalle guance rubiconde e con le mani grosse quanto due vanghe.


L’ispettore Markus Berger sospettò che l’eritema del viso dipendesse dal consumo un po’ eccessivo di Warsteiner, di cui la stanza ne era intrisa d’odore.


<< Allora direttore, se ho ben capito, i tre reparti sono divisi per patologia così che nel reparto C si trovano i casi più semplici, nel reparto B i più complicati e nel reparto A i casi disperati ed i ricoveri forzati. >>


Il direttore fece un cenno d’assenso col capoccione.


<< E Monika Ziegler di quale reparto faceva parte? >>


<< Era nel reparto del dottor Voigt, cioè nel reparto B. >>


<< Bene, >> disse Markus rivolgendosi al suo vice, << andiamo a conoscere il dottor Voigt. Ah, un’ultima domanda direttore, ci sono telecamere in questo istituto? >>


<< No, ispettore Berger, non si possono tenere telecamere negli ospedali, è contro la privacy dei pazienti. >>


E probabilmente anche per non riprendere le attività svolte dai medici, pensò in un lampo l’ispettore.


<< Tuttavia, >> continuò il direttore, << esiste una telecamera all’ingresso di questo edificio, se scendete sotto potrete recuperare le registrazioni direttamente dal custode. >>


Berger e Schneider scesero le scale ed entrarono nel reparto B, non faticarono ad individuare il dottor Voigt. Era proprio come l’aveva descritto il direttore, un uomo molto bello con due occhi azzurri penetranti e un paio di baffoni biondi che controbilanciavano la totale assenza di capelli, all’ispettore ricordarono le setole di paglia di una scopa di legno. In quel momento il medico stava visitando due pazienti, la prima era una donna grassa con una benda davanti agli occhi, la seconda era un’anziana così magra che le si vedevano, sotto la pelle giallastra, dei cordoni intrecciati di vene bluastre che sembravano dei serpenti nascosti sotto la sabbia del deserto.


<< Doktor Voigt? Sono l’ispettore capo Markus Berger e questo è l’ispettore Andreas Schneider, possiamo rivolgerle qualche domanda? >>


<< Si, si, certo. Immagino che vogliate chiedermi di Monika Ziegler... >>


<< Si, dottore. >> L’ispettore non riusciva a non guardare quella donna grassa seduta nel letto. << Da quanto tempo era ricoverata la signorina Ziegler qui nel suo reparto? >>


<< Oh, da poco, 4-5 giorni...aspetti si, è stata trasferita qui dal reparto C lunedì in seguito ad un peggioramento ma stavamo decidendo di portarla nel reparto A...non abbiamo fatto in tempo purtroppo... >>


<< Cosa intende? >> All’ispettore questa storia cominciava a non piacere.


<< Intendo che nel reparto A tutto ciò non sarebbe successo, lì i pazienti sono quasi tutti legati per non fare del male a se stessi o agli altri. >>


<< Cos’aveva di così grave la signorina Ziegler? >> Chiese Andreas Schneider che ancora non capiva.


<< Manie persecutorie, visioni, a volte veri e propri deliri... >>


<< Del tipo? >> Insistette Andreas.


<< Per esempio, il primo giorno che entrò nel mio reparto sembrava una persona normale, si, era un po’ agitata, si vedeva che non era tranquilla ma appena mi vide sbiancò in viso e cominciò ad urlare, era totalmente uscita di senno! Cominciò a chiamarmi Karl mi sembra, si mi chiamò Karl. Naturalmente la sedammo subito e... >>


<< Quando è stata l’ultima volta che l’ha vista, dottore? >> Chiese Markus.


<< Ieri mattina, era tranquilla, stava dormendo e... >>


<< E perché voleva farla trasferire al reparto A, dottore? >> Incalzò Markus.


Il dottor Voigt abbassò la testa e sbuffò sotto i baffi, accompagnato da un sorrisetto: << Ispettore, vede quella donna con la benda? >>. Non aspettò una risposta da Markus. << Sotto quella fascia non ci sono più gli occhi, se li è strappati da sola durante un delirio e sa perché? Perché credeva di vedere il demonio... Vede ispettore, se si fosse trovata nel reparto A sarebbe stata legata e il delirio le sarebbe passato con un trattamento di elettroshock; siamo medici, non possiamo fare miracoli, mi dispiace per la signorina Ziegler ma non ho avuto il tempo neanche di fare la sua conoscenza e di studiare il caso. >>


Schneider smise di fissare la donna, per paura che una piccola dose di follia potesse fuoriuscire da quelle bende e trasferirsi nella sua mente. Berger invece riprese in mano la situazione: << Dove si trovava ieri sera fra le 22:00 e le 24:00? >>


<< Ero a casa. >>


<< C’è qualcuno che può confermarlo? >>


<< No, la mia fidanzata si trova a Monaco in questo momento, sta sbrigando gli ultimi preparativi per il nostro matrimonio. >>


I due poliziotti congedarono il dottore e decisero di far visita agli altri due reparti non riuscendo a raccogliere più di quanto già sapessero.


<< Andreas, richiedi la copia delle cartelle cliniche riguardanti la signorina Ziegler e non dimenticare di prendere le cassette con le registrazioni di ieri sera, ci vediamo più tardi nella mia stanza. >>


<< Ok, Markus. A dopo. >>


Berger si incamminò verso la macchina, aveva ricominciato a piovere, erano giorni che quel tempo maledetto non voleva saperne d’andarsene ma non era questo che turbava l’ispettore, bensì uno strano formicolio dietro le orecchie che gli veniva puntualmente ogni volta che qualcosa non quadrava.



Stanza dell’ispettore Berger, ore 20:51


E così si tratta di suicidio, pensò l’ispettore Berger mentre era impegnato nella lettura del referto del dottor Schug. Nel sangue non era stata rilevata una quantità così alta di benzodiazepine tale da rendere incosciente la ragazza, sul corpo non c’erano segni di violenza per giustificare una colluttazione, l’unghia mancante della mano destra era stata ritrovata parzialmente digerita nello stomaco. La morte era sopraggiunta pochi minuti dopo per soffocamento per mezzo del nodo scorsoio e, seppur senza il riscontro della frattura dell’osso ioide, tale situazione, concludeva il medico legale, ne cagionava irrimediabilmente il decesso.


Tutto quadrava quindi, i segni sul collo, l’unghia ritrovata, ect...


Ma perché strapparsi un’unghia dal dito prima di morire? Che senso aveva?


In una nota in basso, il dottor Schug metteva in evidenza che la vittima mostrava segni di lesioni vaginali e anali presumibilmente non recenti.


C’era un collegamento col suicidio?


All’improvviso nella stanza accanto si sentì il rumore di un pugno sul tavolo e Andreas che imprecava: << Brutto figlio di puttana! Torna indietro il nastro, veloce! Hei, Markus vieni subito qua! >>


Markus si precipitò nella stanza accanto e, dopo aver visto il filmato, sbraitò pure lui verso l’addetto al video: << Ingrandisci l’immagine e cerca di togliere le sgranature. >>


<< Non ci sono dubbi Markus, è lui! >>


L’immagine in bianco e nero che traballava a rallentatore appariva tuttavia chiara nel piccolo schermo Telefunken, erano le 22:45 e un uomo con il camice faceva il suo ingresso nell’istituto; niente di strano, se non fosse che l’uomo era completamente calvo e sfoggiava un paio di baffoni chiari sotto il naso.


<< Cosa stiamo aspettando Markus, andiamolo a prendere e portiamolo qui! >>


<< Frena, Andreas. Sappiamo solo che il dottor Voigt ci ha mentito ma in mano non abbiamo niente, anzi abbiamo un referto del medico legale che ci dice che s’è trattato di un suicidio. >>


Berger girò sui tacchi e se ne tornò nella sua stanza mentre Schneider abbassò la testa e sbuffando lasciò cadere le braccia parallele al corpo.



Laboratorio della polizia scientifica, venerdì ore 8:20


<< Il repertamento di tutte le impronte digitali prosegue molto lentamente, Markus. Purtroppo quel luogo era un bagno e non c’era una grande igiene al suo interno, però alcune cose te le posso dire. >>


Il capo della scientifica, il dottor Mirko Beier, era un tipo serafico, mai Markus l’aveva sentito alzare la voce o perdere la pazienza.


<< Mi sono soffermato in particolar modo su alcune tracce che ho trovato sulla chiazzetta di sangue per terra, la prima è una fibra sintetica, anche se è assurdo mi fa venire in mente un capello di una Barbie, mentre la seconda traccia è un pelo vero e proprio. >>


<< Perché hanno così importanza rispetto agli altri reperti? >> Chiese Markus mentre si accendeva una Overstolz.


<< Perché le ho trovate sopra la chiazzetta di sangue...e questo sai cosa significa, vero? >>


<< Certo, che sono state lasciate dopo che la ragazza s’è suicidata. >>


Il dottor Beier scosse la testa: << Non sono convinto che si sia trattato di un suicidio, Markus. >>


<< Cosa intendi dire? >>


<< Vieni, c’è una cosa che devi vedere...ti ricordi quelle macchie che c’erano sul muro alla destra della vittima? >>


Markus fece un cenno d’assenso e spense la sigaretta.


<< Bene, sai che sono un tipo scrupoloso, mi sono permesso di spruzzarci sopra il luminol e poi di fare delle fotografie...guarda cos’è comparso, è sorprendente. >>


<< Non posso crederci... >> Raramente Markus restava a bocca aperta ma stavolta la sorpresa era stata davvero grande.


<< Non te l’aspettavi, eh? Pensa che faccia abbiamo fatto io e i ragazzi quando l’abbiamo visto. >> Il dottor Beier si lasciò andare ad una piccola risata.


<< Ma perché non mi hai avvisato subito?! >>


<< Oh, l’ho fatto ma evidentemente tu non hai l’abitudine di rispondere al telefono e ad ogni modo sapevo che stamattina presto saresti venuto qui da me. >>


<< Si. È vero. Ieri sera ero nell’ufficio di Schneider per visionare... >> L’ispettore si fermò di colpo, poi riprese: << Hai un telefono qui? >>


<< Certo, è lì attaccato a quel muro. >>


L’ispettore si precipitò al telefono e cominciò a far girare il disco numerico. Al terzo squillo rispose Schneider. Non gli diede neanche il tempo di dire “pronto”.


<< Andreas, sono Markus, ti ricordi cosa disse il dottor Voigt della ragazza? >>


<< Cosa Markus, che hai detto? Dove sei? >>


<< Lascia stare dove sono, ti ricordi cosa disse il dottor Voigt della ragazza? Cioè, voglio dire, come disse che l’aveva chiamato la ragazza il primo giorno in cui lo vide? >>


<< Mhmm...mi sembra Franz o Karl, anzi disse proprio Karl ne sono sicuro. >>


Con grande soddisfazione, Berger rispose: << Andreas, possiamo andare a prenderlo, la ragazza prima di morire ha scritto sul muro con il sangue il nome del suo assassino. >>



Stanza interrogatori, ore 13:30


<< Dai, andiamo Markus, per quanto tempo lo vuoi tenere in quella stanza a cuocersi nel suo brodo? >>


<< Il tempo necessario, Andreas. Non voglio che si chiuda a riccio e che non parli, voglio dargli il tempo di pensare a delle risposte e poi aspetto quel riscontro importante da parte di Beier. >>


Passò un’altra ora, dopodiché l’ispettore Berger entrò nella stanza. Il dottor Voigt sembrava stravolto, evidentemente non aveva pensato che potessero arrivare a lui tanto facilmente.


<< Doktor Voigt, ci può dire dove si trovava mercoledì sera fra le 22:00 e le 24:00? >>


<< Gliel’ho già detto, ero a casa... >>


<< E c’è qualcuno che possa testimoniare quanto dice? >>


<< L’uomo vestito di marrone. >>


<< Eh? E chi sarebbe?! >>


<< L’uomo vestito di marrone, il titolo del romanzo di Agatha Christie che sto leggendo. >>


<< Forse lei non capisce la gravità della situazione in cui si trova, doktor Voigt. >>


<< Ma insomma, io non ho fatto niente! Come ve lo devo dire?! >>


<< Doktor Voigt, c’è una registrazione video che conferma che lei mercoledì sera alle 22:45 si trovava nell’istituto, anzi per la precisione a quell’ora vi entrava e ne usciva esattamente quaranta minuti dopo, alle 23:25, cosa ha fatto in questo lasso di tempo? >>


<< Voi siete pazzi, io quella sera ero a casa! >>


<< Ah, e così noi saremmo pazzi e magari lo è anche il custode che ha confermato d’averla vista entrare e uscire. >>


<< Non posso crederci...non posso crederci! Mi state incastrando! >>


<< Moderi i termini, doktor Voigt. Ricorda come la chiamò la signorina Monika Ziegler il primo giorno in cui la vide? >>


<< Si, mi chiamò Karl. >>


In quel momento la porta si aprì ed entrò l’ispettore Schneider con un fascicolo alto un centimetro. Mentre l’ispettore Berger sfogliava le pagine, il dottor Voigt non potè fare a meno di notare che vi erano molte immagini, alcune ritraevano dei grossi peli messi a confronto.


<< Doktor Voigt, lei è in stato di fermo, ha il diritto di nominare un avvocato e di rimanere in silenzio se vuole, è ufficialmente accusato dell’omicidio di Monika Ziegler. >>


<< Non è possibile! Perché?! >>


<< Doktor Voigt, lei non lo sa ma la vittima ha scritto il nome Karl sul muro prima di morire... >>


<< NO! NON PUO’ ESSERE! NON PUO’ ESSERE! >> Il dottor Voigt s’era trasformato in un bambino a cui avevano rubato le caramelle, era una maschera di lacrime.


<< ...la perizia calligrafica conferma che quella è la scrittura della signorina Ziegler, è stata confrontata con la firma che ha messo quando è entrata per ricoverarsi, nel suo nome infatti sono presenti le lettere K, A, R e L. >>


Il dottore ormai non parlava più, era caduto in uno stato di trance, gli occhi azzurri e lucenti sembravano due iceberg sperduti nell’oceano.


<< Ma non è tutto, sul luogo del delitto, proprio sopra la chiazza di sangue per terra, è stato repertato un pelo e indovini un po’? Corrisponde esattamente a quello che le abbiamo prelevato quando è entrato cinque ore fa in commissariato. >>


D’improvviso il dottore sbottò: << Io fra tre giorni mi sposo, perché avrei dovuto ucciderla?! Non la conoscevo nemmeno! Dio, non posso credere che sta succedendo tutto questo a me! >>


<< Forse la signorina Ziegler ha visto qualcosa che non doveva vedere, vero? Le conviene confessare adesso! >> Stavolta si intromise Schneider.


<< Lascia perdere, Andreas. Chiama i ragazzi, fallo portare via, deciderà se vuole confessare davanti ad un giudice. >>


La porta si chiuse e lasciò l’ispettore Berger da solo nella stanza a riflettere, c’era qualcosa che lo tormentava, come quando esci di fretta da casa e hai la sensazione d’esserti dimenticato qualcosa e poi a metà del viaggio ti accorgi che era vero. La porta si riaprì, era Schneider: << Ehi, Markus. Sono le tre e mezza, andiamo a mettere qualcosa sotto i denti! >>


Ma si, forse in fondo era la fame che gli creava quel senso di disagio. Chiuse il fascicolo e si avviò di buon passo, insieme a Schneider, verso il pub più vicino.



Paulaner Keller, ore 15:45


<< Che hai Markus? Non dici una parola da quindici minuti. >>


Schneider azzannò con voracità un weiss wurst come se gli avesse insultato la sorella.


<< Non lo so, Andreas. È che mi sento che abbiamo trascurato qualche particolare. In fondo perché questo dottore avrebbe dovuto uccidere la sua paziente? >>


<< L’ha detto lui stesso che voleva farla trasferire, magari la ragazza non voleva, è scoppiata una discussione e... >>


<< No, no, non quadra... >>


<< E allora magari ha visto qualcosa che non doveva vedere...ma questo ha poca importanza, Markus. Sappiamo che è stato lui, ci sono prove schiaccianti, è questo quello che conta. >>


<< Senti, passami il sale, quest’insalata è uno schifo, non sa di niente. >> disse l’ispettore Berger.


<< Accidenti, non ci arrivo con la mano sul bancone, non lo sfioro nemmeno con il dito, mi toccherà alzar... >>


Berger lo interruppe di colpo e il suo viso si illuminò: << Come hai detto, scusa? >>


<< Ho detto che non ci arrivo, quindi mi dev... >>


<< Andreas, sei un GENIO! Come ho fatto a non pensarci prima! >> così dicendo si alzò e corse via dal locale.


<< Ehi, Markus! E l’insalata?! >>


<< Mangiala tu! >>


<< Ma dove stai and... >>. Schneider si afflosciò sulla sedia e rimase a fissare l’insalata per un minuto abbondante, poi rivolgendosi al cameriere ordinò un altro weiss wurst.




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Racconto scritto il 26/01/2016 - 18:49
Da Seby Flavio Gulisano
Letta n.1080 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Si Gennarino, hai pienamente ragione. Credo che la gente la prima cosa che faccia quando apre un racconto è vedere quanto sia lungo (la stessa cosa faccio io, eh). Purtroppo, essendo un giallo, non posso spezzarlo in troppe parti, per non perdere il pathos della vicenda. Chi ama leggere comunque son convinto che arrivi in fondo. Stasera pubblico la seconda ed ultima parte. A presto, Gennarino, a rileggersi!

Seby Flavio Gulisano 27/01/2016 - 10:57

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ah, voglio anche dire... 42 letture e non un commento, non perché il racconto non lo meritasse, anzi, mi sa che non sono arrivati in fondo per la lunghezza. Chi ama leggere ed arriva alla fine non può che commentare in modo favorevole, positivo...ergo la mia è l'unica spiegazione logica, direbbe Markus...

Gennarino Ammore 27/01/2016 - 08:18

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Bello, dialoghi e descrizioni magistrali, avvincente... ono negato per i gialli, come scrittore, ma mi piace leggerli. Credo anche di aver capito la questione dell'altezza... mi sa che le indagini dovranno subire una deviazione brusca...o no?...forse era meglio postarlo in tre aprti, non parlo per me, personalmente avrei prefrito in una trance unica. bravo...mi sa che stiamo formando un bel gruppo di scrittori, mi piace questa cosa...uè...***** meritate.

Gennarino Ammore 27/01/2016 - 08:15

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