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LA MUSICA OLTRE LE NOTE.

Era seduto nella mansarda della sua casa, ogni cosa gli ricordava cosa doveva fare. Il pianoforte, che restava muto, l'impianto di registrazione, gli spartiti da riempire, la chitarra buttata in un angolo, che era lì da quella mattina, il foglio lì davanti a lui, bianco. In quel silenzio assordante era come un grido, un grido di disperazione. Dieci anni prima non aveva di quei problemi, aveva meno di vent'anni e un mucchio di sogni, fretta di realizzarli e rabbia, anche quella aiutava a comporre. Ma da allora ne era passato di tempo, e col successo erano arrivate le responsabilità. Non doveva tradire il pubblico, la sua immagine doveva restare invariata, doveva attenersi al personaggio. E alla fine il personaggio era diventato lui. Ne aveva scritte di canzoni in quegli anni, e i fans, doveva riconoscerlo, non lo avevano mai tradito, anzi ma era un po' di tempo che nelle sue canzoni, nella sua musica mancava quella magia dell'inizio. Accartocciò il foglio, non voleva piegarsi alle regole, non voleva l'ennesimo pezzo fotocopia, non voleva aprire il nuovo concerto con un vecchio successo, non voleva stare lì davanti al pubblico a sorridere e saltare, senza essere davvero lì, il suo pubblico meritava qualcosa di più. No, avrebbe fatto a meno di salire sul palco, che produttore e manager si arrangiassero pure! Andò alla finestra. Stava calando la sera. Il cielo incendiato di mille colori, non gli trasmetteva nessuna emozione, eppure quei tenui bagliori, lanciati dal sole che stava sparendo all'orizzonte, riflettevano il suo stato d'animo. Non era pronto per mollare, ma neanche voleva andare avanti così. Tornò verso il tavolo, poi cambiò idea e raggiunse il piano forte. Le note non gli venivano facili, non era come all'inizi. Buttò giù qualche scala, fece qualche esercizio, giusto per non perdere l'allenamento e per sgranchirsi un po'. Sperava anche che così facendo potesse schiarirsi le idee, ma il suo tentativo si risolse in un nulla di fatto.
In realtà alcune idee, non erano poi così male, anzi lavorandoci su...ma come sempre sentiva che mancava qualcosa, il suono era troppo pulito o troppo orecchiabile o troppo...piatto. In ogni caso erano note che non avevano un'anima. Chiuse il pianoforte, con un gesto brusco e scattò in piedi. Aveva impiegato più di un ora, per ottenere cosa? Solo uno spartito che avrebbe potuto scrivere chiunque conoscesse un po' di musica, dannazione! Sembrava che il suo talento si fosse dissolto nel nulla, ma lui sapeva che non era così, non poteva essere così. Il problema era che al suo talento mancava qualcosa, quella scintilla che aveva all'inizio. Forse stava invecchiando, e sbagliava ad insistere su quella strada. Negli ultimi anni non aveva fatto che ricalcare i suoi primi successi, che ripetere gli stessi argomenti, o cercarne di nuovi, ma vedendoli sempre con gli occhi di un ventenne. Ma lui non aveva più vent'anni e i testi dell'inizio gli somigliavano sempre meno, anche i tempi erano diversi, eppure sapeva che il pubblico si aspettava quello. Spesso seguiva le discussioni sui forum o i social, aperte dai fans, loro si aspettavano le ballate degli inizi, ma le canzoni strazianti ed arrabbiate degli inizi erano finite, e neanche era intervenuto qualcosa, in quegli anni a dargli una nuova ispirazione, a guidarlo in una nuova direzione, ma forse era lui. Cominciò a camminare per la stanza fino a fermarsi davanti allo specchio. Riflessa non vedeva solo la sua immagine, ma anche quella del poster sulla parete alle sue spalle. Fu un pugno nello stomaco, vedere sé stesso, spento e triste, accanto al ragazzo di una volta. In quegli anni, gli avevano cucito addosso la fama di artista schivo e riservato, e lui aveva finito per adattarvisi, eppure era una descrizione che non lo aveva mai davvero rappresentato. Neanche agli inizi, anzi lui amava essere al centro dell'attenzione, ma si sa all'inizi è meglio essere prudenti e non mettersi troppo in mostra, non strafare, almeno così diceva il suo produttore ed ora si trovava solo, e triste per dar vita a quel personaggio, schivo e riservato, sempre sorridente che compariva sulle riviste giuste, ed in platee esclusive. Così annoiato, da non riuscire a scrivere più una sola canzone degna di quel nome. Basta, se poteva fare qualcosa, doveva farlo ora, qualsiasi cosa, pur di riprendere la sua vita. Afferrò il giaccone ed uscì.
Non sapeva dove andare, ma sapeva che se fosse restato in casa anche un solo minuto in più, sarebbe impazzito.
Cominciò a vagare per le strade, l'autunno appena cominciava e di tanto in tanto, si trovava a calpestare qualche foglia caduta. La sera era fredda, ma quel freddo gli piaceva, lo costringeva a stare sveglio e a misurare il passo. Erano anni che non usciva così, tra la folla, senza preoccuparsi di essere riconosciuto o meno, senza preoccuparsi della sua immagine, di sembrare allegro e giovane. Si sentiva più leggero. Alcuni lo riconoscevano, ma non osavano avvicinarsi, qualcuno lo guardava incuriosito, alcune donne gli sorrisero, una ragazzina addirittura gli chiese l'autografo. Era piacevole, non starsene rintanato, per paura di distruggere la sua fama di mito inarrivabile. Si sentiva in pace con sé stesso, e ora sapeva che voltare pagina era possibile. Difficile, ma non impossibile. Da dove cominciare però? Continuò a camminare, fino ad un incrocio. Il semaforo era rosso. Guardò davanti a sé, c'era una giovane donna, dagli occhi grandi, e lo sguardo intento, chissà quali pensieri stava inseguendo. Poi il semaforo tornò verde, e mentre attraversava, con passo svelto, la sconosciuta gli passò accanto e si sfiorarono. E qualcosa accadde, un pensiero fisso, una sensazione, era come se di colpo fosse tornato quel qualcosa che aveva perso, quel qualcosa che aveva caratterizzato i suoi inizi.
Tornò a casa a si mise a scrivere, musica e parole, fluivano senza sosta dalle sue dita, e dalla sua mente, non faceva nessuno sforzo, si era sbloccato, finalmente. Ora sapeva cosa doveva fare, al diavolo la vecchia immagine, ora aveva bisogno di calore, di far capire al pubblico chi era, e soprattutto ricominciare coi concerti, i grandi concerti, di esibirsi per platee esclusive a lui non era mai importato. Ora sapeva in che direzione andare. Doveva tornare ad attingere forza dai suoi vecchi sogni, ma portarli avanti con la maturità che aveva acquisito. Ora lo sapeva, ma non sapeva cosa avesse riacceso la scintilla. Chiamò il suo produttore, c'erano delle cose da sistemare e poi bisognava parlare del nuovo album, pazienza che ne era già uscito un altro qualche mese prima, non avrebbe aspettato, questa volta non avrebbe permesso che le sue canzoni divenissero vecchie, prima di cominciare un nuovo lavoro.


Qualche mese dopo, ad uno dei suoi concerti, scorse la stessa donna del semaforo. Mentre cantava sul palco, quasi aveva sbagliato una nota nel riconoscerla, ma non gli era importato, infondo era un essere umano e forse era un bene, che anche il pubblico se ne accorgesse. Dopo lo spettacolo, non aveva fatto come al solito, non si era rintanato nel camerino, ma era andato lì, si era intrattenuto con alcuni fans, e con lei, perché quello era il suo obbiettivo.


E quando ormai, erano andati tutti via con lei era uscito nella notte.


Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice, per cui ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale.




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Racconto scritto il 18/03/2016 - 12:37
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.997 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Bellissimo e gradito racconto.brava

antonio girardi 18/03/2016 - 18:42

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Che bel racconto, Marirosa!! E' vero, quando un cantante inizia la sua professione e fa carriera, i fans lo vorrebbero vedere sempre così, come se il tempo non passasse...ma il cambiamento fa parte della vita...come sempre ben scritto e hai toccato un tema molto maturo, bravissima!! Buona serata,

Chiara B. 18/03/2016 - 18:31

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