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La speranza: quella maledetta…

Luke era tranquillamente seduto nella panchina del parco a fumare la sua sigaretta.
La giornata lavorativa era finita da un po’ e aveva deciso di rilassarsi nel parco pubblico vicino al suo ufficio.
Il tramonto era calato ormai da un bel po’ e il cielo era scuro con qualche stella a brillare.
Attorno a lui non c’era praticamente nessuno: il clima lo impediva. Non che ci fosse particolarmente freddo, ma le belle giornate dovevano ancora arrivare e il parco non era frequentato da molti in quella sera di fine Marzo. L’assenza di luce, poi, fece in modo che quel parco fosse praticamente deserto a quell’ora, cioè le 21 e 30 circa.
Luke contemplava il cielo con la sua sigaretta in bocca quando improvvisamente notò un uomo, più anziano di lui (anche se Luke, a 38 anni, non poteva definirsi anziano), decisamente più anziano di lui, che era intento a cercare qualcosa e nel frattempo parlava tra sé e sé.
-Oh, ma insomma! Ma dov’è? Dov’è andata a finire?!
Il signore anziano era chino e intento a cercare qualcosa dentro ad un cespuglio.
Con ancora la sigaretta in bocca, Luke cominciò a fissare l’uomo incuriosito. Prese la sigaretta tra le dita dopo aver aspirato, fece arrivare il fumo nei polmoni e, sentita la botta, gettò fuori il fumo. Sembrava che l’uomo non si fosse accorto minimamente della presenza di Luke a due passi da lui.
Poi però l’uomo alzò il capo e vide Luke.
-Scusatemi, gentile signore, non è che per caso l’avete vista?- chiese con un tono in cui si cercava di contenere una certa agitazione.
-Visto cosa, mi scusi?- chiese Luke.
-Ma come? Non l’avete vista?-.
-Beh, non sapendo cosa…-.
-Suvvià! Non mi prendiate in giro! Non l’avete vista pure voi quella lucina piccola e brillante che saltellava vispa proprio qui a due passi?
-Una lucina piccola? Tipo una lucciola? Cercate una lucciola?
Il signore anziano era tornato a cercare attento per terra, mettendosi a gattoni e perlustrando ogni possibile spazio in cui si sarebbe potuta cacciare la sua speranza. Ciò nonostante, rispose a Luke, guardando sempre per terra: -Oh ma no, ovviamente! Quale lucciola! Non è così piccola! Ma neanche particolarmente grande! E’ come una pallina da ping pong, solo che è luccicante, come una piccola stella!.... Oh, ma insomma! Dove diavolo ti sei cacciata?! Salta fuori!-.
Luke era perplesso. Eppure non era inquieto perché l’uomo che aveva innanzi a sé non era pazzo, lo si capiva. Sembrava con tutte le rotelle a posto, solo che era alquanto agitato.
-Guardi- disse Luke- io non ho visto nessuna… pallina di ping pong. E sinceramente non so nemmeno che oggetto possa essere quello che lei cerca quindi non so proprio come aiutarla, mi spiace-.
-Io l’ho chiamata pallina da ping pong per farle capire la forma dell’oggetto! Ma mica è una pallina da ping pong!- rispose il signore anziano con un tono di leggera stizza.
-E allora cos’è?- chiese Luke.
-Ma come cos’è?! E’ la mia speranza!- rispose l’anziano che nel frattempo stava scandagliando un altro cespuglio, posto sempre vicino alla panchina dov’era seduto Luke.
Non appena disse “speranza”, Luke capì che forse un po’ svitato doveva esserlo.
-Speranza?- domandò incuriosito e perplesso Luke.
-Ma naturalmente!- rispose distratto il signore, troppo intento nella sua ricerca.
Luke capì che doveva fare qualcosa. Doveva far ritornare alla realtà il vecchio signore davanti a lui.
Così si alzò, si sistemò la camicia bianca che indossava sotto il giubbotto di pelle aperto che indossava e si avvicinò al signore.
Lo toccò leggermente sul cappotto che indossava.
-Scusi…
Niente da fare. Il vecchio era intento a gattonare e cercare.
-Scusi…- insistette Luke
-Ma dove sei?!
-Senta…
-Ma eri qui… ti ho visto saltellare fin qui…
-EHI!- urlò Luke strattonando il cappotto del signore.
A quel punto, il signore non poté far altro che girarsi e vedere che Luke lo aveva richiamato.
-Si riprenda!- lo ammonì Luke.
L’anziano signore si alzò con l’aiuto di Luke. Era piuttosto confuso. Agitato, per essere precisi.
-Forse ha perso una perla, o una collana- disse Luke nel tentativo di far ragionare l’uomo.
-Ma no no- rispose distratto il signore attento a guardarsi attorno- ve l’ho detto! Cerco la mia speranza! Quella maledetta…
Luke lo guardava perplesso.
-Mi scusi signor….- fece Luke.
-De Bois- rispose il signor De Bois sempre distrattamente e intento a vedere se dietro Luke avrebbe scorto quello che andava cercando come un pazzo.
-Mi scusi, signor De Bois, ma non pensa che la sua… speranza non l’abbia mai persa? Forse ce l’ha in tasca, controlli!
A queste parole, il signor De Bois parve riprendersi dallo stato agitato e confusionale in cui era e fissò Luke. Poi rise sarcastico
-Oh! Questa è bella! Magari l’avessi persa! Magari! No no, lei è qui! Quella maledetta! Ah ma se la prendo! Quella schifosa non mi fa dormire da giorni!
-La sua… speranza, ha detto che è come una pallina da ping pong?- chiese Luke per tentare di riportarlo sempre più alla realtà.
-Ma si! L’avete vista?!- chiese ansioso De Bois.
Pessima domanda, constatò Luke.
-No, non l’ho vista- ammise.
-Oh, che peccato… questo è davvero un gran peccato!
Il signor De Bois ricominciò a parlare tra sé e sé.
Luke cominciava a perdere la pazienza e prese per le maniche del cappotto De Bois.
-Però mi ascolti! Signor De Bois… Signor De Bois… ehi! Ma insomma, mi guardi!- disse quasi urlando Luke.
Finalmente il signor De Bois dette i primi segnali di essere tornato alla realtà.
-Sì, mi scusi..
-Stia tranquillo. Va tutto bene. Magari se collaboriamo ce ne possiamo uscire da questa faccenda in qualche minuto. Se però lei continua a cercare questa sua speranza in questa maniera, dubito ce la caveremo con poco.
Il signor De Bois guardò per terra e dette ragione con un gesto del capo a Luke.
-Mi fa piacere si stia riprendendo. Scusi, ma l’ho vista particolarmente agitata...-
-Beh, lo sono. Stavolta l’avevo quasi presa! Mi sa che mi è scappata anche questa volta.
-Ma mi spiega cosa va cercando di preciso!?
-Ve l’ho detto, la mia speranza.
-Ma scusi, perché va cercando questa sua speranza?- chiese Luke quasi ironico.
-Ma come perché? Per ucciderla, ovviamente!- rispose con naturalezza De Bois
-Per ucciderla?- domandò Luke interdetto.
-Naturalmente.
-Guardi, non penso che uccidere una speranza sia una cosa molto naturale…
-Sentite, penso sia scappata anche stavolta quella piccola stronza. Perciò mi sa che devo rassegnarmi. Quando rispunterà non me la farò scappare.
-Beh- fece Luke- se non altro questo la farà calmare. Almeno così pare. Perché non ci sediamo? Stare alzati ci farà stancare.
-Sedersi? No, no! Sono piuttosto agitato! Facciamoci due passi!
Luke avrebbe preferito congedarsi dopo due minuti, ma questa proposta mandò a monte tutti i piani. D’altronde, non avrebbe dovuto neanche chiedere cosa il signor De Bois andava cercando. Ormai la frittata era fatta e doveva mangiarsela anche controvoglia.
-Due passi?- disse Luke come se non avesse capito.
-Sì. Camminare mi rilassa- disse a sua volta il signor De Bois
Luke accettò l’invito dallo sconosciuto.
Cominciarono a camminare nel parco deserto e ormai buio se non per qualche lampione disseminato in tutta la sua area.
Camminarono in silenzio per qualche secondo. Luke sembrò essere in imbarazzo improvvisamente.
-Spero che mi perdonerete per prima! Immagino che vi abbia spaventato- esordì improvvisamente il signor De Bois con un leggero tono di ironia.
-Non si preoccupi- rispose Luke tranquillo-per sua fortuna non mi ha aspettato. Però l’ho vista particolarmente agitata. E questo mi ha fatto preoccupare.
-Oh come siete gentile. A proposito: come vi chiamate?
-Luke. Luke Napoleon.
-Ah, che cognome curioso!- commentò ridendo De Bois.
-Mi chiami Luke, lo preferisco.
-D’accordo, come desiderate, signor Luke.
Il freddo era leggermente più forte, colpa anche del vento che si stava alzando. Luke si chiuse quindi il giubbotto e si mise le mani in tasca. Lo stesso movimento fece il signor De Bois.
Riprese il discorso Luke.
-E quindi dava la caccia alla sua speranza, ho capito bene?- chiese per rompere il ghiaccio.
-Benissimo- rispose De Bois.
-Non ho mai visto nessuno dare la caccia alla speranza. E’… curioso…- osò dire Luke.
-La speranza. Che bella cosa la speranza, vero? No, io non concordo. Vedete, a volte la speranza è la cosa peggiore che ci possa essere! Perché la speranza incatena! Ci impedisce di andare oltre! E’ un qualcosa che ti immobilizza e ti fa restare in attesa. Impedisce di progredire, mi seguite?
La speranza è la causa di tormenti infiniti. Quante volte vi è capitato, durante la notte, di non riuscire a prendere sonno perché magari sperate che il giorno dopo vi possa accadere qualcosa di particolare? O magari da lì a qualche settimana? Quante volte vi è capitato di sperare in qualcosa? Moltissime, suppongo. Ma avreste fatto meglio a non concedere troppe attenzioni a quella speranza; a non alimentarla. Perché, alimentandola, voi avete annientato un’altra realtà possibile.
La speranza ti impedisce di attivarti e determinare il tuo destino! Ti fa per l’appunto sperare. E guardate che non è la stessa cosa di credere. Perché con la credenza l’uomo crede in qualcosa e si attiva per far sì che si realizzi. Ma con la speranza voi state fermi. Sperate che quella cosa accada, indipendentemente dalla vostra volontà.
Ecco perché la speranza va uccisa! Annientata; distrutta! Quando avete una speranza, soffocatela! Prendete un cuscino e metteteglielo di sopra finché non perirà! Oppure prendetela e scagliatela dal più alto grattacielo! Prendete il coltello più affilato che ci sia e assestate un bel colpo su di essa. Un solo colpo ma che sia deciso!
Uccidete la speranza! Vi imprigiona e vi impedisce di andare oltre!
Avete presente quando si dice che “la speranza è l’ultima a morire”? Per me questo non è un augurio! E’ il peggior presagio che ci possa essere!
No, io mi ribello ed uccido questa speranza! Troppe notti insonni mi ha fatto passare; troppi giorni sprecati per essa! Per cosa poi? Per l’ennesima delusione!
Fidatevi delle mie parole: se avete una speranza, assicuratevi che sia la prima a morire.
Luke ascoltava quelle parole attento. Erano parole sentite, sinceramente sentite.
Ma non riusciva a immedesimarsi in esse. Non ancora, almeno. Perché non aveva mai visto le cose in quella maniera.
Era abituato a vedere la speranza come un qualcosa di positivo, in fondo. Perché la speranza ti permette di rimanere a galla e non affogare. Ma a quanto pareva, nella visione di De Bois, senza la speranza sarebbe stato meglio: affogare o iniziare a nuotare e salvarsi. Rimanere a galla voleva dire non avere il coraggio di andare verso la riva. Staticità o regresso. Non anche progresso.
De Bois riprese a parlare.
-Scusatemi, signor Luke: mi stavo solo sfogando un po’. Alla mia età capita. Ah! A proposito: se vi capita di vedere la mia speranza, prendetela e legatela! Legatela ben stretta! Le speranze sono dure a morire e resistono a molto!
-Si figuri, signor De Bois. Ho ascoltato le sue parole. E ne sono rimasto colpito- rispose Luke e proseguì assecondando (perché altrimenti non poteva fare, evidentemente) la volontà di De Bois – e non temete, De Bois: se mi capitasse sotto tiro, sarei il primo a prenderla e verrei di corsa a dirglielo.
-Grazie, lo apprezzo.
-Non capisco una cosa però.
-Dite pure.
-Perché la inseguite? Sembra quasi che siate voi ad andare dalla speranza.
-Oh, sì. Così potrebbe apparire. Il fatto è che la speranza ora scappa. Perché sa che voglio ucciderla. Non appena mi acquieterò un po’, eccola che ritornerà a tormentarmi. E verrà accanto a me e non mi lascerà più.
-Ah, ora capisco.
-Spero che le mie parole ve le siate segnate nella vostra testa!
-Beh, io..
Luke non ebbe nemmeno il tempo di finire il suo pensiero che fu interrotto dalla voce tuonante del signor De Bois.
-EHI!! EHI EHI!!
-L’avete vista??- chiese ansioso De Bois.
-Ma cosa?!
-Ma la mia speranza! L’ho vista di nuovo! E’ passata alla vostra destra proprio ora e ora si sta allontanando! Guardate! Di nuovo! Guardate come saltella! Ma brutta schifosa! Stavolta non mi scappi! Questa è l’ultima notte che io e te ci vediamo!
Luke vide scattare con una insolita rapidità il signor De Bois lontano.
-Vogliate scusarmi- urlò De Bois a Luke dirigendosi verso il punto in cui aveva visto la sua speranza saltellare – ma non posso più trattenermi! E’ stato un piacere parlare con voi.
Luke rimase interdetto, vedendo il signor De Bois inoltrarsi nel parco buio e deserto.
“Quel pazzo finirà per farsi ammazzare” pensò fra sé e sé.
Senza smettere di guardare il signor De Bois con sguardo studioso, prese dalla tasca del suo giubbotto il pacchetto di sigarette. Ne estrasse in automatico una e se la mise in bocca.
La questione meritava una seconda sigaretta.
Constatando che come giornata post-lavorativa era stata piuttosto strana, si incamminò nella direzione opposta a quella in cui si era diretto il signor De Bois, e si avviò verso l’uscita del parco, per tornare a casa.
Eppure, nonostante Luke non se ne accorse, una piccola luce, non più grande di una pallina da ping pong, come una piccola stelle lucente, passò accanto a Luke.
E’ proprio vero: la speranza è dura a morire.



Andrea Motta.




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Racconto scritto il 19/06/2016 - 18:19
Da Andrea Motta
Letta n.1026 volte.
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Commenti


Ti ringrazio, Luciano Bellesso. Spero di essere meno prolisso la prossima volta. Grazie ancora.

Andrea Motta 21/06/2016 - 23:30

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Mi è piaciuto, come idea e come svolgimento, tuttavia quanto volevi trasmettere poteva essere trasmesso con una composizione più breve. Scrivi comunque bene e i dialoghi sono verosimili. Complimenti e saluti

Luciano Bellesso 21/06/2016 - 11:58

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