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AMORE NEGATO

Dopo aver vergato il proprio nome, rilesse la missiva. Si alzò dalla poltrona, girò intorno allo scrittoio e si mise a misurare lo studio a grandi passi. Era nervoso, come non lo era da tempo.
Tornare a Londra, dopo la sua fuga di tre anni prima, gli era costato uno sforzo enorme e ancora faticava a credere che tutto quello stava accadendo proprio ad egli. Inarcò un sopracciglio, fermandosi con fare pensieroso. Cosa sarebbe mai accaduto se quella missiva non avesse sortito l'effetto desiderato? Se fosse stata ignorata o peggio respinta?
Suonò per chiamare un valletto. Appena questi venne gli consegnò la missiva, congedandolo con urgenza. La porta si richiuse e lui rimase solo. Ora non gli restava che logorarsi, nell'attesa di una risposta. Riprese a camminare, perdendosi dietro il corso dei suoi pensieri ai quali non gli riusciva di dare un senso, né tanto meno di ricostruirne il filo. Gli tornavano alla mente alla stregua d'immagini alla rinfusa, di un mosaico confuso. Sentiva la coscienza rimordergli per gli eventi passati, eppure all'epoca non era stato in grado di fare altro. Era perfettamente conscio di aver scatenato uno scandalo, eppure tre anni prima la sua scelta gli era parsa sensata. Sensata! La sua risata di scherno riecheggiò tra le pareti. Tre anni di tormento, passati a pentirsi e a maledire la sua, folle, scelta non avevano nulla di sensato! Si lasciò cadere su una poltrona. Riandò con la memoria a quando era cominciato quella storia. Da prima gli vennero i ricordi delle estati in campagna, poi gli occhi di lei, la loro vicina, poco più piccola di egli, ed infine la decisione del padre che la sposasse. Si era opposto con tutte le sue forze a quel fidanzamento che non desiderava e che era poco più di un accordo tra i loro padri. Era convinto di provare dell'affetto per la giovane, ma a quel tempo sublimare tale sentimento che, era sicuro nulla aveva a che vedere con l'amore, ed irretire la giovane corteggiandola, gli era parsa una crudeltà, così come rinunciare ad essere libero.


Il pantheon si muoveva rapido sulla strada. Ad egli, però sembrava a tratti di andare ad una velocità, troppo sostenuta, a tratti di non muoversi per nulla. Nefasti pensieri gli laceravano l'animo. Sapeva di essere atteso, eppure paventava quell'incontro, poiché non sapeva cosa dovesse aspettarsi. Se da un lato non sperava di meglio che rivedere ella, la donna che da tre anni calamitava i suoi pensieri, dall'altro aveva timore ad incrociare il suo sguardo, a maggior ragione che non aveva scusanti per il suo vile comportamento, ma ne aveva pagato le conseguenze, ah se le aveva pagate! Aveva paura d'irretire ed era stato irretito dal suo stesso agire. Il pantheon si fermò. Era giunto il momento di agire. Scese e si incamminò verso il portone, era atteso, non poteva temere un rifiuto, eppure gli tremavano le mani. Il maggiordomo lo scortò in un salottino. Ella era lì, seduta, col busto dritto e lo sguardo basso. Egli venne annunciato e il maggiordomo si ritirò, ma ella non si volse a guardarlo. Per un attimo gli mancò il coraggio, e non gli riuscì di risolversi ad avvicinarsi, poi si mosse.


«Vi ringrazio per avermi ricevuto.» Ella annuì, ma non rispose. Ed egli continuò. «Sono venuto a chiedervi perdono.» Ella si volse a guardarlo. Il volto era una maschera fredda ed impassibile.
«Credo siate in ritardo, Signore.» Fu come riceve una pugnalata in pieno petto.
«Permettetemi di fare ammenda.» Chiese con fare persuasivo. Ella scosse la testa.
«Vi ho accordato di farmi visita solo per dirvi, con chiarezza,quello che sento.» Quel colloquio non faceva che dilaniare il suo cuore, lo amava ma tanto tempo prima si era ripromessa di non soffrire più per egli. E non voleva ascoltare, ora, le sue menzogne.
«Cosa sentite, dunque?» Le chiese mesto.
«Di non potervi perdonare.» Le faceva male, trattarlo così. Ma non aveva altra scelta per salvaguardare il suo cuore.
«Vi ringrazio della vostra sincerità.» Si congedò col cuore straziato.


Era ormai notte. Avvolse il piccolo ciondolo, in un panno di velluto e lo mise ella busta dov'era la lettera appena scritta. Sigillò la busta con la cera e la mise accanto al biglietto delle istruzioni.
Aprì il cassetto.


Finalmente riusciva, con mano tremante, a toccare il ciondolo. La lettera giaceva nel cassetto, ormai illeggibile, ci aveva versato sopra tutte le sue lacrime. Ormai era cosciente della realtà, ma faceva molta fatica ad accettarla. Se chiudeva gli occhi, le sembrava ancora di vedere le frasi d'addio e d'amore, con le quali egli si era congedato, per sempre. Strinse il ciondolo, ultimo ricordo di quell'amore così travolgente e così fragile, che non era riuscito a concretizzarsi.




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Racconto scritto il 03/07/2016 - 11:06
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1164 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Un'idea verosimile di un buon racconto, dove, purtroppo, ci sono piccole imperfezioni che ai miei tempi i professori segnavano in blu pregiudicando il voto della scrittura. Ma la scuola e finita e quindi 5*

salvo bonafè 04/07/2016 - 15:22

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Molto bello. Mi hai fatto immergere in un'atmosfera d'amore dell'800. Triste epilogo per un amore unilaterale. Spesso gli amori struggenti sono purtroppo irrealizzabili come dici tu.
Nadia
5*

Nadia Sonzini 03/07/2016 - 20:47

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Cosa sarebbe mai accaduto se quella missiva non avesse sortito l'effetto desiderato?... per il resto non male

Quattro Stagioni 03/07/2016 - 15:51

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