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L'immortale Quinta parte

Lo presi e senza nemmeno staccarmi da Stella sparai ai primi
due. Lei si staccò, salì sull'albero, prese la sua balestra,
caricò e ne colpì un altro di quelli che salivano.
Al vedere cadere i tre corpi ed al rumore degli spari
quelli di sotto scapparono. Io indossai il visore notturno
e sparai alle spalle di quelli che vedevo ancora nella radura.
Ne uccisi altri due.
Stella era eccitatissima e volle che continuassimo
a fare l'amore ma io mi rifiutai. Ed onestamente
soprattutto perché la situazione non era evidentemente
sicura come credevamo ed occorreva trovare un
altro posto che fosse veramente più sicuro. Cosa che facemmo.
Ma a Stella dispiacque più che a me.
Le altre due volte invece fu come schiacciare gli scarafaggi:
facile quanto necessario.
Raggiungemmo Salenap. Prima di entrare in città
decidemmo di cambiare aspetto, nel caso fossero stati
vivi e nascosti intorno a noi gli amici dei molti briganti
che avevamo eliminato fino a quel momento; e nel caso
i superstiti fossero in città con altri amici. Ci vestimmo
semplicemente da viaggiatori, decidendo di definirci
mercanti.
Salenap era una città portuale, abbastanza grande
e ricca di traffici e di merci e di varietà di popolazioni.
Assomigliava all'idea che mi ero fatto di Amalfi al tempo
delle Repubbliche marinare. Ricca, sontuosa, piena
di gente, di merci, ma stranamente non sporca. Anzi.
C'era un vero e proprio servizio di "nettezza urbana". E
mi resi conto che questo era vero anche nei forti. Avevo
notato che su Triluno, per quel che ne avevo visto finora,
un livello di civiltà medio, diciamo rinascimentale europeo,
non c'era l’abituale sporcizia di quei secoli.
Ogni centro abitato che avevo visto era provvisto di
fogne, bagni, fontane, acqua in abbondanza; e gli abitanti
che vivevano in città, non puzzavano e si lavavano
regolarmente, come parte integrante dei loro comportamenti
abituali. Era come se, almeno in quello, fossero
qualche secolo più avanti di quel che dovessero essere.
Trovammo alloggio in una locanda con le finestre sul
porto. Era un luogo quasi idilliaco, con la facciata della
locanda coperta da un rampicante, che mi sembrò una
grande "bouganvillea" fiorita, con le stanze ampie e luminose;
e per di più in quella locanda si mangiava anche
bene, e pesce fresco, pesce di mare per di più! Che non
mangiavo da anni, ormai.
Nella stanza c'era un bagno, il materasso era di lana
cardata, messo su tavole, i cuscini di piume, le lenzuola
di lino bianco. Sembrava veramente un albergo di lusso
della Terra, per certi aspetti, con una architettura raffinatissima
e molto "mediterranea".
Ma Stella era nervosa. Quando tornò in camera
dopo il giro che aveva fatto in città, aveva con sé
un fagotto. Lo poggiò silenziosa sul tavolo e mi guardò.
Io stavo pulendo la mia arma e a mia volta la fissavo.
Alla fine si decise a parlare.
— Tu non puoi morire, vero?
Mi colpì.
Da cosa lo aveva capito? Cosa sapeva? Cosa se ne sapeva
sul pianeta? Ma mi prese subito paura di ciò che
significava, di ciò che avevo cercato di rimuovere fino a
quel punto, e cioè del fatto che c'era qualcuno di così
potente e vero in quel mondo da potermi far rivivere se
morivo. E non volli sapere.
— Forse. Non lo so, non ne sono sicuro... ma non ne
voglio parlare.
Scosse la testa.
— Per me va bene. Voglio solo che tu sappia che non
me ne importa niente.
Fece una pausa pensando a chissà cosa, poi alzò gli
occhi mi sorrise e disse:
— Ho trovato Arp.
Fece una rapida piroetta su se stessa, come avesse appena
detto di avere un appuntamento con un innamorato.
— Vive nel palazzo sul molo, quello che supervisiona
l'ingresso al porto. Lui è stato nominato capo del Porto e
quella è la sua sede. Domani andrò lì e mi offrirò a lui.
Così lo potrò uccidere tranquillamente. Allora, mi vuoi
aiutare?
Smisi di pulire il kalashnikov e rimasi un secondo in silenzio.
— Ti riconoscerà.
— No. Non solo è passato più di un anno, ma soprattutto
io mi tingerò la pelle ed i capelli, con una tintura,
questa e tirò fuori un piccolo orcio di terracotta.
Mi farò bella, sarò sensuale e desiderabile e lui non potrà
non desiderarmi. Ed io lo castrerò: glielo farò diventare
duro e lo castrerò e poi lo guarderò morire dissanguato.
Era proprio un vizio!
— Ti uccideranno.
— Pazienza. Mi reincarnerò in una principessa per
questo atto eroico: non sono una immortale, ma il diritto
alla reincarnazione è di tutti. Mi vuoi aiutare? Non per
salvarmi la vita, solo per aiutarmi a portare a termine il
mio compito. Lui è vivo e la mia famiglia no. Questo
stato di cose è ingiusto e non deve durare.
La guardai.
Pensai che forse, se avesse fatto quello che voleva si
sarebbe calmata, e sarebbe stata dolce per sempre; e con
me. E in fondo Arp era un assassino della peggior specie,
quella dei potenti che non pagano mai per i loro crimini.
— Va bene. Ma studiamo bene come fare, le vie di
fuga e tutto il resto.
Avevamo denaro per fortuna. Sax ci aveva anche
cambiato i pezzi d'oro che avevo con me in valuta locale,
di pezzi d'argento, utili per acquisti di tutti i tipi ed a
basso prezzo in una città che sembrava veramente avere
di tutto.
Comprammo quindi tutto ciò che ci serviva: abiti,
belletti, una piccola carrozza, cavalli. E ci presentammo
al palazzo di Arp, io con il nome di Lago Calmo, il
protettore e lei Pesca Mulatta, la puttana.
Stella Gialla era veramente diventata Pesca Mulatta:
non aveva solo cambiato il colore dei capelli ma anche
quello della pelle, che aveva scurito su tutto il corpo
con una delle creme che aveva comprato. Sembrava una
bellissima ragazza araba, su cui gli occhi celesti spiccavano
ancora di più. Portava un saio con cappuccio, viola,
che la copriva da capo a piedi e che teneva stretto al
collo.
Ma sotto aveva indossato un "body" così sexy, fra
gioielli, e corte e strette fasce di stoffa, e colori dipinti
sulla pelle che avrebbe trascinato alla lussuria anche un
santo omosessuale votato alla castità.
Su un capezzolo si era fissata, trafiggendolo, un anello
d'oro con un piccolo pendente.
— So che questo gli piacerà... — disse sorridendo serafica
e leccandosi via la goccia di sangue che ne era
uscita.
Arp ci ricevette. Per riuscirci era bastato aprire il saio
di Pesca Mulatta, progressivamente, dinnanzi ai vari
funzionari che di volta in volta ci chiedevano cosa volessimo
dal "Superios" e poi, dopo un'occhiata, ci rimandavano
al funzionario successivo.
Arrivati nel salone dove Arp teneva corte, ci inchinammo.
Il funzionario parlò all'orecchio di Arp che ci fece
cenno di avvicinarci.
Ci avvicinammo ed io mi presentai e presentai Pesca Mulatta,
che ad ulteriore piccola mimetizzazione portava
un piccolo velo bianco sul viso.
E che sorridente come una bambina colta a fare uno
scherzo, aprì il saio.
Anche Arp rimase colpito. Molto colpito.
— Bene, bene, Lago Calmo, la tua protetta ha veramente
qualcosa da far vedere, direi. Bene. Bene, bene,
bene. Resterete nel mio palazzo, almeno per un po'. Parla
delle sue tariffe e delle modalità di congiungimento
con il mio Maggiordomo. Stasera sarete alla mia tavola.
E si allontanò, seguito da altri cortigiani vocianti.
Sitar, il maggiordomo mi ricevette subito e con lui
concordai le modalità di "servizio" di Pesca Mulatta. La
prostituzione d'alto bordo, delle donne giovani e belle,
su quel pianeta, o almeno in quell'area, era una attività
professionale vera e propria, di cui andavano concordate
tutte le modalità d'uso, per così dire: quante volte, in
quali e quanti modi, con quale grado di trasporto, se con
o senza figli, per quanto tempo.
A volte un accordo all'origine puramente sessuale e
mercenario temporaneo, poteva diventare un vero e proprio
contratto di concubinato, e nelle classi inferiori anche
di matrimonio.
Certo, era cosa soprattutto per i ricchi e potenti, ma
solo perché i più poveri non se lo potevano permettere.
Poi, al porto, nei vicoli e nelle taverne si trovava anche
la più tipica prostituzione da strada, di infimo livello.
Ma fra le donne di strada in senso proprio le giovani
e belle erano rare. Stella mi aveva ben istruito a riguardo
ed io concordai con il maggiordomo tutto ciò che c'era
da concordare. Trovammo evidentemente un facile
accordo dato che il nostro obiettivo (mio e di Stella) non
era esattamente né quello di fare soldi né quello di far
contento Arp.
Con Stella ci ritirammo nelle nostre stanze. Appena
entrati lei "spense" il suo sorriso seducente ed accese
quello della ferocia allegra.
— Ho visto dove sono le cisterne del palazzo. Stanotte
vi scioglieremo una piccolissima quantità di sangue
di vena nera. Scioglieremo il veleno prima in brocche di
vino, poi verseremo il vino nelle cisterne. Quando è diluito
in questo modo ha effetto potente ma ritardato.
Così entro domani notte, nel giro di un'ora al massimo
dal primo all'ultimo, cominceranno tutti ad avere visioni
o ad addormentarsi ovunque siano e qualunque cosa
stiano facendo. Capiterà prima alle donne e poi agli uomini.
Quindi quando vedremo le guardie addormentarsi
sapremo di essere soli. E noi agiremo. Dopodiché potremo
anche fuggire.
— Va bene. Ma cosa accadrà a quelli che si addormenteranno?
— Si sveglieranno dopo un po' di tempo.
— Ma potrebbero, non so, ad esempio, le sentinelle
sugli spalti potrebbero cadere. Se qualcuno si sta facendo
un bagno, non potrebbe affogare?
— E allora?
La guardai esasperato.
— Stella, non puoi voler veramente uccidere tanta
gente, solo per vendicarti di Arp!
— Sono servi di Arp, gli appartengono e sono parte di
lui. Possono anche morire. Ricorda che se dipendesse da
me metterei tutta la libbra di sangue di vena nera nei
serbatoi. Tanto per essere più sicura.
— E lui? Se berrà si addormenterà.
— Lo sveglierò io non ti preoccupare: un forte dolore
scuote dal sonno del narcotico.
— Cosa farai stasera? Negli accordi è previsto che tu
inizi il "servizio" con Arp stanotte stessa.
— Qual'é il problema? Sarò calda ed avvolgente
come quel porco non ha mai saputo una donna possa essere.
Così, domani sera per lui sarà anche peggio. Sarà
solo difficile resistere alla tentazione di ucciderlo subito.
Ma saprò resistere: lo voglio anche torturare e per fare
questo ho bisogno di tempo. E che tutti dormano.
La sera Stella si preparò: si rivestì in modo ancora
più sexy, si profumò con un profumo costosissimo
che aveva comprato da un mercante d'oltre mare, degno
dei migliori profumi francesi. Era favolosa. Io ero invece
ero geloso e nervoso. L'accompagnai alla porta di Arp e rimasi
fuori ad aspettarla, come mio diritto e dovere, seduto su una
panca, di fronte alla porta della camera di Arp ed alle sue
cinque guardie del corpo. La porta si aprì e Stella
entrò, sorridente.
Uscì tre ore dopo, leggermente scarmigliata, con il
viso arrossato ed una espressione indecifrabile. La
riaccompagnai
nella nostra stanza.
— C'è cascato. Mi ha già detto che probabilmente mi
comprerà a te, se il prezzo è ragionevole. Ed io gli ho
detto che lo sarà senza dubbio.
Nel frattempo parlando con le guardie, e con i servi
che ci portavano la cena e gli abiti puliti, ero riuscito a
sapere dove erano le cisterne del palazzo. Era abitudine
in quel tipo di fortezze avere sempre delle cisterne autonome,
o alimentate da una sorgente naturale o rifornite
giornalmente o settimanalmente di acqua. Era così anche
per quella fortezza.
Quella notte riuscii a raggiungere i serbatoi d'acqua e
a drogarli con il sangue di vena nera diluito nel vino.
Mi sembrava incredibile che la piccola quantità di veleno
che vi avevo messo potesse avere un effetto tanto potente,
ma Stella mi aveva detto che il veleno "mutava
l'anima dell'acqua", ne alterava evidentemente la struttura
chimica. Era l'acqua in fondo ad addormentare, più
che il veleno.
La sera successiva la scena si ripeté. L'accompagnai
verso la camera di Arp e già per strada vidi meno gente
che affollava i corridoi; e soprattutto solo uomini. Le
donne già dormivano tutte. Evidentemente il sangue di vena
nera già aveva cominciato a fare il suo effetto. Davanti
alla camera di Arp c'erano sempre cinque guardie,
ma non erano quelle della sera prima. La cosa mi insospettì.
Stella entrò nella camera di Arp.
Io cominciai a parlare con le guardie. Erano appena
arrivate in città da un servizio esterno ed avevano dato il
cambio ai loro colleghi della sera prima, perché erano in
punizione e non avevano diritto alla "libera uscita".
Quindi, forse e probabilmente, non avevano bevuto l'acqua
del palazzo!
Rimasi a guardarli per un po' pensando se era o meno
giusto ucciderli quando fosse venuto il momento. Avevo
ancora di questi scrupoli. Se Stella voleva vendicarsi di
un uomo che l'aveva violentata era evidentemente un
fatto loro, che non mi riguardava. Ma se questo coinvolgeva
altre persone, beh, non ero proprio sicuro di cosa
fosse giusto fare.
Il problema si risolse da solo. Dopo un'ora circa dall'ingresso
di Stella nella stanza di Arp la porta si spalancò, sanguinante da
un taglio sul viso apparve ed urlò:
— Uccidete quella strega! Ed anche il suo protettore!
— disse indicandomi.
Due degli uomini di guardia si rivolsero verso di me,
gli altri tre entrarono nella stanza.
Stordii i primi due più vicini con la pistola che avevo portato
con me assieme al kalashnikov RPK, detti uno spintone
ad Arp e lo spinsi dentro la stanza, chiudendomi la porta alle
spalle.
Arp scivolò e batté la testa svenendo.
Dei tre uomini, uno era a terra con lo stiletto di Stella infilato
nel collo, uno si rivolse verso di me mentre il terzo stava
cercando di ucciderla.
L'armigero che avevo di fronte colpì il kalashnikov RPK con la
sua alabarda e me lo fece saltare dalle mani. Io presi la sua
arma e detti uno strattone verso di lui, cosa che non si
aspettava e che lo squilibrò all'indietro.
Cadde e gli fui addosso. Non cercai di essere leale e
lo colpii con un colpo secco alla gola, con le nocche della
mano destra. Fu un colpo abbastanza casuale ed anche
molto fortunato: gli ruppi il pomo d'Adamo con
quell'unico colpo e mentre ansimava per respirare, gli
diedi il colpo di grazia con la sua stessa arma.
Stella era riuscita a liberarsi a sua volta dell'uomo
che l'aveva aggredita, ficcandogli alla nuca il secondo stiletto che
faceva finta di essere uno spillone nei suoi capelli, ricavandone
solo una ferita superficiale ad una spalla sinistra.
Dalla ferita il sangue colava sul suo seno e da lì fino
all'anello infilato nel suo capezzolo, gocciolando a terra.
Era scarmigliata, nuda, ingioiellata, feroce e bellissima.
— Sbrigati ed andiamocene — dissi secco ed arrabbiato
per come si era evoluta la questione.
— No. Ogni cosa vuole il suo tempo.
Si diresse verso Arp, lo trascinò al letto e gli legò i polsi
al letto stesso. Poi gli sfilò i calzoni di seta che l'uomo
ancora indossava e gli allargò le gambe. Prese un coltello
e si accinse a fare quello che aveva promesso.
Stavo per fermarla, quando lei ci ripensò.
Andò ad una panca, ne prese una brocca d'oro con
dentro del vino e lo gettò in faccia ad Arp per svegliarlo.
L'uomo aprì gli occhi e vide in che condizione era.
Alzò gli occhi al cielo e disse:
— Maledetta! È vero che non esiste furia peggiore di
una donna rifiutata, ma tu non sei solo una furia, sei una
furia pazza! Che tutti gli dei ti maledicano per la tua insana
ferocia e la tua irresponsabile arroganza!
Che discorsi erano quelli? Che cosa voleva dire Arp?
— No, tu sei pazzo, cattivo e feroce. Sei tu
che hai mandato quegli uomini a violentare me mia madre
e mia sorella e ad uccidere tutta la mia famiglia!
— Non so di che stai parlando, strega! Ma tu non
vuoi la verità, tu vuoi solo vendicarti del mio rifiuto! Sei
una puttana assassina, folle e ingrata! Ma non chiederò
pietà, non illuderti! Guardie! — urlò infine.
— Taci, porco disse lei; e lo zittì con un manrovescio.
— Cosa sta dicendo, Stella Gialla?
— Menzogne, ma fra non molto non potrà più parlare,
avrà la bocca piena dei suoi testicoli ed avvicinò
la mano alla parte appena nominata, stringendo il suo
stiletto nell'altra.
— Ferma! e la colpii al fianco con il manico dell'alabarda,
allontanandola dall'uomo.
Cadde poco più in là, furiosa. Si rivoltò contro di me,
ma ormai avevo anche recuperato il kalashnikov e glielo puntai
contro. Si fermò.
— Protettore, salvami e ti coprirò d'oro! — disse Arp.
— La tua puttana mi odia perché l'ho presa, ma poi l'ho
rifiutata. Venne da me quando ero comandante del forte
sui monti, mesi e mesi orsono. Feci con il padre un regolare
contratto; fin dall'inizio lei giacque con me secondo
il contratto ma fin troppo volentieri; purtroppo si
accese di amore per me. Ed io dopo poco, vedendo che
troppa era la sua passione per me, volendomi addirittura
impedire di avere altre concubine, la allontanai. Detti al
padre una grossa somma e li cacciai dal forte. Se sono
stati raggiunti ed uccisi io non c'entro: non ordinai nulla
del genere! Perché dovevo?
— Menti! Tu mi hai voluta uccidere perché ti eri pentito
di avermi allontanata! Pazzo ed ingrato! Ma ora pagherai
tutto!
— Cosa c'è di vero in ciò che dice?
Chiesi a Stella Gialla
— È vero che mi ha allontanato. Ma poi si è pentito
ed ha mandato i suoi uomini a riprendersi l'oro, a violentarci
tutte ed a riportare me nel suo harem!
— T'ho cacciata da quell'harem, per la tua gelosia!
— Menti. Io fuggii! E tu ordinasti di uccidermi!
— Tu sei pazza!
— E tu stai per morire! e si gettò verso di lui.
Non potevo permetterlo.
Già non ero stato molto convinto fin dall'inizio del
fatto che fosse giusto o meno uccidere Arp, ma almeno,
prima, potevo capire il desiderio di vendicarsi di un
uomo feroce e potente che aveva sterminato la sua famiglia.
Ma qui la storia sembrava completamente diversa.
Quell'uomo non era affatto arrogante e feroce come lei
mi aveva raccontato. Avevo anche raccolto voci nei corridoi,
in quei due giorni ed Arp aveva fama di governante
saggio e buono, non del feroce tiranno che mi aveva descritto
Stella.
Le sue concubine stravedevano per lui e c'era la fila delle
volontarie davanti alla sua camera da letto.
Non era crudele, né arido, né cattivo come pretendeva lei.
Ed ora si difendeva negando completamente ogni responsabilità
in ciò che era accaduto, e lo faceva proprio
davanti alla sua carnefice ed a me, il suo complice: non
c'era una giuria da convincere, ma solo una verità da affermare,
ed in faccia alla morte quasi certa.
Mi frapposi e la fermai. Lei ringhiò e soffiò come una
gatta feroce.
Nella colluttazione mi colpì allo stomaco con il suo stiletto.
Non ci avevo pensato. Non potevo credere che lei
avrebbe seriamente tentato di uccidermi. Credo che questa
fosse la prova migliore della sua follia.
Per un attimo il colpo mi tolse il respiro. Il dolore era
forte, ma soprattutto era forte in me la sensazione che
fosse mortale. Era come se fosse iniziato un processo
che già avevo conosciuto. Era l'inizio della mia morte.
Della mia nuova morte. Lo riconoscevo.
Mi piegai in due rantolando. Stella mi guardò
allucinata per un attimo, poi parve rinsavire.
— Oh, madre mia! Tuono, amore mio!
Mi raccolse mentre mi piegavo a terra e mi sostenne
dietro le spalle, sedendo vicino a me.
— Amore, Tuono, amore mio, che ho fatto?
Ansimando risposi:
— Mi hai ucciso, Stella, muoio...
— Ma tu non puoi, rivivrai, dimmi dove, verrò da te!
— Non lo so, Stella, io non lo so.
— È colpa sua! Anche questa morte è colpa sua. Pagherà
subito, vedrai, aspetta a morire amore mio, ora
faccio ciò che devo e tu lo vedrai, poi mi dirai dove rinascerai
ed io ti cercherò, povero amore mio!
Mi lasciò andare delicatamente a terra, poi raccolse lo
stiletto e si voltò verso Arp.
— Pagherai anche questa morte, malvagio tiranno!
— Sei pazza! Guardie! — urlò Arp.
Mentre Stella si avvicinava lentamente a Arp alle sue
spalle, puntando il kalashnikov, dissi:
— Stella non te lo posso permettere. Fermati o ti ucciderò.
Lei si voltò e guardò con una espressione sorpresa e
vagamente allucinata.
— Sei geloso, amore mio? Oh, non devi, sai? Lui non
conta nulla per me. Ora lo sistemo e poi ti aiuterò ad
uscire. Le sparai una raffica nella schiena quando il suo stiletto
era a dieci centimetri dal corpo di Arp.
Cadde senza un lamento sul corpo dell'uomo, scalfendolo
leggermente. E rimanemmo lì per alcune ore. Non avevo potuto
tramortirla con la pistola, perché lo si poteva fare solo ad una
distanza inferiore ai 5 metri o aumentare la potenza ed era
comunque mortale e i due si trovavano ad oltre 6 metri dal punto
della colluttazione. Io non ero in grado di muovermi, Arp era
legato. Alcune ore dopo, guardie provenienti dall'esterno,
insospettite dal silenzio nel palazzo e dalla gente addormentata
ovunque, entrarono nella stanza di Arp e lo liberarono. Lui
ordinò di non farmi del male ed io gli chiesi di seppellirmi vicino
a Stella Gialla.
Rimasi in un letto a dissanguarmi lentamente. I medici
cercarono di curarmi ma lo stiletto era troppo tagliente e lei
troppo brava. Mi aveva tagliato un'arteria di quelle grosse ed il
sangue usciva copioso.
Stella era una delle donne più sensuali e belle
che io avessi mai incontrato. Ma per qualche motivo
era impazzita, quando era stata rifiutata da Arp. Lui mi
giurò e mi spergiurò che quanto aveva detto nella stanza
era tutto vero. Non aveva mai dato ordine di fare niente
alla famiglia di Stella. L'aveva amata, anzi, e
forse questo era stato il suo errore. Quando aveva scoperto
quanto fosse gelosa, l'aveva allontanata: lui era
giovane ed aveva già molte concubine. Ed altre ne
avrebbe avute e volute in futuro. Non intendeva rinunziare
a tutte loro solo per l'amore di un'unica donna.



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Racconto scritto il 05/07/2016 - 23:47
Da Savino Spina
Letta n.1309 volte.
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Commenti


Lo stesso commento della puntata numero 4....

Quattro Stagioni 06/07/2016 - 11:55

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