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Gli Aquiloni

Io sono uno di quelli che hanno perso il posto di lavoro, dopo mesi di mobbing, sono stato, in poche parole, licenziato di sana pianta sul luogo d’attività. L'amministrazione mi ha dichiarato colpevole per la firma che ho apposto su una dichiarazione di pace, per chiedere al governo di fermare la campagna militare spietata e senza senso nel sud-est del Paese. Il mio licenziamento fa parte di una continua caccia alle streghe, come intellettuale e scienziato, non credo nelle streghe. Ma, palesemente, il governo, controllato da un solo uomo, ci crede. Il Consiglio di Istruzione Superiore (YOK) manda delle circolari alle Università ed avvia indagini interne. È una vita pericolosa, tesa, inquinata, spogliata, terrorizzata, polarizzata e conservatrice. Il paese in questi anni si è sempre più diviso in due mondi: quelli che sostengono il progetto dell’AKP di Erdogan, e quelli che non ne fanno parte e contro cui è aumentato l’autoritarismo. Coloro che si oppongono al governo vengono definiti come traditori, terroristi, collaboratori delle forze straniere, pericolosi, dannosi, vandali e perversi. La Turchia è diventato un paese che vive e viene governato con la paura. Se la cementificazione con le spietate privatizzazioni possono essere definite come i simboli di uno sviluppo perverso, direi di sì. Ma credo che questi due elementi non siano realtà economiche sostenibili. Il paese è pieno di ponti inutili, passaggi sotterranei che si intasano con una lieve pioggia, così le autostrade costruite sul mare, aeroporti inutilizzati, università private vuote, dighe idroelettriche che distruggono interi villaggi oppure boschi, dighe che hanno fatto scomparire antiche città, centri commerciali enormi, villaggi turistici che deforestano intere zone. Ovviamente tutti questi lavori vengono dati in appalto ai personaggi legati oppure vicini al partito al governo oppure al capitale saudita che tra l’altro viene spesso accusato di sostenere i gruppi terroristici sparsi tra il medio Oriente ed il nord Africa. I turchi hanno una grande difficoltà ad informarsi. Attualmente sono 36 i giornalisti in carcere, alcuni già condannati, anche all’ergastolo. Altri in carcere da anni in attesa della condanna oppure addirittura dell’inizio del processo e parecchi sotto processo sono agli arresti domiciliari oppure con libertà di circolazione limitata entro i confini nazionali. Non passa giorno che venga impedito l’accesso ad un sito web, ad un portale di notizie oppure ad un articolo specifico. Spesso i siti di notizie della stampa curda sono sempre inaccessibili. Ad esempio, l’accesso al sito web dell’agenzia di notizie Dicle è stato impedito per ben 37 volte in meno di un anno. Questa agenzia attualmente ha 13 giornalisti in carcere. Il portale di notizie Sendika.org ha dovuto cambiare il suo indirizzo web per ben 10 volte per evitare questa censura. Per non parlare del fatto che presso le scuole oppure uffici pubblici parecchi siti web sono inaccessibili. Dall’altra parte crescono sempre di più i mezzi di comunicazione di massa vicini al governo. Dai primi anni dell’avventura dell’AKP diversi quotidiani, riviste, canali tv e radiofonici sono stati lanciati oppure comprati in asta da parte dei gruppi imprenditoriali vicini al governo. Quindi le notizie vengono date in una certa versione dai media mainstream vicini al governo, e in un’altra sui media delle opposizioni, ma considerando che sono più di 15 i quotidiani nazionali e circa 20 canali tv vicini al governo, è facile capire che la versione dei fatti ha una sfumatura unica in tutto il Paese. In questi anni sono nati diversi gruppi di opposizione. il sistema elettorale, con lo sbarramento di 10%, tiene fuori dal mondo parlamentare la maggior parte dell’opposizione, tanti piccoli partiti extraparlamentari, diversi collettivi, un mondo dell’associazionismo enorme. Ma è anche in crescita l’oppressione. I maxi processi come Ergenekon, Balyoz, Odatv, KCK ed attualmente Feto-pdy sono diventati dei sacchi grandi dove è possibile buttare tutti dentro, tutti quelli dell’opposizione. La censura è forte e presente e diverse limitazioni economiche e politiche colpiscono la libertà di pensiero ed espressione. C’è oppressione contro le redazioni dei giornali e dentro le università. Parlare della libertà artistica non è quasi possibile. Cresce la cultura di criminalizzare il libero pensiero definendolo come la voce dei traditori, collaboratori con le forze straniere che vorrebbero dividere il paese e come rappresentanti delle organizzazioni terroristiche. È sempre la stessa logica di governare con la paura. L’atteggiamento del governo verso le donne è di stampo religioso e maschilista. È stato messo in discussione il diritto all’aborto definendolo come un assassinio; degli uomini di “pensiero” hanno condannato attraverso il canale televisivo statale la donna incinta che va in giro liberamente; il ministero degli affari religiosi attraverso il suo sito web ha legittimato l’atteggiamento di non porgere la mano alla donna. L’istruzione pubblica diventa sempre più conservatrice e maschilista. Nascono dei libri scolastici che cercano di gettare le basi di una cultura dove la donna viene definita esclusivamente come colei che fa figli e sta a casa a badarli. Neanche una settimana fa l’attuale presidente della repubblica ha definito “contro la religione” la pillola ed ogni tipo di prodotto anticoncezionale. Ritorniamo alla mia condizione attuale, l'indagine è stata avviata; ho detto al comitato che stavo esprimendo i miei diritti e, come scienziato sociale, ho il dovere di parlare. Poco dopo ho perso la mia posizione da Presidente del dipartimento di psicologia. Quello che sarebbe successo poi, è stato subito chiaro. Sono stato presto dichiarato colpevole per aver firmato una dichiarazione di pace e licenziato poche settimane prima che il semestre fosse finito. Stavo tenendo quattro corsi, ma nessuno si è interessato agli studenti o all’etica. Uno dei miei corsi trattava della psicologia della pace. Sì, credo nella pace. Ma il governo no. E credo fermamente di avere diritto a vivere in pace, ad invitare le autorità a stabilire la pace e ad esprimere le mie opinioni liberamente. Come studioso, credo che la libertà di parola sia essenziale per la democrazia, per non parlare della sua stessa esistenza nelle Università. Ma il governo non ci crede. La Turchia è ora piena di Università nelle quali richiedere o parlare della verità non è molto comune. Anche lo scetticismo non è tollerato: il Paese è in guerra e, in tempo di guerra, è necessario un leader forte. Il dissenso è considerato come tradimento. La libertà accademica è un lusso. Non sono stato l'unico a perdere il proprio lavoro, una sociologa, è stata licenziata insieme a me. Abbiamo sentito la stessa frase, subito la stessa ingiustizia e ora facciamo parte del conto. Ed i conti stanno diventando sempre più brutti e lunghi. Un’indagine penale è in corso e il governo ha inviato un avvertimento: quattro studiosi sono stati arrestati e rapidamente mandati in prigione. Tutto quello che hanno fatto è stato parlare in una conferenza stampa per ribadire le richieste dell’appello che avevamo lanciato. Questo è accaduto quando gli aquiloni sono emersi. Studiosi e studenti facevano volare gli aquiloni proprio fuori dalle carceri. Gli aquiloni simboleggiano la libertà ed il loro messaggio è: "La libertà e la pace prevarranno". Le gite in autobus sono anche state un atto di solidarietà. Studiosi, giornalisti, attivisti per la pace e studenti sono stati trasportati in autobus verso due prigioni dove tenevano i quattro sotto controllo. E le canzoni, che somigliavano a poesie di strada, parlavano tutte di pace e libertà. E’ difficile dire la verità, è diventato un atto molto pericoloso in Turchia. Lascerò parlare gli altri, piuttosto. L’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Ra'ad Zeid Al Hussein, ha recentemente richiesto l’avvio di un'indagine indipendente dei civili che sono stati bruciati a morte a Cizre. Erik Jan Zürcher, un famoso storico, ha restituito una medaglia d'onore datagli nel 2005 dal Presidente della Repubblica della Turchia asserendo che "Le libertà fondamentali, in Turchia, non ci sono più". La speranza di una Turchia democratica è scomparsa. Yervant Bostancı, un musicista, di recente ha affermato di avere difficoltà ad esprimere quello a cui aveva assistito a Surici, Diyarbakır, il luogo dove era nato e cresciuto. "Sono molto, molto triste", ha detto, "E 'come se la mia anima stesse sanguinando". Recentemente mi è stato detto che sono uno "studioso a rischio". Se questo è vero, la stessa etichetta potrebbe benissimo essere applicata a tutto il contesto che ci circonda. Le Università in Turchia sono a rischio perché la libertà accademica sta scomparendo. Così come il futuro della Turchia. Questo è il motivo per cui anche la mia anima sta sanguinando. Ma ho speranza, che la verità prevarrà e gli oppressori cadranno, così sarà pace e gli aquiloni non avranno più necessità di volare per protesta, ma esclusivamente per il senso di libertà e buona fortuna.



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Racconto scritto il 09/08/2016 - 23:43
Da Savino Spina
Letta n.1279 volte.
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Commenti


Non si tratta di prendere alcun tipo di posizione, ma solo sapere per comprendere la storia di oggi, nel bene e nel male. La Turchia ha vissuto un'epoca diversa che dice molto delle culture musulmane prima della crescita del fondamentalismo islamico. Cercando di non ripetere gli errori del passato (IRAQ, AFGHANISTAN, VIETNAM) dai quali, non possiamo dimenticarcene, che la civiltà ne è uscita sconfitta.

Savino Spina 10/08/2016 - 11:36

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L'articolo è buono essenzialmente e tuttavia è palesemente incompleto. La parola Islam, non c'è.
Eppure l'islamizazione di un paese, nato laico, che procede sempre più velocemente, suggerisce senza equivoci che l'Islam è tutt'altro che estraneo alla deriva antidemocratica così ben descritta in questa composizione. Ritengo che questa parola incuta timore, che in fondo è proprio quello che gli islamisti radicali vogliono, e non casualmente pure da noi è facilissimo essere accusati di islamofobia.

Luciano B. 10/08/2016 - 10:59

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Ma come può un golpe che appare subito così bene organizzato fallire dopo poche ore? E prende corpo in Turchia l’ipotesi del bluff? Il leader dell’opposizione sceglie Twitter per accusare Erdogan senza mezzi termini di aver organizzato il tentativo di golpe per poter realizzare la riforma della costituzione e attuare il tanto anelato presidenzialismo. Secondo Baykal, insomma, il tentativo di colpo di Stato sarebbe il mezzo con cui il presidente vuole ampliare le proprie competenze e acquisire così poteri esecutivi. “Quello che non uccide rende più forte”. Farsa oppure no è evidente che nella dinamica del fallimento del golpe hanno influito anche fattori esterni.

Savino Spina 10/08/2016 - 10:22

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