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Revolver 38

Pubblicato da Patrick Rodriguez il Mer, 04/01/2017 - 20:34
Sto correndo in preda al panico, corro senza voltarmi per paura di scoprire quanti di loro mi stanno inseguendo. Svolto a destra ma sbatto contro qualcosa e cado a terra, mi stanno raggiungendo. Mi rendo conto d’aver sbattuto contro qualcuno ma non appena si volta verso di me mi rendo conto che ha la guancia sinistra a brandelli e con lo sguardo vitreo fa un verso per poi gettarsi su di me, con il braccio destro lo tengo distante con la mano sinistra trovo una bottiglia di birra, la rompo e la infilzo nel suo cranio. Riprendo a correre giusto in tempo, l’orda è troppo vicina per poter sperare di seminarla. Svolto a sinistra ma mi ritrovo in un vicolo cieco così mi giro di scatto ma sono già dietro di me così riporto lo sguardo al muro di mattoni e gli vado in contro, ho pochi secondi per trovare una via d’uscita e scorgo una scala d’emergenza ma è troppo in alto così con fatica sposto un cassonetto dell’immondizia giusto sotto la scala ma mentre tento di salirci uno di loro mi prende la gamba, un calcio ben assestato mi libera del mostro che porta via con se la mia scarpa, mi metto in piedi e salto giusto in tempo aggrappandomi alla scala così inizio a salire, a metà scala mi sento al sicuro così guardo sotto di me ma trovo solo un oceano di corpi rancidi che ansimano affamati bramando le mie carni, prendo fiato e salgo. Sono salvo per ora ed alzando lo sguardo mi rendo conto che quattro piani mi distanziano dal tetto, almeno lì potrò aspettare il mattino per poter scorgere almeno una meta. Mi muovo con passo felpato per evitare di svegliare chi potrebbe trovarsi dietro le tende chiuse della finestra che ho difronte, salgo le scale di metallo senza mai guardare giù ma facendo attenzione che nessuno sbuchi dalle finestre ed eccomi all’ultimo piano ma mio malgrado mi rendo conto che per poter salire sul tetto devo per forza entrare nell’ultimo appartamento dato che il tetto è troppo in alto per poter scavalcare. Mi avvicino con gli occhi al vetro ma è troppo buio lì dentro così busso tre volte per vedere se qualcosa si avvicina e poi mi allontano sino a quando la schiena tocca la ringhiera ma non si muove una foglia, almeno dentro l’appartamento. Rompo il vetro col gomito e mi allontano ma nonostante il forte tonfo ancora nessun movimento lì dentro così entro sicuro che nessuno voglia mordermi ma la precauzione non è mai troppa e prendo un pezzo di vetro dalla moquette. Non appena mi alzo un forte odore di decomposizione penetra i polmoni ormai abituatici così porto la mano alla tasca e prendo l’accendino per poi innescare la fioca fiamma. Un piccolo appartamento poco arredato e man mano che giro per la casa la puzza si fa sempre più forte ma non c’è niente attorno a me se non due porte, mi avvicino alla prima e scorgo dallo spioncino ma non vedo nulla oltre al buio così vado verso la seconda che deduco sia il bagno, arrivatovi difronte mi accorgo che l’odore proviene da lì dentro così spingo appena la porta aperta e avvicino l’accendino all’interno che facendo riflesso sullo specchio alla destra illumina ciò che si dimostrò essere il bagno dell’appartamento ma il muro difronte mostra una grande chiazza di sangue ed abbassando lo sguardo trovo la fonte della puzza, un cadavere con un buco sulla fronte ed un revolver da due pollici in mano. Tua sfortuna mia fortuna penso prendendo il revolver per controllare i proiettili rimanenti, quattro su cinque. Alzo lo sguardo e porto la fiamma al viso del suicida, avrà avuto una cinquantina d’anni, sovrappeso, morto da qualche giorno. Così ripongo il pezzo di vetro al suolo per poi prendere il revolver e tornare ad alzarmi per poi uscire dal bagno accompagnando la porta alle mie spalle. Cerco inutilmente qualcosa di utile come una torcia ma la pistola è già molto visti i tempi. Vado alla porta per poggiarci l’orecchio ed il silenzio più totale mi invita ad uscire. Giro la maniglia che si apre facendo uno scatto e apro lentamente la porta per poi portare la vista all’esterno ma è troppo buio per poter vedere qualcosa così accendo la fiammella che a malapena illumina la ringhiera il legno delle scale, a sinistra libero e a destra pure così lentamente esco e decido di andare verso destra dove trovo la rampa che mi porta al tetto così salgo le scale per arrivare ad una porta in metallo chiusa da un bel lucchetto di quelli grossi. Dopo la revolver sapevo che non l’avrei passata così liscia. Mi ritrovo a dover scendere quattro piani per cercare una chiave in un palazzo troppo silenzioso ma devo farlo. Mi avvicino alla ringhiera in legno e se con la destra accendo la fiamma con la sinistra punto la 38 ed inizio a scendere le scale gradino dopo gradino ma trovo solo porte chiuse e aria pesante così proseguo verso la seconda rampa e ripeto il tutto. Stavolta non tutte le porte sono chiuse ma preferisco non investigare così continuo la mia scesa al piano inferiore e così al piano terra. Terminati gli scalini mi ritrovo tre cadaveri a pochi metri l’uno dall’altro. Con la pistola ben salda porto l’accendino alla tasca e mi avvio verso l’ufficio del custode proprio dopo il terzo cadavere. Li scuoto col piede ma sono morti così entro nell’ufficio dopo aver constatato che non ci fosse nessuno attorno. Chiudo la porta alle mie spalle che fa uno scatto ma sento un altro rumore al mio fianco, qualcosa si muove. Riaccendo l’accendino e l’essere che un tempo era il custode si alza da terra mostrandomi il volto pallido e privo del labbro inferiore. Porto la mira del revolver alla sua fronte ma il fatto che non abbia visto nessuno non vuol dire che non ci sia nessuno e lo stronzo che ho d’avanti me lo dimostra. Scorgo le chiavi ciondolare dalla sua cintola poco prima che si fiondasse su di me, riesco a spingerlo via così prendo una sedia e la uso come scudo e per tenerlo fermo, bloccato tra i piedi della sedia, ringhia e sento un rumore all’esterno della stanza, inizio a sudare ma riesco a prendere le chiavi così mi getto subito verso la porta ed esco i tre sono ancora a terra ma un altro è entrato dall’ingresso e viene verso di me, mi getto in corsa verso le scale e le salgo a due a due, sono dietro di me, li sento ma posso farcela. Passo il primo piano e salgo ancora ma sto facendo troppo rumore dalla porta che non ho controllato esce una ragazzina mutilata al braccio destro che si getta su di me, non ho scelta, sparo ed il rumore velocizza solo gli altri due. Salgo quasi a carponi le altre due rampe e mi getto sull’ultima per arrivare alla porta di metallo, c’è più d’una chiave ma già la seconda che provo è quella giusta, il lucchetto cade ma loro sono arrivati a me, sparo e colpisco il primo alla fronte, sparo al secondo ma lo prendo di striscio, per fortuna l’ultimo proiettile è andato a buon segno. Lascio la revolver cadermi dalla mano per poi voltarmi ed uscire. Sono sul tetto, finalmente, ma qualcosa cattura la mia attenzione.


-Deduco siano quattro fucili che ti puntano, giusto?- Disse Smith dopo che il ragazzo terminò di raccontare.


-Come darle torto…signore- Rispose il giovane.


-L’hai portata per le lunghe ma, sai, era un po’ che non sentivo una storiella del genere- Disse Smith avvicinandosi a lui.


-Così l’unica fortuna che hai avuto è stata la 38- Continuò.


-Dottore, vada a prendere la revolver- Disse portando lo sguardo verso di me, obbedii.


Sapevo cosa avrebbe fatto ma cosa avrei potuto fare? Nulla. M’incamminai verso la porta, Smith non mi degnò d’uno sguardo ma il giovane, mi guardava speranzoso, era pallido e sudava. Distolsi subito lo sguardo e gli passai affianco, non appena aprii la porta constatai che gli spari che ci allontanarono dall’elicottero posto al palazzo affianco corrispondevano al racconto del ragazzo. Mi chinai a prendere la pistola ma uno sparo mi fece sobbalzare. Chinai il capo consapevole e mi diressi verso di loro. Nonostante avesse un proiettile nel cranio continuava a fissarmi. Consegnai l’arma e mi diressi verso l’elicottero.


-Fosse per te li salveresti tutti, vero?- Mi chiese ironicamente per poi generare una risata generale.




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Racconto scritto il 05/01/2017 - 10:58
Da Patrick Zanto
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