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Il peso d'un fiore

Quanto pesa,signorina,un fiore?
Forse poco,mi dirà lei tenendo fra le dita una rosa,con l'ingenuità di chi,ammirandola diviene non curante del dolore che quelle spine potrebbero recarle,se lei,pervasa dall'intenso rosso carminio che avvolge questa creatura,s'accingesse,peccando fin superbia,a stringere con mamma ferma l'impalcatura sua.
E vede,su di una piccola formica il peso di quel fiore avrebbe lo stesso di una casa,ma che dico,d'un castello!
Perché vede principessa,essa non riesce a nascondere la propria paura dietro l'ingenuità,la superbia,la giovanile distrazione.
E a quel piccolo essere quel peduncolo parve una spada,e le spine le parvero l'ornamento suo più bello.
E quelle radici signorina mia?
Quelle povere dal cui grembo lei ha strappato un figlio,non pensa alla loro sofferenza?
Però vede,quella formica su quelle spine s'è adagio,e non con poca cautela,arrampicata.
E non se lo poteva immaginare prima,quanto potesse esser bella la vista,dà laggiù.
Ed ora,mi chiede lei?
Ora la piccola creatura si sente, leggera.
E lei?
Lei che tenendo fra le mani quel fiore che,ha ingenuamente definito leggero,lei quanto pesa?
No signorina,non volevo essere invadente ma,vede,si avvicini e miri queste mie rughe che gelosamente mi abitano il viso,s'io scostò questi capelli,timide si lasciano ammirare.
E cosa c'entra,dora lei ,il viso d'un vecchio signore con il peso d'una leggiadra fanciulla qual'è.
Ma ancor prima di ,lei osservo..
Vede,questa sullo zigomo sinistro,sì ecco la può toccare.
E vebga signorina su! Non abbia timore,ne ripugno di me.
Questa è la prima che ha deciso incidermi la vita.
L'ho chiamata come la donna che,andando via,ha suturato lentamente tutte le mie cicatrici,lasciandomi poi una voragine nel petto;che paradosso! Non crede?
Si chiama Caterina,ogni giorno a me pare sempre più grande,a volte mi sveglio col cuore palpitante e penso che possa essersi estrema fin lì,o fino alla Indie.
E quanto pesante é questa sofferenza.
E mi dica,quanto pesa questa ruga signorina?
E non mi guardi così,non le avrò mica chiesto che suono ha il silenzio?
Non son folle,so che non può esser mica pesata.
Eppure sa,ogni mattina prima di levarmi dal letto dove disteso mi sento..leggero,le sussurro,per non spaventarla,incurabilmente geloso di lei:"Caterì,alzati! Ch'io così mi sento..immobile."
E vede,è quasi un rituale oramai,altrimenti io sarei,in balia del suo esser così..pesante,scivolato piano nell'oblio del nulla.
Immobile,inerte.
Allora vede quanto può pesare una cosa impesabile? Impensabile,no?
Ed ora le dico, quella rosa che tiene fra le mani; signorì,queste sue mani giovani,inesperte,peccatrici.
La strina,la tenga stretta.
Questa goccia che impavida le scorre fra le mani,che per la sua audacia può dir di lei come di sua,la lecchi.
La lecchi e gelosamente si lecchi le labbra,come se solo lei potesse,sentire.
Questa,signorina mia è l'essenza della vita.
E dopo che per un istante il dolore ha ostacolato questa sua intima,carnale,consapevolezza,ora può sentirsi leggera, e ancora dir di lei come di tenera fanciulla.
Lo stupore di questo,mi perdoni la presunzione,ch'io chiamo atto d'amore,fa di lei fanciulla
E se ora mi chiede come può dirsi atto d'amore questa consapevole fonte di dolore..
Io impetuoso le chiedo: Come può dir di questo fiore come di regalo,o di docile fiore,di leggera creatura,se l'ornamento suo più bello,son tutte queste spine?



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Racconto scritto il 10/03/2017 - 00:10
Da Ludovica Gabbiani
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