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Il tocco

Mi guardavo allo specchio e pensavo che il dolore e la paura fossero le cose più belle ch’io avessi mai indossato
Vestito maglietta pantaloni scarpe alte calzini sciarpa cappotto mantella pelliccia
Ero vestita di niente e mi portavo addosso la sofferenza come d’inverno la neve sulle montagne.
Prepotente m’incastravo tra i pezzetti d’una vita che mi si scioglieva addosso.
Che non si osi dire di me come di una donna forte e temeraria
Che non diciate di me come di mistero in attesa d’essere scoperto
Se tento di scoprire la più piccola parte di me,è il gelo
E ho freddo
Tremo
Gemiti e
Il vento mi accarezza il volto la gamba la bocca
e sposta l’angolo dell’abito cui tengo di più
La vita mi aggredisce e spaventata s’allontana
Carne putrefatta ora osano chiamarmi
Mi copro e tento di far riconoscere la mia vera essenza
Vi urlo Dolore,
chiamatemi dolore.
E l’incomprensione della felicità,dell’armonia,dell’ironia e della tranquillità m’avvolgono d’un riso travolgente e fastidioso.
M’accascio a terra
Impermeabile
Tocco impalpabile.
e vedo in sé stessa la vita
Come un bambino in punizione
Tra gemiti e follia
E tu
Quel vento che ha osato scostarti io lo chiamo colore odore e sapore
Lo chiamo canzone libro televisione
La sigaretta che si accende il fiore che sboccia
La mano che trema l’occhio che si apre
La vita che tenta in tutti i modi di farsi vedere viva
Di ricordarmi che a questo mondo non si viene mai accolti senza prima essere gettati fuori
Sono fuori sono dentro
Sono il vento che sento e l’involucro che indosso
Mi scopro.
Nuda,cruda,sorda,cieca,spenta
Non voglio non vedo non credo non faccio non dico non penso non ho
Negazioni che s’agganciano ai pezzi di un vestito che voleva farmi donna sofferente
Ed io che m’innalzo al cielo sorridendo a chi dice di me donna libera.
Vedete, noi figli del dolore, non siamo mai esseri liberi
La libertà è di chi decide,l’amore è di chi ha già deciso
L’amore di chi con gli occhi bassi si dice d’un altro
E fa della propria pelle arso terreno
Che fa della propria anima prigioniera in attesa del giudizio finale
Che tu fine possa essere l’inizio
M’asciugo l’ultima lacrima con quel pezzetto che stenta a coprirmi,
e bruciava la carne
E sorrido,credendo in quell’istante d’essere davvero libera
Ingenue mi accascio a terra, aspettando che tu venga a coprirmi
E ch’io possa avere la forza di correre nuda
O di stare ferma
O di stare nuda
O semplicemente di stare,e non di stare con
Con te,o mio dolore,mio padrone.
Che tu possa dir di me come di satura e sazia
Accarezzami e dammi al mondo
Ho ancora troppo poco da darti
E dammi un bacio in bocca
E prova ad assaporare la vita
Il corpo brucia.



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Racconto scritto il 30/05/2017 - 15:12
Da Ludovica Gabbiani
Letta n.1019 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Grazie mille!

Ludovica Gabbiani 30/05/2017 - 16:40

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Grazie mille!

Ludovica Gabbiani 30/05/2017 - 16:40

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Racconto piacevole e leggermente introspettivo con quel tocco di mistero che lo rende bello.

Paolo Ciraolo 30/05/2017 - 16:36

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