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AUTOSTRADA PER LA SICILIA (1^ parte)

1^ PARTE
Era tempo che la ascoltava. Che Elena ascoltava i racconti di Rossana. Attentamente, quasi a tentare di cogliere anche la minima sensazione di 'qualcosa che non va'...


Lei, Rossana, una donna sulla trentina cresciuta a Roma, costretta tra i rigidi dettami di matrice siciliana che i suoi genitori, provenienti dall'isola, avevano comunque mantenuti in vita.
Una cascata di boccoli biondi su un corpo alla Botero.
Compagno di una vita, quel male di vivere a devastarle l'anima, fornito di serie...
Un padre accorto, generosamente complice dei suoi tanti vizi e vezzi, anch'egli troppo vanitoso per non concedere lussi da mostrare come il giusto premio di una vita spesa lontano dalla sua terra. Sempre amata, sempre decantata ma così lontana da tutto quanto oggi era disposto a fare per condurre la sua nuova vita così manchevole di rinunce. Forse, in corrispettivo di una scelta che lo aveva portato via da quella terra così rimpianta.
Una madre sottomessa ma nonostante tutto, complice di una figlia che aveva ali per volare oltre quel muro di tradizioni e teorie sulla maldicenza....e che sapeva di averle!
Un fratello più magro e fortunato, perché era nato quando i suoi genitori erano ormai sposati mentre a lei, avevano cambiato il cognome quando era ormai quasi adolescente.
Già....!
Perché nella loro sconfinata cecità ambientale, nel loro restare così dannatamente aggrappati alla rigidità che quella loro origine meridionale imponeva per ragion di stato, nonostante questo e tutti i dogmi impartiti dalla diocesi del luogo, loro erano solo conviventi.
Lui, il padre, separato in attesa di divorzio quando il divorzio non era ancora materia da riforma, aveva trovato rifugio a Roma con la sua nuova compagna e la loro prima figlia, Rossana, nata fuori dal matrimonio.
Lei, la madre, di conseguenza una concubina...!
Ecco perché Rossana aveva un altro cognome, quando Elena l'aveva conosciuta. Quello della madre.
Poi, all'improvviso e quando Rossana era già abbastanza grande da doversene giustificare con il mondo e forse subendo il primo grave choc della sua vita, probabile causa di ulteriore futuro male di esistere, ecco che il suo cognome cambiava e diveniva quello del padre. Ed Elena, ancora bambina, non capiva come potesse qualcuno chiamarsi in un modo....e all'improvviso...tac! in un altro...
E voleva volare, Rossana. Voleva osare. Voleva mancare a quelle promesse di austerità che gli venivano imposte. Forse, per un innato istinto di rivalsa che riteneva appartenerle di diritto.
E sempre più cresceva piú diveniva sfrontata, a tratti volgare anche se comunque, sempre vestita e agghindata come una principessa d'altri tempi in gita...così come quel padre quasi 'pompeiano' voleva che fosse...perché comunque faceva tanto chic!
E allora, con coerenza direttamente proporzionale agli anni che passavano, sempre più ella scrutava angoli di mondo che perfino Elena, così indomita, evitava di praticare conoscendone i rischi...
Crescendo, si allontanarono quel tanto che serviva al ferito ego di Ros....lei, che aveva tutte le 'cose' che Elena e le sue sorelle dovevano desiderare perché questo era il rigido dettame del loro padre, troppo egoista per accompagnare i loro bisogni e così lontano dall'essere padre perché non aveva saputo né voluto smettere d'essere figlio, Ros che poteva permettersi shopping e feste in abito di gala....lei, non possedeva l'unica risorsa che più delle altre, soprattutto Elena era riuscita a strappare al nulla: la libertà!
Ros non poteva uscire da sola, non poteva viaggiare da sola, non poteva fare da sola tutte quelle cose che Elena osava fare anche a costo d'essere punita.
Ros, con i suoi abiti di seta.
Ele, con i suoi jeans strappati sul ginocchio.
Ros, chiusa nella sua gabbia dorata.
Ele, libera delle sue scelte anche se senza un soldo in tasca....
Ed era anche in sovrappeso. Si. Molto in sovrappeso, Ros.
Ele, ballerina e girovaga. Corpo e mente. Al centro della sua vita e delle molte attenzioni di altri. Una continua movida in jeans e scarpe da ginnastica....
Ros no.
Crescevano. E le loro vite si allontanavano.
I genitori di Elena decisero di mollare tutto, lei compresa e scelsero di coronare un altro dei loro sogni: la fuga verso la campagna. Vendettero tutto, tutto ciò per cui da sempre avevano privato le loro figlie anche del necessario. Quel 'tutto' per cui per oltre venti anni avevano lesinato anche le medicine, in nome di 'sacrifici fatti per i figli'....che ora, si dissolvevano in un assegno che pagava il loro biglietto per l'ultimo spettacolo.
Via loro, gli amici di sempre, quelli del piano di sopra. Via Elena che abbandonata da sola con le proprie scelte, aveva deciso di andare a vivere per conto suo....per giunta!
Tempo.
Poi, ripresero non si sa come a frequentarsi.
Ros, sempre più spinta, sempre più oltre, sempre più.
Elena ricordava gli ultimi racconti in casa sua, casa che Ros amava perché Elena viveva da sola mentre lei, ormai più che trentenne, viveva ancora con i suoi e con suo fratello, disoccupato come lei: stesso basso profilo, stessa noia, stessa camera, stesso tutto!
Elena no. Lei lavorava già da anni, perché in questo come in altre cose aveva sempre deciso lei del suo vivere mentre Ros, non aveva potuto nemmeno cercarsi un lavoro senza che il padre trovasse mille motivi per fare in modo che lo rifiutasse. Del resto, non le faceva mancare nemmeno il superfluo, che motivo avrebbe avuto di andare a lavorare?....
E fu proprio qui, a casa di Elena che Ros la mise al corrente di una svolta orribile che la sua vita stava avendo.
Suo padre, ormai ultra settantenne e pensionato, che aveva trascorso una vita in affitto perché diceva che era conveniente ma in realtà, forse soprattutto per poter mantenere uno stile di vita al di sopra delle proprie possibilità, aveva ricevuto lo sfratto molti anni prima e ora, la causa era a un punto di non ritorno. E lui ormai non aveva più le caratteristiche professionali ed economiche idonee a richiedere un mutuo per acquistare una casa di proprietà ed era anche troppo avanti con gli anni per tutto.
A nulla valsero i consigli di Elena. Voleva aiutarli, era il suo mestiere. Ma lui, obiettava a qualsiasi strada lei trovasse per sciogliere il nodo che stava lentamente, inesorabilmente strangolando tutta la sua famiglia.
Con il tempo, Elena iniziò a comprendere che in fondo lui non voleva essere aiutato. Voleva sentirsi costretto ad andarsene. Senza alcuna via di fuga. Perché questo gli avrebbe consentito di costringere tutti a seguirlo, nella sua Sicilia. Azzerando così in un colpo solo, trent'anni di emancipazione conquistata a fatica dai suoi nella capitale.
E così fu.
Pazzesco ricordare i pianti di Ros le prime volte al telefono. Si sentivano, all'inizio. Elena era l'ultimo legame che le restava con Roma.
Il suo ragazzo aveva dovuto lasciarlo. Come il resto. Impossibile pensare di restare da sola, aveva dovuto lasciare tutto: amici, amore, città natale, quel poco lavoro che era riuscita a trovare a Roma.
E li', in quella cittadina abbandonata da Dio nel cuore della Sicilia più integralista, dove gli unici lavori che riusciva a trovare erano pagati poche migliaia di lire al giorno, rigorosamente in nero e per qualifiche inadatte ai tanti titoli che a Roma, con lo studio costante e i risultati più ottimali aveva conseguito, lí in quei luoghi oltre i limiti del definibile, Ros lentamente si andava perdendo...
Elena temeva che sarebbe accaduto. Ros era troppo turbata in quegli ultimi giorni che avevano trascorso insieme prima della loro partenza.
(Segue 2^ parte)




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Racconto scritto il 27/06/2017 - 14:06
Da Alessandra E Basta
Letta n.1061 volte.
Voto:
su 5 votanti


Commenti


Scusa per il numero di commenti, siccome mi occupo anche di recensioni cinematografiche mi piace spendere in maniera più dettagliata le mie opinioni.
Vedrò di leggere le altre due parti al più presto e e visto che ti piacciono gli abbracci, (anche a me comunque) te ne do un'altro e spero che anche un bacio ti sia gradito!
Ciao e brava!

Giuseppe Scilipoti 02/01/2018 - 08:57

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Anche mio padre ha cambiato cognome nella seconda elementare per una condizione seppur lontanamente simile, quindi psicologicamente è da giustificare.
Negli anni 60 i divorzi, le separazioni, le convivenze erano viste di cattivo occhio, oggi invece lo fanno tutti.
Dal titolo deduco che nelle prossime due parti mi ritrovo tra le tante cose un racconto "on road" e questo mi piace pure assai. Minchia! (scusa ma come ben sai sono siciliano )

Giuseppe Scilipoti 02/01/2018 - 08:54

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Si vede che è una storia autentica...
In generale ti posso dire che le storie vere hanno sempre un certo fascino su di me. Certo, è bello leggere racconti di finzione e perdersi con la mente in mondi immaginari. Ma le storie vere,appunto hanno proprio una marcia in più. Sai che è una cosa che è successa per davvero, che ha avuto dei risvolti e delle conseguenze nel mondo reale. Ma non basta che una storia sia vera, bisogna saperla raccontare. E ci stai riuscendo in base a questa prima parte.

Giuseppe Scilipoti 02/01/2018 - 08:50

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Ciao Alessandra, come promesso sarei passato a leggerti, ho appena terminato la prima parte e mi hai pienamente convinto a proseguirne la lettura, oltre l'animo poetico hai un animo narrativo di tutto rispetto. Mi piacciono le storie autentiche, hai ben delineato Ros e Elena due personaggi diversi ma uniti da un sentimento ovvero quello dell'amicizia. Pertinente anche il concetto della Sicilia e delle condizioni di vita di queste parti a cominciare dall'aspetto lavorativo...

Giuseppe Scilipoti 02/01/2018 - 08:47

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Nel riconfermarti la mia stima per questo bellissimo racconto ti ringrazio per avere letto il mio.Ce n'è un'altro nel sito e parla di un miracolo.Sono gli unici due racconti che ho scritto.Mi piace di più scrivere poesie.Penso di riuscirci meglio.Ciao al prossimo racconto.

antonio girardi 28/06/2017 - 20:46

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Ciao a te, Nicol....si, in effetti è il mio modo di scrivere da sempre. In un racconto specie quando nasce da storie autentiche come questa e che conosco, cerco di 'illustrare' personaggi e luoghi come i fatti accaduti in modo che anche chi non c'era possa immaginarli...era questo che amavo negli scrittori che sceglievo strada facendo, che mi facessero sentire il più possibile quasi presente...comunque tranquilla, amo questo modo di interfacciarmi con chi mi legge....chi lo fa davvero può esprimere opinioni comunque in sintonia col resto...
Le faccine? Hahahaha...vero! Ci ho messo un due tre gg. a usare quelle in calce...la seconda parte attende il suo sblocco alla 48^....

Alessandra E Basta 27/06/2017 - 20:40

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Bello il tuo racconto aspetto la seconda parte volentieri. Vedo che prediligi le frasi lunghe,sicuramente una scelta stilistica. Io invece limo molto facendo frasi brevi, mi sembrano più chiare. E' solo un'osservazione, non una critica.
E' comunque leggibile tutto d'un fiato
complimenti e a quando la seconda parte cara donna ribelle come me?
Buona serata e grazie del tuo commento in parte incomprensibile nelle faccine
*****
Nicol

Nicol Marcier 27/06/2017 - 20:17

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Bellissimo racconto molto scorrevole.Ti aspetto per la seconda parte.Ciao Alessandra é sempre bello leggerti.

antonio girardi 27/06/2017 - 18:44

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....forse vuoi sapere dove andrà a parare, Paolo....beh, non ti resta che seguire i 'fatti' che seguono, mio arguto complice di penna!!

Alessandra E Basta 27/06/2017 - 18:33

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molto molto interessante.
ma dimmi cosa vuole dire
&#127799 ahahahahaha
sei molto brava.... aspettp seconda parte.
grazie
*****

Paolo Pedinotti 27/06/2017 - 18:28

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E' solo la PRIMA PARTE....hehehe....se sei curioso di sapere il seguito, dovrai leggere il resto...peraltro, e' una storia vera...e molto, molto 'noir'...!
Salute a te!🌷

Alessandra E Basta 27/06/2017 - 17:22

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bella composizione di scorrevole lettura

GIANCARLO "LUPO" POETA DELL 27/06/2017 - 17:04

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