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L'OROLOGIO (Cap.1)

Era una mattina come tutte le altre. Robert si alzò, il lavoro lo stava aspettando.
Preparato il pranzo e indossata la giacca, uscì. Tempo di togliere la chiave dalla serratura che..
Robert stava precipitando. Un enorme tubo gli si era presentato proprio sotto i suoi piedi.
Attorno a lui il buio. La gravità continuava a vincere, attimo dopo attimo.
Robert era spaventato. Non riusciva ancora a vedere la fine di quel tunnel.
Dopo qualche minuto infatti smise anche di urlare, e iniziò a rassegnarsi all'idea che doveva andare così.
Quindi, con cura, prese il suo pranzo e si mise a mangiare. Era una scena piuttosto comica.
Si era preparato un sandwich con prosciutto, insalata e pomodoro. Lo afferrava con forza perché
gli ingredienti volan via. Il difficile arrivò quando dovette bere: la solita lattina di cola.
Appena la aprì, fuoriuscì tutta, macchiando il bel vestito di Robert. Male di poco considerando che stava cadendo
nel vuoto da circa venti minuti. Male di poco considerando che non sapeva neanche dove fosse.
I riflessi di Robert riuscirono ad intercettare qualche goccia di cola che stava scappando dalla lattina.
Non era per niente sazio, anzi gli era venuto il mal di stomaco, ma quello passava in convento.
Guardò l'orologio. Ormai erano quarantacinque minuti che stava cadendo.
Per dare un senso a tutto ciò si mise ancora ad urlare, rendendo, anche soltanto un minimo, tragico quel momento.
Niente la fine del tunnel non si vedeva ancora. Per ammazzare il tempo Robert si mise a cantare
a squarciagola le sue canzoni preferite. Storpiava i testi inglesi talmente bene, che neanche un bambino
avrebbe potuto far meglio. Oddio, forse soltanto una donna sotto la doccia l'avrebbe potuto battere.
Dopo poco si stancò pure di quello, così riguardò l'orologio. Qualche secondo e sarebbe scattata l'ora,
ma.. finalmente vide una luce. Si stava avvicinando. Lo colpì in pieno!
Ah no quello fu il terreno. Infatti Robert si ritrovò disteso per terra, in una cittadina di mercanti.
Non c'era più traccia del suo bel vestito macchiato di cola. Adesso indossava un abito fatto di foglie e
tappezzato di cappelli, con in testa una scarpa a mo di copricapo e al polso il suo orologio.
"Non mi sembra il caso di pensare a come son vestito! Piuttosto.. dove sono finito?" disse Robert.
Intorno c'erano mercanti che gridano all'offerta del giorno, alla qualità e alla freschezza dei loro prodotti.
Vi erano banchi di oggettini artigianali, verdure e vestiari orientali.
In Robert aleggiava un misto di confusione e paura. Con quel briciolo di razionalità rimasta cercò di individuare la zona.
Aveva sicuramente a che fare con qualche nazione orientale, ma più di quello non riusciva a capire.
Notò che il suo orologio era guasto, aveva smesso di funzionare: non tracciava più il tempo.
Allora fermò un mercante e gli chiese "Mi scusi buon uomo, dove mi trovo? Che giorno è oggi?" .
Il mercante, preso dal suo lavoro, in modo scorbutico gli rispose : "Mi dispiace ma non lo so!".
Robert era veramente sconcertato, non capiva. Eppure quel signore lavorava in quella città.
Così fermò un altro mercante, ma gli rispose nello stesso modo. Robert era sempre più confuso.
Un mercante notò una cosa in Robert : l'orologio. Dovete sapere che in quella città il tempo era tiranno.
L'orologio intrappolava il tempo e poteva tracciarlo. Gli abitanti non potevano permettersene uno, ma soltanto
i soltanto ricchi mercanti potevano. "Il ragazzo ha un orologio!!" urlò un mercante.
In un attimo un'ondata di persone stava per travolgere Robert. Fuggì a gambe levate fra i vicoli della cittadina,
saltando le persone come birilli ostacoli. Dopo qualche minuto, Robert si voltò e notò che non aveva più nessuno alle calcagna.
Erano tutti tornati al lavoro, non potevano perdere troppo tempo perché.. il tempo era tiranno.
Adesso Robert era al sicuro, fuori dal caotico mercato e in salvo da quella mandria di mercanti assetati di tempo.
Il paesaggio che gli si parò davanti era deserto. Qua e là intravedeva qualche laghetto di montagna.
Il che era strano, laghetti di montagna nel deserto? Ormai soltanto le domande vagavano nella testa di Robert,
mentre il vento gli spostava i cappelli, cuciti appena sul vestito di foglie.
Il cielo era di mille colori. Sfumature di rosa, verde acqua e rosso dipingevano quell'immenso soffitto.
Sullo sfondo una catena di imponenti montagne, con il capo coperto di neve e la vita cinta di una lussureggiante vegetazione.
Qualcosa saliva verso il cielo. Robert scrutò del fumo nero, provenire proprio da quelle montagne.
Pieno di speranza si diresse verso il fuoco.



Continua..




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Racconto scritto il 03/07/2017 - 17:09
Da Gabriele Salucci
Letta n.1144 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Ciao amico ingegnere,
la tua fantasia non ha limiti. E' bello anche questo tuo.
Il surreale fiabesco direi sia il tuo genere. C'è un po' di Gulliver e Pollicino in ognuno di noi.
Buona giornata
Leggerò il seguito volentieri
Nicol
*****

Nicol Marcier 08/07/2017 - 11:31

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Un racconto particolare e avvincente, aspetto anch'io il seguito. Ciao

Anna Rossi 04/07/2017 - 03:25

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Ben scritto questo racconto fantastico. Complimenti. Aspetto il seguito. Giulio Soro

Giulio Soro 03/07/2017 - 18:14

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