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Pericolosi reperti

Non era la prima volta che Marco si imbatteva in qualche reperto della grande guerra.
Una volta aveva trovato una pistola arrugginita, erosa dal tempo.
Questa volta, però, si è imbattuto in qualcosa di diverso.
Da un primo sguardo sembra una bomba a mano, infatti è proprio quella, una bomba a mano austriaca.
Si guarda attorno, nessuno in vista, è un terreno impervio quello e solo poche persone, solitamente, lo battono.
Marco ha con sé una tracolla, dove ripone l'oggetto appena trovato.
La condizione dell'oggetto, dopo circa un secolo a contatto con le intemperie e le “offese” del tempo, non sono buone.
Sceso a valle, porta l'oggetto nella “stanza delle meraviglie”, così ha ribattezzato lo stanzone spoglio dove ha riposto i vari oggetti ritrovati nel corso degli anni.
Va a mangiare.
Lo stanzone è pieno di oggetti appartenuti a sconosciuti che in quei luoghi, un secolo fa, hanno vissuto, combattuto, molti hanno finito lì la propria esistenza.
La settimana prima aveva trovato una gavetta appartenuta ad un austriaco.
Spesso Marco, guardando degli oggetti, si interroga a chi fossero appartenuti, domande che non troveranno mai risposta.
Domenica mattina, sono le 7 ed il sole è già apparso all'orizzonte.
Il piano di Marco è quello di provare a “battere” nuovi sentieri, nuovi percorsi, cercando posti il meno frequentati dalla gente.
Trovarli non è facile.
Si incammina in uno dove occorrono doti atletiche non indifferenti, ma lui non si lascia scoraggiare.
Cammina e cammina, sono due ore o forse più, ad un certo punto nota qualcosa che spunta dalla terra.
Sembra un coltello arrugginito, prova a scavare e intravede tracce di una divisa, continua a scavare prima a mani nude poi con un piccolo badile, pian piano si delinea lo scheletro di un soldato.
Probabilmente caduto dal costone di roccia proprio davanti a lui.
Probabilmente la terra e dei massi l'hanno coperto e, forse, anche la posizione del corpo ha aiutato ad una conservazione parziale degli oggetti del soldato.
Marco ritrova tutta una serie di oggetti personali, venuti giù con lui.
È indeciso sul cosa fare.
Al momento è solo, non si vede, né si sente, nessuno.
Decide, comunque, di portarsi via alcuni oggetti personali, tra cui anche un pennello da barba con quello che, secondo lui, è un manico d'avorio, poi una penna, la borraccia.
Avendo avuto la baionetta inserita nel fucile, conclude che, al momento del decesso, il soldato o stava attaccando o difendendosi da un attacco.
Il base al ritrovamento del corpo, stabilisce che era caduto di schiena, in un terreno si sassi misto a fango, da una altezza, comunque, non elevata.
Torna a casa con gli oggetti.
Ripone il tutto nello stanzone.
Pensa di chiedere ad un amico, più grande di lui e con una collezione di oggetti di maggior interesse, se questi è interessato ad aprire un piccolo museo.
Oramai si è fatto una cultura sugli oggetti che si trovano in montagna.
Sa chi ha combattuto, quali divisioni, quali compagnie, sa come vivevano i soldati in quel lontano periodo.
Si sente, a volte, uno di loro.
Anche Marco ha combattuto la sua battaglia.
Un male che si pensava non gli desse scampo, ha minato la sua salute, è stata dura ma alla fine ha vinto lui.
Si sente un guerriero Marco, un soldato, un generale che ha vinto una guerra quella della sua vita.
Vuole parlarne con Bruno dello scheletro del soldato, è orientato a denunciarne il ritrovamento.
Questo sfortunato soldato, che probabilmente era un ragazzo, come la maggior parte dei soldati che hanno combattuto lì, ha diritto a una sepoltura dignitosa, dopo cento anni.
Ancora una settimana e le ferie finiscono.
Marco pensa di mettere un po' d'ordine nella stanza delle meraviglie, sua intenzione è quella di proporre la ricomposizione dello scheletro trovato lì, nel suo stanzone.
Ha già un'idea su come sistemare le cose.
La fantasia di Marco galoppa, già immagina le televisioni che fanno a gara ad intervistarlo, già immagina i responsabili del comune che gli danno grandi pacche sulle spalle per complimentarsi con lui, la fantasia non gli manca di certo.
Occorre mettere ordine.
Inizia ad armeggiare con i vari oggetti presenti.
Alcuni, secondo lui, sono impresentabili, occorre dargli una pulita.
Dopo tre ore di spostamenti e pulizie varie, Marco è stanco, ma il lavoro da fare, in base alle sue idee, è ancora tanto.
Prende in mano uno degli ultimi oggetti trovati, è una vecchia granata austriaca.
Marco inizia ad armeggiarci ma, preso dalla foga, dimentica tutte le regole di sicurezza e di prudenza.
La bomba, pur essendo passato molto tempo, ha ancora il potenziale per uccidere.
Il suo non buono stato di conservazione e il manovrare in modo energico causano l'irreparabile.
La bomba scoppia.
Marco viene scaraventato contro un muro dello stanzone, battendo violentemente la testa.
I Vicini, spaventati dallo scoppio, si avvicinano alla sua casa.
Vedono del fumo uscire.
Da una finestra con i vetri rotti, Bruno, proprio l'amico a cui Marco pensava, intravede il suo corpo riverso a terra e coperto di sangue.
La guerra di Marco termina lì, anche lui vittima della grande guerra, così pensa Bruno e i vari amici che presenziano il suo funerale.
In realtà Marco è stato vittima solo di se stesso, è solo lui la causa della sua fine.
Marco non saprà mai che i resti del soldato da lui trovati erano di un ragazzo toscano di 23 anni, il suo nome era Andrea Vanni, fu dato per disperso durante un attacco nemico, in realtà, per cento anni, lui era rimasto lì.
I suoi resti saranno scoperti, casualmente, l'anno dopo grazie all'uso di un piccolo drone.
I proprietari del drone noteranno lo scheletro, portato alla luce da Marco, e allerteranno le forze dell'ordine.
Su questo verranno fatte tutta una serie di ricerche, tra cui quella del dna.
Andrea Vanni, era di Borgo San Lorenzo e si ritrovò, dopo l'inizio della guerra, a combattere in montagna.
Lavorava presso una bottega, era un ragazzo semplice, con pochi grilli per la testa.
I suoi genitori non seppero mai la sua reale fine.
Dissero loro che i testimoni lo videro sparire durante un attacco nemico, i più, non vedendo e non trovando più il corpo, ritennero che fu fatto prigioniero.
I suoi compagni non videro mai il corpo di Andrea perché la posizione fu occupata dal nemico.
Finita la guerra solo i parenti si preoccuparono di cercare Andrea ma le loro informazioni erano scarse, anzi era stato fatto credere loro che si trovava prigioniero in Austria e che, probabilmente, fosse deceduto in seguito e per qualche motivo si erano perse le sue tracce, magari aveva perso la memoria, o era sotto shock ed aveva perso la targhetta identificativa, chissà!



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Racconto scritto il 26/01/2018 - 11:51
Da Massimiliano Casula
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