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Ei, tu, ferma là…

Che spettacolo desolante era quello provocato da una delle più inquietanti tempeste che si ricordi. Acqua a cascate e vento a quattrocento all'ora hanno spazzato via alberi, macchine e case. Un numero indicibile di abitanti era rimasto ucciso dai corpi contundenti sollevati dal vento e scaraventati addosso a loro. Due concittadini camminavano pensosi e inorriditi tra le macerie lasciate dall'uragano. Sembravano portare sulle spalle le fatiche di decine di persone. Non era un paese sepolto, quello che i due esterrefatti abitanti del posto stavano fissando, ma solo detriti, rami spezzati, tegole dei tetti divelti dalla furia della natura ridotte in frantumi! Nessuno avrebbe detto che lì c’era un paese attivo solo mezz'ora prima!
Ed ora! Che cosa avrebbero fatto? Dov'erano i loro cari? Dov'era finita la loro bella casetta che altri avevano definito una bomboniera? Perché mai a loro era toccata quella sorte ben più amara?
Si sedettero sul terreno intriso d’acqua, si guardarono come inebetiti, poi si presero la testa tra le mani e scoppiarono in un pianto dirotto. Non si erano mai incontrati prima d’allora, Sergio e Sigmund! Ma si sentivano vicini come non mai! Sentivano entrambi il bisogno di lasciarsi andare ai ricordi e confidarli l’uno all'altro.


“Mia moglie ed io”, cominciò Sigmund, “Ci siamo conosciuti in una locanda situata nei pressi di Vezza d'Oglio, un paesino a milleduecento metri di altezza in provincia di Brescia. Il papà era il proprietario e lei lo aiutava servendo ai tavoli i clienti che erano numerosi. Abbiamo cominciato con un acceso battibecco perché io, bonariamente e senza alcuna intenzione di offenderla, le avevo tolto lo scialle dalle spalle mentre mi passava accanto con in mano un boccale di vino per gli avventori seduti al tavolo vicino al mio. Mi ha assalito verbalmente dandomi del cafone maleducato e irrispettoso. Lei era una ragazza e in quel paese ai miei tempi un gesto simile richiedeva una riparazione immediata altrimenti la ragazza sarebbe stata classificata come una ‘attira uomini’ e quindi da evitare come la ‘peste’. Cercai di scusarmi, ma la mia Teresina tutto pepe non volle sentire ragione e mi scacciò con la scopa di saggina.”
“Che cosa è avvenuto dopo?”, chiese Sergio. “Come è successo che è diventata tua moglie? Ci sono state delle pressioni da parte del padre?”
“Ebbene, in verità io ero rimasto preso nella rete di quella tigre inferocita. La sua reazione aveva suscitato il mio interesse e da subito cominciai a pensare a come fare per chiedere la sua mano a lei e il permesso di sposarla a suo padre. Sai così usava ancora ai miei tempi. Mi consultai con una mia cara cugina e lei mi consigliò di recarmi alla locanda la mattina presto, prima che il paese e la locanda brulicassero di gente. Mi suggerì di mandare in avanscoperta qualcuno della mia famiglia e poi eventualmente presentarmi io con un bel mazzo di rose, con un biglietto di scuse e una dichiarazione del mio intento. Quindi mi presentai al padre e mi dissi affascinato dalla educazione squisita che la mia prescelta aveva ricevuto dai genitori e catturato dal candore, nonché dal carattere felino, dal suo essere diretta. Mi dissi ammirato da tanta grazia e dalle sue tante virtù e che speravo mi trovasse degno di chiedere a lui il permesso di sposarla se anche lei provava un minimo di interesse per me.”
“Sembra una storia da romanzo, e tu sembri innamorato di lei ancora oggi come allora!” lo interruppe Sergio. “Purtroppo la mia storia è del tutto diversa dalla tua. Ma vai avanti con il tuo ricordo, sono curioso di sentire come ti ha accolto lei!”.
“Il padre si dimostrò ben disposto nei miei riguardi. Mi disse che trovava i miei modi molto garbati. L’essermi fatto precedere da mia cugina era stato il mio biglietto da visita. Marta mi aveva descritto minuziosamente con i miei pregi e difetti, senza mezzi termini. Gli aveva riferito anche dell’involontario gesto, che mi aveva tolto il sonno per il dispiacere che avevo procurato alla sua gentil figliola, da me perdutamente desiderata, sin dal primo istante, in moglie. Ero garbato nei modi e tanto gli bastava per darmi il suo benestare. Tuttavia era indispensabile che l’amata figliola si esprimesse in merito. Per lui la felicità della sua ‘ragione di vita’ veniva prima e sopra ogni cosa!”
“Vai avanti, su, racconta”, lo esortò Sergio.
“Quindi chiamò Teresina, le disse che gli avevo chiesto la sua mano e che la decisione spettava a lei. Ci lasciò soli nella locanda, ancora chiusa, affinché potessimo spiegarci e prendere una decisione che avremmo dovuto poi comunicargli. Teresina mi fece parlare e spiegare, lasciò che le dichiarassi il mio amore in ginocchio e quando ebbi finito le chiesi di farmi felice.
Lei mi disse che non aveva immaginato un simile risvolto dell’accaduto ed era certa che il mio fosse un gesto riparatore e aggiunse che piuttosto avrebbe sposato il signorotto del paese, calvo, brutto, ma divertente come pochi. E mi congedò. La sera chiamai dei suonatori di serenate e ci recammo sotto la sua finestra. Io feci portare una scala da un mio amico muratore, l’appoggiai al muro e vi salii. Accompagnato dai musicanti le feci la serenata. Dopo un’ora e quaranta minuti di serenata al freddo e al gelo, finalmente aprì la finestra ed io potei entrare. Quello era sicuramente un ‘si’.
E fu così che ci unimmo per la vita. Povera cara, chi avrebbe mai detto che io le sarei sopravvissuto! Diceva sempre che io non dovevo permettermi di lasciarla sola. Lei non sarebbe riuscita a vivere senza di me”.
“Guai a te se mi lasci sola! Tu sei la mia vita e la mia guida! Tu sei il mio compagno, il mio amore, il mio confidente, il mio capro espiatorio! Con chi dovrei borbottare se mi lasciassi in questo mondo? Non ti permetto di guardarmi dall'alto e ridere e prenderti gioco di me e della mia goffaggine! Io dovrò andarmene per prima! Non ho nessuna voglia di piangerti!!!”, soleva ripetermi ogni qualvolta le dicevo che il cuore faceva i capricci.

“Non ho avuto l’occasione e la fortuna di conoscere tua moglie, ma dalle tue parole deduco che doveva essere una donna eccezionale! Era spiritosa e sapeva ironizzare su certi argomenti per non cedere alla commozione e non manifestare il terrore che aveva al solo pensiero di non vedere più accanto a sé il compagno di vita! Ti doveva amare di un amore sincero e immenso!”, disse Sergio cercando le parole giuste per dargli un po’ di conforto.


“Non mi ha mai lasciato solo a risolvere i miei problemi! Mi è sempre stata accanto e mi ha fatto sentire la sua vicinanza.”
“Capisco che ti senta a pezzi, che sia triste e senta quanto la tua esistenza sia inutile, ora che non c’è più lei…” stava dicendo Sergio, quando si udì una voce di donna…
“Oh caro, caro, amore mio, oh che gioia sapere che non mi hai lasciato. Sigmund, Sigmund..”
“Non posso crederci, come hai fatto, dov’eri? Il mio cuore è colmo di felicità nel rivederti. Già cominciavo a darmi tormento per la tua ingiusta e prematura dipartita!”
“Solo tu mancavi, siamo tutti in salvo noi della famiglia. Eravamo a Brescia nel negozio all'ingrosso a comprare le pentole nuove e le ‘pignatte’ che con tanta insistenza mi hai chiesto di acquistare perché ci potessi cuocere i fagioli come faceva tua madre. E’ stata una fortuna che proprio questa mattina abbia deciso di fare quegli acquisti a Brescia !”
Un abbraccio caloroso e le lacrime scesero lungo le guance di entrambi. Sergio si commosse dinanzi a tanto amore e tanta tenerezza. Una sensazione di sconforto e di… gelosia o invidia gli attanagliò la gola. Non riuscì a trattenere le lacrime che, copiose, gli solcarono le guance e gli bagnarono il collo della camicia.
“Sigmund, il signore è tuo amico? Ha forse perso qualcuno dei familiari?”
“Ci siamo appena conosciuti, cara, in questa circostanza triste, davanti a questo scenario da incubo. Io mi sono lasciato andare ai miei ricordi e Sergio mi ascoltava. Non gli ho ancora chiesto nulla dei suoi familiari.”


“Mi giudicherete insensibile e senza cuore per quanto sto per dirvi,” cominciò Sergio, “ma non ho motivo di essere felice della donna che ho scelto come compagna e ho portato all’altare! Mia moglie aveva una relazione con un altro. Aveva ceduto alle lusinghe di un vicino che la circondava di gentilezze e la copriva di regalini oltre che di belle parole. Il suo atteggiamento e le sue premure nei miei confronti erano rimasti gli stessi: nulla tradiva la sua relazione ’clandestina’. Martedì, tre giorni fa, alle 23,30 di ritorno, in anticipo, da una conferenza che avevo tenuto ad Amsterdam, vidi quell'Amedeo uscire da casa nostra…. Mia moglie mi accolse amorevolmente come se per tutto il tempo non avesse fatto altro che attendere il mio ritorno a casa. Quando le chiesi come aveva trascorso la giornata mi aveva risposto:
“Una noia mortale, caro! Sono stata tutto il pomeriggio a pulire le scarpe e a mettere un po’ d’ordine nei cassetti degli armadi!”
Le piaceva tenere com'è che si dice…? ‘due piedi in una scarpa’. Sono rimasto profondamente deluso e ferito da tanta mancanza di dignità. Non lo meritavo! La portavo in palmo di mano, non facevo un passo senza di lei. Che tristezza! Non sono riuscito a passarci sopra e sono andato via da casa apostrofandola con parole indicibili. Quella scoperta mi ha distrutto! Purtroppo questa tragedia ha colpito l’intero paese e me in un momento così doloroso per me. Di lei non c’è nessuna traccia e la casa è andata completamente distrutta dall'uragano, non esiste più! Se soltanto fosse successo prima che scoprissi il tradimento! Ora avrei pure io come Sigmund bei ricordi! “


Teresina lo esortò a non pensare alla ‘distrazione’ che la moglie si era concessa, magari, in un momento di particolare solitudine, ma di ricordare solo i bei momenti che li avevano visti felici assieme. Lo esortò anche a perdonare a se stesso la colpa che inconsciamente si dava. Gli augurò di venire fuori da quella situazione, quindi si salutarono augurandosi il meglio.


Si rividero al mercatino settimanale di Modena cinque anni dopo. Sergio, in compagnia di un amico, era fermo davanti a una bancarella di cravatte, di cotone e di seta, dai colori più disparati e cinture sia di cuoio sia di pelle. Aveva tra le mani una cravatta a strisce rosse, bianche e verdi che sembrava gli piacesse molto. Era un modello ormai fuori moda e Teresina pensò di avvicinarsi e consigliarlo.
“Ottima scelta, signore, per il carnevale di Venezia! E’ stato invitato ad una serata in maschera?”, gli rivolse la parola scherzosamente.
“Che bella sorpresa! La signora…aspetti… Te te Teresina? E’ un piacere rivedere due innamorati come voi. Non avrei potuto sperare di meglio! Chi più di lei mi può aiutare nella scelta della cravatta più indicata! Ecco, vede, mi occorre una cravatta che vada bene su questo vestito che ho appena ritirato dalla sartoria. Io, come avete elegantemente evidenziato, non capisco nulla di abbinamenti mentre voi donne siete nate per fare accostamenti ineccepibili e scelte di accessori alla moda sia per materiale sia le misure.”


Sigmund gli chiese se si era trasferito a Modena oppure era lì solo di passaggio. Sergio gli disse che viveva a Monza da un po’ di tempo. Dopo quella sventura che l’aveva colpito, aveva ripreso gli studi universitari. Si era laureato in amministrazione e gestione delle imprese e aveva subito trovato lavoro presso un’azienda a Monza. Dopo tre soli mesi di lavoro sotto la guida e la sorveglianza di un ‘tutor’, gli fu dato un ufficio dove lavorava da solo senza essere controllato dai superiori. Si era fatto notare come bravo progettista e tutti quelli che lo conoscevano lo tenevano in grande considerazione.


Fatto l’acquisto, Sergio, Teresina e Sigmund lasciarono il mercatino e si immisero su un viale alberato molto affollato. Era un brulicare di persone. Era, quello, il luogo prescelto dai giovani, ma anche dagli anziani. Sedute nei sedili di legno posti ai lati del viale, coppie di anziani, giovani di spirito, che amavano farsi effusioni, ridevano divertiti dello stupore che vedevano sui volti di tanti giovani ‘bigotti’ nel vederli tubare come colombi.
“Non ti sei ancora risposato? Non sei vecchio e sei simpatico. Sei in gamba! Certo non credo ti riesca difficile trovare una brava moglie!”, disse Sigmund.
“Sai, mi sono ripreso da quella delusione, ma …”, cominciò a dire Sergio,
“Ei tu, dove vai?”, disse furtivamente, girandosi al passaggio di due ragazze pienotte, per poi rigirarsi rapidamente e continuare, come se niente fosse, la sua frase in risposta a Sigmund,
“…non ho ancora trovato una donna onorevole che rispecchi i miei canoni di bellezza, sebbene..” e, di nuovo a delle signore vestite da ragazzine, con abiti corti e a campana, con una cintura che segnava il vitino niente male, “Eilà voi, a casa!”
e riprese il discorso con l’amico ”…non l’abbia veramente cercata”. Con il lavoro che mi piace e riempie le mie giornate e…”
“Ma che fai?”, ma le ragazze che si giravano per capire chi fosse e a chi si rivolgesse, in realtà trovavano delle persone serie che discorrevano di fatti loro.
“… mi diverto a trovare il modo per attirare l’attenzione delle donne che mi passano accanto con queste trovate innocenti, come hai appena avuto modo di vedere!”.
E Sigmund: “Non pensavo che fossi così giocherellone! Le risate fanno buon sangue! Fai bene, se ti fa sentire giovane!”
"Hai proprio ragione", e subito scherzosamente guardando sfacciatamente la signora Teresina "ei lei, bella signora, lasci perdere questo vecchio mammalucco e venga a ballare con me!”.
"Ah, ah, ah! Ma che zuzzurellone impertinente!", rise divertita Teresina, mentre il dolce consorte lo apostrofò con le parole "brutto furfante, prendi il largo e non ti permettere mai più di fare queste avance a mia moglie! Vai a trovarti quella che ti mette in riga, vecchio malandrino!" Quindi sorridendo si strinsero la mano e si salutarono.
“I miei ossequi, bella sopportatrice, quando si stanca…” “Ah, ah, ah”.




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Racconto scritto il 10/10/2013 - 22:58
Da Marianna Bonno
Letta n.1723 volte.
Voto:
su 14 votanti


Commenti



Marianna Bonno 02/04/2014 - 21:07

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Io mi aspetto che continui a dire la tua, in quanto sembra che conosca l'ARTE del critico. In merito ai voti credo che sia la redazione a decretare i testi che ritengono di volta in volta vanno considerati. Infatti per il mese di Agosto hanno giustamente dato merito al tuo lavoro "nonostante i commenti" di qualche iscritto al sito.
Ad maiora
Marianna

Marianna Bonno 20/10/2013 - 13:42

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Cara Marianna, ognuno è libero di esprimere il proprio parere, purché lo stesso osservi i canoni della buona educazione. I miei commenti sono scevri da coinvolgimenti che nulla hanno a che fare con la scrittura. Ho capito che qui non sono graditi. Non voglio assolutamente aprire polemiche. Ne terrò semplicemente conto in futuro dedicandomi esclusivamente a scrivere e a leggere. Anche le tue pubblicazioni naturalmente.
Un saluto.

sergio boldini 20/10/2013 - 11:11

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PAROLE IN LIBERTA’? Ho inteso bene o non so…’leggere’? E’ probabile che non sappia scrivere e senza dubbio non so comunicare! Credendo, infatti, di esprimere un apprezzamento, seppure in forma inconsueta, ad un critico attento per l’analisi puntuale, talmente aderente alla realtà di una dilettante che scrive da un mese (… ‘’Poi sembra che le forze abbandonino l'autore e questi cerchi una scappatoia per arrivare in fondo.” non l’hai scritto tu?), ho trasmesso addirittura a più scrittori la presunzione di voler dettare delle regole. Finora non credo di aver dato l’impressione di non volere giudizi negativi o ingannevoli, tant’è che ho cercato, come hai notato, seppure senza successo di ascoltare il tuo suggerimento di affidarmi alla fantasia.
ti ringrazio comunque per la risposta
Ti saluto.
Marianna
Post Scriptum/ Post Script: quello che è pubblicato in questo sito è tutto ciò che ho scritto!

Marianna Bonno 20/10/2013 - 03:13

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Cara Marianna, io non voglio sezionare nessuno, tanto meno autori che non conosco se non per qualche scritto letto su questo sito. Ora, come dovresti sapere, su un sito letterario, per di più gratuito, un autore è libero di pubblicare, sapendo però che il lettore è altrettanto libero di leggere e di commentare. Io leggo e spesso commento, indipendentemente da chi è l'autore del testo. Esprimo un mio parere cercando di essere educato e rispettoso, ma analizzo solo ciò che leggo e la mia opinione verte esclusivamente in tale direzione. Non avrai occasione di leggere un eccellente o un discreto da me, non esprimerò mai un voto per far sapere all'autore cosa mi ha trasmesso il suo lavoro, esprimerò invece le mie sensazioni con la consapevolezza di dare all'autore una fattiva collaborazione in termini di impressioni. Non le gradisci? Libera di non tenerne conto. In fondo sono solo le opinioni di un dilettante che, proprio per questo, non ha certo la pretesa di insegnare. Del resto la vita di un sito si misura anche dai riscontri che si hanno alle pubblicazioni. Vedo un sacco di opere con parecchie letture, qualche voto, ma senza uno straccio di commento, cos'è, la paura di osare? Credi forse che avere 100 letture, tre eccellenti e 0 (zero) commenti, aiuti l'autore a capire se la sua scrittura, il suo stile, la sua narrativa, è gratificante? Mi spiace, ma questa non è la realtà letteraria.
C'è persino chi si ostina a sostenere che in questo sito è così: si scrive, si legge, si gioca e così deve rimanere. Mi scuso ma io non faccio parte di questo gruppo, io scrivo, leggo, commento e non gioco. Al massimo mi diverto a fare tutte tre le cose.
Un saluto.

P. S. Tanto per dire, éi nel senso di richiamo, proprio come lo intendi tu, non si scrive così, ma éhi. La forma da te usata sta per la terza persona: egli. Ora, se io non te lo facessi notare, tu continueresti a scriverlo nella forma sbagliata e questo, sempre a parer mio, non è rispettoso nei tuoi confronti.


sergio boldini 19/10/2013 - 22:37

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Ei tu, ragazzo! Fermo là! Forse ti ho inviato per sbaglio una radiografia? E' opportuno che l'autore si mascheri a dovere se non vuole essere sezionato.
Ciao.

Marianna Bonno 19/10/2013 - 08:52

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Un racconto a due facce che si dipana con due modi di narrare, quasi che la voglia e la fatica di descrivere venga assorbita totalmente dalla storia di Sigmud. Qui sì, c'è lo stile dell'autore, la sua capacità di sviluppare un gesto, un incontro occasionale, un quotidiano ormai dimenticato. E c'è, soprattutto, il senso della costruzione che esalta la lettura e coinvolge il lettore prendendolo delicatamente per mano. Poi sembra che le forze abbandonino l'autore e questi cerchi una scappatoia per arrivare in fondo. Forse si rende conto di non avere spazio a sufficienza, un calo di pressione, di idee, di ispirazione, chissà. Insomma, con la seconda faccia non elemosinerei rimmel e mascara.
Un saluto.

sergio boldini 19/10/2013 - 00:02

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