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MARA

MARA


Suo padre forse stava morendo.
Ma lei sentiva una prepotente voglia di vivere. Di vivere la festa che è la vita. Sì, si diceva, io sono viva e non voglio passare gli anni che mi sarà dato di vivere facendo economia. Di sentimenti, s’intende. Aveva un potentissimo desiderio.


Quella mattina sembrava proprio che tutto le dicesse: o ti decidi oggi o non lo farai mai più - e alla tua vita resterà solo il rimpianto.
Davanti alla sua officina era già passata altre volte, passeggiando con noncuranza sbirciando dentro: lui era sempre intento a trafficare con qualche auto e di sicuro non l’aveva vista. Era solo. Era stato bravo, pensava Mara, era riuscito a mantenere l’attività nonostante gli anni difficili. Mara se lo immaginava a studiare i nuovi sistemi di carburazione, le centraline elettroniche, i nuovi dispositivi: le auto non erano più costruite come quando lavorava con suo padre, perfino la Fiat non era più la stessa. Chissà se aveva fatto dei corsi per aggiornarsi o forse gli bastava studiare su manuali, in fondo la meccanica quella è.


A Mara sarebbe così piaciuto entrare e dirgli “ciao, ti ricordi di me? come stai?” voglio dire dentro, come stai? ti ricordi del libro di Boll che mi avevi prestato? che ne pensi dello sfacelo in cui siamo precipitati?
Ma aveva sempre proseguito. Paura? Sì. A lui cosa poteva mai interessare di lei? Era sicuramente amato, di sicuro aveva una vita piena, bastante.
Lo ricordava un ragazzo affettuoso, poco incline a farsi conoscere ma capace di far sentire desiderata la donna che aveva davanti.
Mara proseguiva ogni volta fantasticando per un po’, ricordando i suoi 19 anni e la sua spropositata timidezza e quando la veniva a prendere in fondo alla via e le poesie che aveva scritto, senza mai farne parola con nessuno. Aveva imparato a scrivere versi in rima che iniziavano con le lettere del suo nome. Le conservava ancora, per pura fortuna; quando si era -per così dire – fidanzata con Alberto aveva deciso di buttarle, invece erano rimaste in fondo ad un cassetto, che miracolo! perché adesso quando le rileggeva le trovava belle. Era stata innamorata di lui e se anche si erano frequentati pochissimo e non avevano fatto l’amore e lui l’aveva baciata una sola volta e lei si era ritratta impacciata e rigida, pure in lei aveva lasciato un seme.


Quella mattina però Mara era decisa. Da un po’ di giorni si sentiva più forte. Forse perché si era trovata a doversi prendere cura dei genitori, parlare con i medici, pretendere dagli operatori che l’aiutassero a far sedere suo padre sul letto, e dargli da mangiare facendo attenzione a non imboccarlo troppo in fretta perché gli veniva l’affanno e si sarebbe potuto soffocare, aveva imparato a fargli la barba, a rinfrescargli la dentiera, a prendere confidenza con il corpo di un vecchio, con la materialità della vita, ad avere le mille attenzioni che un adulto ha verso… un bambino? un vecchio?... e si era ritrovata capace. Si era sempre vissuta figlia e ribelle, si era ritrovata adulta. Da molto tempo non era più legata ai genitori, ora si prendeva cura di loro perché fragili, perché vecchi.
In certi giorni, se metteva in fila gli accadimenti della sua vita, a Mara non sembrava poi così insignificante. Aveva conosciuto donne che non sapevano parlare d’altro che dei lavori di casa e l’unica cosa che le distingueva e che un po’ invidiava loro era che avevano un figlio. Ma poi sentendole parlare scopriva che il loro rapporto era così vuoto e il figlio così solo e a lei si stringeva lo stomaco e stava fisicamente male, così le passava subito l’invidia. Certo aveva conosciuto anche donne fuori dal comune, con una vita piena. Di sentimenti, s’intende. E non si stancava mai di ascoltare la loro esperienza facendone tesoro anche per la propria vita, ma erano sempre donne fortunate fin dalla famiglia d’origine. Insomma, Mara, nei giorni migliori, considerava la propria vita feconda: conosceva bene la fatica di vivere, Pavese l’aveva accompagnata nell’adolescenza e aveva sperimentato l’inafferrabilità di tutto; ma gli avvenimenti l’avevano sempre trasformata arricchendola e facendola evolvere. Per esempio aver vissuto 4 anni a Trento le aveva permesso di capire che se la cavava anche senza i soliti riferimenti e che poteva reggere le preoccupazioni dei genitori senza farle diventare le proprie e incontrare la sua profonda e inalienabile solitudine capendo che era parte della sua natura più vera. Aver lasciato Alberto le aveva dato la forza di imparare ad andare in vacanza, a cena, al cinema da sola; che grande conquista era stata! e come si sentiva orgogliosa, sapeva di donne che rimanevano sposate per paura a star sole: questo a lei non poteva accadere e non accadde. Le altre relazioni importanti che aveva avuto, con un uomo sposato e con un ragazzo molto più giovane di lei, le avevano dato il coraggio di vivere il desiderio e la forza che viene a sentirsi desiderata e i tormenti di amori impossibili ma vissuti ugualmente fino in fondo. Non avrebbe mai voluto tornare indietro nel tempo, semmai avrebbe voluto fermarsi, nella solidità dei suoi 50 anni.


E quella mattina sentiva che, così come era, sarebbe andata a far cambiare le candele della sua auto da lui.


Non si sarebbe fatta riconoscere subito, voleva vedere come sarebbe andata; ma, stupore, lui si ricordò di lei. Che ricordo avesse, Mara non lo seppe nemmeno tempo dopo, ma il fatto che il suo nome e il suo viso avessero lasciato una traccia ancora viva, a Mara sembrò di buon auspicio. Nei giorni che seguirono Mara aveva un luogo caldo a cui tornare con il pensiero e trovare conforto e compagnia e la fiducia che finalmente avrebbero potuto conoscersi. Aveva così tante cose di cui parlare con lui!
Mara sapeva che lui sentiva il suo desiderio.
Era tornata una mattina nella sua officina per un caffè insieme, nell’attesa che lui si decidesse ad andare a cena da lei: verrò, le aveva detto. Avevano chiacchierato una ventina di minuti, cioè era stata sempre Mara a introdurre argomenti di conversazione. Mara stava bene lì, si sentiva tranquilla anche se lui rimane un’incognita: non sapeva niente di lui, se aveva una donna, che effetto gli aveva fatto ritrovarsi lì Mara; lei gli aveva scritto una mail, in cui gli diceva il piacere di ritrovarlo, lui gli aveva risposto “sei molto dolce”, nient’altro, nemmeno una parola su di sé; sì, nei giorni precedenti lui le aveva mandato qualche sms: ciao bimba, un bacio sul naso…e tante smile sorridenti. Ma cosa voleva dire? niente, una carineria collaudata, modi consumati.
Nei giorni precedenti Mara lo aveva pensato a lungo: e se poi ci conosciamo e non ci troviamo su niente? sono disposta a far l’amore senza menarla troppo?
Lo desiderava sopra ogni altra cosa, ma sapeva anche che non poteva snaturarsi; voleva vivere tutto fino in fondo ma sapeva anche che dentro di sé c’era quel nodo: sapeva che per lasciarsi andare aveva bisogno di sentire che lui non voleva solo il suo desiderio. Proprio così, che non volesse solo il suo desiderio; ma fosse curioso di conoscerla; pensava che qualche ora trascorsa insieme nella familiarità della sua cucina, avrebbe dissipato ogni dubbio e dissolto ogni sua resistenza.


Si narra, nelle fiabe, il bacio tanto atteso del principe.
La vita di Mara però non aveva mai avuto nulla che assomigliasse a una fiaba, e anche quella volta non fu da meno.


Dopo il caffè, quella mattina nella sua officina, inaspettatamente, lui la baciò, per istinto, sulle labbra, sorridendo.


Una felicità troppo grande? no, un sasso in una casa di vetro.


“quantunque in molti suoi aspetti questo mondo visibile appaia fatto nell’amore, le sfere invisibili degli uomini vennero fatte nella paura” Hermann Melville


Dopo qualche tempo, Mara andò a ballare. E nel frullio di un valzer ritrovò il suo ritmo.


LUI


Lo incuriosisce questa donna, che dopo più di trent’anni è venuta a cercarlo. E il modo più sincero che conosce per dirglielo è così, con un bacio, dato sorridendo. Sente che lei lo desidera, ed è anche un modo per ringraziarla; e per eliminare da subito tutti i possibili giochi: abbiamo già un’età, ciò che conta ormai lo sappiamo.


Nella sua vita era stato amato da molte donne, lo sapeva. Ma amore, cosa vuol dire poi. Tutte volevano qualcosa da lui, che non sapeva bene cosa fosse. Forse con un paio era stato bene, avevano vissuto la storia così come veniva, senza chiedersi nulla l’un l’altro e così come era venuta era finita, senza lasciare lacerazioni.
L’unica donna che aveva contato davvero qualcosa per lui era stata sua moglie, che aveva amato profondamente, come non era successo con nessun’altra.


Questa donna che ha davanti apre dei cassettini della memoria che non ricordava più di avere: Boll, i suoi vent’anni; quello che era allora cosa è diventato? Mara non è una donna bella, come normalmente si intende: le forme giuste i lineamenti regolari; ma lui non ha mai badato a queste cose, sa di essere un bell’uomo e ancora molto attraente e ha sempre dovuto difendersi dagli assalti delle donne belle ed emancipate. Mara ha però un sorriso particolare, che gli piace, e quella sua timidezza lo attrae.
Con sua moglie aveva dato tutto se stesso, si era impegnato a fondo e quando lei gli disse che lo lasciava perché voleva un figlio, dentro di lui si è lacerato qualcosa e ha capito che con nessun’altra avrebbe mai più potuto avere un rapporto così totale e coinvolgente, di dedizione assoluta.


Quando istintivamente ha baciato Mara e l’ha vista irrigidirsi, si è pentito di essersi lasciato andare.
Per fortuna ha il suo cane, con cui sa sempre come comportarsi e non gli chiede niente.



Capitolo secondo


A lui il proprio lavoro piaceva, si sentiva a suo agio nell’officina, anche il rapporto con i clienti non era mai stato difficile: se capitava qualcuno con troppe pretese o che criticava il suo modo di operare, era sempre riuscito a liberarsene senza conflitti. Succedeva a volte che un cliente si ritenesse più esperto e voleva si facesse come e cosa aveva in testa, ma lui adottava questa tecnica: se l’approccio del cliente lo disturbava diceva che era impegnato e che sarebbe dovuto ritornare la settimana successiva, era una mossa quasi sicura, difficilmente il soggetto ritornava…
Da molti anni non si faceva troppe domande sulla sua esistenza; in fondo aveva oltrepassato i 55 anni e aveva un’esistenza “normale”, molti amici erano rimasti fin dall’adolescenza, altri ne aveva conosciuti strada facendo, ma con tutti loro - uomini o donne che fossero - non aveva mai dovuto ripensarsi, mettersi in discussione: era profondamente convinto che se un rapporto lo metteva di fronte ad un ostacolo che riguardava il suo modo di fare, era un segno inequivocabile che quel rapporto non era cosa buona per lui, e così in modo naturale si interrompeva. In modo naturale o quasi, diciamo che, a volte, aiutava la natura a fare il suo corso…


Perciò non riusciva a capire perché da un po’ di tempo, senza che lui lo volesse e nei momenti in cui gli sembrava di essere più in pace con il mondo, gli tornava davanti agli occhi la figura di Mara: Mara che alcuni mesi prima era ricomparsa dopo più di trent’anni, e che lui si era ritrovato a desiderare come un adolescente, a pensarla, a mandargli sms con gli smile, a sperare che ….alla tenera età di 55 anni compiuti! Ma a sperare cosa esattamente? Lui non era solo, aveva una compagna da parecchi anni, Rossella, un rapporto sereno e stabile, s’intendevano bene: facevano coppia fissa ai tornei di bridge e avevano un ottimo affiatamento, erano anche abbastanza bravi e spesso vincevano, lui aveva dedicato allo studio del bridge molto tempo e i risultati lo gratificavano; nel privato con Rossella mai una sbavatura, ognuno aveva la propria casa, quasi sempre dopo il torneo per comodità rimaneva a casa di lei e facevano l’amore. Come era il far l’amore con lei? appagante, si trovavano. L’amava? a volte si rispondeva di sì, più spesso la domanda rimaneva senza risposta: se Rossella gli avesse detto “non ti amo più” dentro di lui cosa sarebbe successo? si rispondeva che il peggio era già successo con sua moglie e non si sarebbe potuto ripetere. Ma quando voleva essere sincero sapeva che questo voleva dire che lui non l’amava davvero.
Ma era ancora capace d’amare? ecco, era questa la vera domanda.
Da quando stava con Rossella era capitata qualche storia: lui non le cercava ma se capitava di incontrare una donna che mostrasse curiosità, desiderio nei suoi confronti, e che poi diventava affetto, perché sottrarsi? erano state esperienze che lo avevano sempre nutrito; era anche sicuro di non averle illuse, quando la storia finiva era per fine naturale, per entrambi, perché le donne che aveva avuto sentivano che non poteva andare oltre. E nessuna aveva tolto niente al rapporto con Rossella, si inserivano… come un di più.


Quando Mara era tornata in officina per un caffè e lui l’ha baciata, era convinto che potesse diventare una storia come le altre, si sarebbero fatti compagnia per un po’ e poi avrebbero ripreso altre vie. Invece Mara a quel bacio si irrigidì. Dopo lei gli scrisse una mail: ho avuto paura, tu non ne hai colpa. Però come si faceva a mantenere in piedi un rapporto con una donna che si spaventa per un bacetto dato sulle labbra! non poteva gestire le sue nevrosi! sicuramente lei avrebbe voluto una relazione seria e lui non era libero. Però gli dispiaceva che fosse finita così male, anche se non si capacitava del perché provasse quel dispiacere. Cosa aveva Mara da catturare i suoi pensieri?
Quando gli si affacciava il pensiero di Mara immediatamente risentiva dentro di sé il ragazzo che era stato, i suoi sogni, la grinta che aveva a vent’anni. E inevitabilmente toccava un grumo rappreso nel petto che gli toglieva il respiro e che non aveva mai voluto affrontare. In quei momenti gli balenava il pensiero che se non fosse entrato in quel grumo, si sarebbe portato per tutta la vita un disagio che lo inquietava. E avrebbe perso una parte di sé.
A volte, nel silenzio della sua officina, intanto che sostituiva una coppa dell’olio o le candele alla macchina del cliente di turno, provava a riandare con la memoria al periodo in cui l’aveva conosciuta. Era l’autunno del 1978, gli strascichi dei fatti avvenuti a Bologna in marzo dell’anno precedente erano ancora molto vivi: l’uccisione da parte della polizia di uno studente durante una manifestazione dei militanti di estrema sinistra, l’irruzione della polizia in Radio Alice e la sua violenta chiusura, le strade della città occupate dai carri armati e sotto sorveglianza armata dei celerini. Per chi era di sinistra e aveva vent’anni era inevitabile provare simpatia per i manifestanti e curiosità, anche, per le loro idee. Cazzo, dirlo adesso che si è stati in pratica annientati dalla storia sembra fin una cosa stupida, ma lui quelle idee non le ha mai abbandonate, anche se -gli costava ammetterlo- si era adattato, come tutti.
In quegli anni aveva amici militanti di estrema sinistra e, come si diceva, simpatizzava per loro, non si era mai impegnato in prima persona, ma il caso volle che si trovasse lì a parlare con loro durante un intervento della polizia nella zona universitaria il 13 marzo del ’77, in cui furono caricati e portati in questura a retate: si è fatto due notti in carcere, in attesa di essere identificato e dichiarato sostanzialmente estraneo ai fatti e quindi rimesso in libertà. Ma quelle due notti non le avrebbe mai più dimenticate. Per molti mesi a seguire gli succedeva di svegliarsi di notte, nel suo letto pulito e profumato, con l’angoscia di essere in carcere e di doversi difendere dagli altri detenuti. Quando arrivava a questo punto qualcosa più forte di lui gli faceva cambiare pensiero. E ogni volta così.
Quella mattina però se ne accorse e decise che voleva arrivarci in fondo, una volta per tutte.
Poteva essere il ricordo del carcere, troppo carico d’angoscia, a fargli distogliere l’attenzione? Però Mara in questo cosa c’entrava?
Quando a vent’anni entrò in carcere, incredulo che potesse essere successo proprio a lui e impaurito, si sentì trattato come un delinquente, offeso, prima di tutto dai secondini, che danno ordini perentori a voce alta e ti spogliano di tutto quello che hai; poi dai carcerati, per svezzarti, dicono: “non sarai mica una checca?!” e giù a toccarti nelle parti intime e mimare atteggiamenti che sai benissimo di non avere ma ti chiedi come possano avere il dubbio… Poi quando cominciò a guardarsi intorno li vide girare: gli scarafaggi. Due giorni e due notti trascorsi sveglio e attonito, a vedere solo grigi muri nudi e uomini abbruttiti; non aveva nessun contatto con casa, non sapeva se i genitori fossero stati avvisati, se fossero riusciti a tirarlo fuori di lì: doveva solo aspettare e sperare di svegliarsi e accorgersi che era un brutto sogno… aspettare... non riusciva nemmeno a pensare…oscuramente sapeva però che non poteva permettersi il lusso di smettere di sperare altrimenti sarebbe crollato e anche una volta fuori…
Sì quei giorni l’avevano segnato.
E Mara che c’entra?
Mara qualche mese prima gli aveva mandato una mail “sai che mi hai fatto conoscere tu Orwell e Boll? In quegl’anni non potevamo evitare di misurarci con quello che ci stava accadendo…ma tu in questi anni lo avevi capito che stavamo andando dritti allo sfacelo, culturale prima che economico, in cui siamo precipitati? io ne sono costernata. ma si apre un lungo discorso, magari avremo modo”
Invece il modo di parlarne, di confrontarsi, di scambiarsi il vissuto non c’è stato, il filo si è interrotto prima. Sì perché lui dopo la vicenda del bacio le aveva scritto che preferiva declinare il suo invito a cena. Così non si erano più visti né scritti.
Lui era uscito dal carcere, ma i suoi amici no, sono rimasti mesi, alcuni anche anni: atti eversivi, lancio di molotov, adunata sediziosa, le accuse. Li aveva rivisti tutti una volta usciti, alcuni li era andati proprio a trovare a casa: ma con tutti l’incontro era stato difficile, era come se non avessero niente da dirsi, lui in fondo si sentiva in colpa davanti a loro, perché era uscito subito… a ripensarci ora però, li aveva cercati solo dopo usciti, durante la loro detenzione non aveva scritto né aveva cercato di parlargli, era come se volesse marcare una distanza, io non sono come voi….. no, non era questo, non voleva ricordare quelle due notti in prigione, non voleva stare male…anche se non era militante era molto vicino a loro nei modi di pensare: non era forse vero che la rivoluzione economica e sociale portata avanti dai giovani nel 68 aveva subito un arresto anche a causa delle cautele della vecchia sinistra? non era forse vero che la crisi economica veniva fatta pagare sempre dai lavoratori mentre la corruzione della classe politica, la scelta di acquistare armi continuavano senza freni? che l’università continuava a essere selettiva per controllare l’accesso alla cultura? e non avevano ragione a voler creare strutture alternative all’interno dell’università, collettivi in cui discutere di tutto e svelare i meccanismi del potere?
Uscito dal carcere lui cosa aveva fatto? si era innamorato. perdutamente . della donna che, diversi anni dopo, era diventata sua moglie. un amore travagliato il loro, ripetutamente lasciati e ripresi poi sposati fino al definitivo divorzio, dopo 7 anni di matrimonio. Anche questo un altro magone della sua vita.
E Mara?
L’aveva conosciuta durante uno dei tanti abbandoni della donna che sarebbe poi diventata sua moglie. E avevano parlato della protesta degli studenti, si erano trovati d’accordo nel pensare che la lotta armata aveva dato il pretesto per schiacciare ogni spinta al cambiamento, che il grande fratello del potere aveva ripreso il sopravvento sulle vite di tutti. E ne parlavano con circospezione, quasi con timore, ma anche mezze frasi erano sufficienti per comprendere che erano dalla stessa parte. Dalla stessa parte… lui però non aveva mai raccontato a nessuno della sua esperienza in carcere……. e le sue idee su una società solidale, in cui ognuno dovrebbe avere a secondo delle necessità e capacità, su una società in cui nessuno sfrutta gli altri, che riconosce valore al lavoro, che questo che abbiamo non è l’unico mondo possibile ma si può e si deve lottare per una società più giusta…… lottare….. che fine aveva fatto fare ai suoi orizzonti? quasi si trovò a urlarlo che fine aveva fatto fare ai suoi orizzonti?
bastava giustificarsi dicendosi che erano stati sconfitti? se lui e quelli come lui e come Mara negli ultimi trent’anni non si fossero ritirati a vita privata oggi sarebbe diverso vivere in Italia?.... e l’altro suo magone, l’altra sua sconfitta, il sogno d’amore infranto, in che modo c’entra con l’aver rinunciato all’orizzonte?
Un nodo in gola gli soffocava il respiro. Calde lacrime gli rigavano le gote.


MARA


Aveva smesso in fretta di pensare a lui; dopo che le aveva scritto declinando l’invito a cena, Mara si era rassegnata ad aver perso un’occasione: sono stata una stupida a irrigidirmi per un bacetto. Ma così è. Le dispiaceva moltissimo che non fosse stato nemmeno possibile conoscersi, ma non voleva rimuginarci sopra, stava imparando a lasciar fluire il corso delle cose. Così come succede nella danza.


Come tutte le sere al rientro a casa, anche quella sera di parecchi mesi dopo accese il computer e scaricò la posta; un garbuglio di stupore incredulità gioia la pervase: c’era una sua mail
“Ciao! ti va di prendere un gelato? mi chiedevo se ti va di chiacchierare un po’… sullo sfacelo di questi anni … e gli orizzonti perduti…”




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Racconto scritto il 07/02/2014 - 17:21
Da valeria franchi
Letta n.1237 volte.
Voto:
su 2 votanti


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