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Clara al Parco

Il desiderio di rivedere il Parco nazionale montano era stato mio, lo confesso… Perché dico “confesso”? Amare un Parco naturale non è mica un peccato! Però la mia Claretta me lo faceva vivere quasi come una colpa:
- In alta stagione gli hotel costano un occhio della testa! E tu pretendi il “quattro stelle”!
- No, Clara, maggio non è ancora alta stagione, e poi è la tua amica d’infanzia, la tua “collega” Tea, a pretendere il “quattro stelle” con la lussuriosa colazione, quando parte! Tra lei e me tu fai un po’ di confusione…
- Sì, sì, sì… tu ti trinceri dietro la sua ingordigia per camuffare la tua, e anche il tuo desiderio di lusso! Gli amici di allora mi avevano messo in guardia, a suo tempo, ma io, giovanissima e innamoratissima, non capivo più nulla, e tu ti sei approfittato di me!
- Cara, dimentichi che ci volle persino il consenso dei tuoi genitori alle nozze, per la tua giovane età: altro che approfittare…
- Sì, sì, sì… Avrei dovuto divorziare vent’anni fa! Adesso purtroppo sono vecchia.
- Posso dirti una cosa? Sì? Tu dimostri ancora trentanove anni…
Claretta s’intenerì:
- Dici, caro? Non lo fai per adularmi? Mi vedi così giovane? Allora possiamo andare al Parco, però al campeggio, per risparmiare e avere una vacanza diversa!
- Clara! Non usiamo la tenda da vent’anni almeno!
- E allora? Sono certa che è ancora come nuova! Se vuoi andare lì, a mille e duecento metri di altezza, dovrai accontentarti…
* * *
Partimmo con l’auto familiare e il portabagagli stipato con la tenda e tutti gli accessori per dormire e cucinare, nonché un bel po’ di provviste, perché “lì non c’è un supermercato di fiducia ed economico”, aveva detto Clara.
Appena fummo in autostrada, la mia dolce metà mi vide troppo contento e allora mi chiese:
- Eugenio, perché chiami Tea la mia amica?
- E’ più breve di Teodora…
- Perché non la chiami Dora come tutti?
- Non lo merita, non da me. Inoltre hai riflettuto che “tea” in inglese significa tè e questo soprannome si addice benissimo a una col naso all’insù e il sangue azzurrognolo come lei?
- Non ci avevo pensato… Bene, ti do il permesso di continuare a chiamarla Tea, ma non davanti a lei o a Gianni.
Questi discorsi molto culturali continuarono per l’intero viaggio, a singhiozzo, perché la mia simpatica consorte ama guardare il paesaggio e anche collaborare alla guida avvisandomi su tutti i rischi delle strade percorse.
Quando cominciammo ad arrampicarci sui monti, rallentai e ci godemmo i vari scorci verdi intorno a noi.
* * *
Ovviamente a maggio il campeggio era ancora chiuso e inattivo. Timidamente proposi un Bed & Breakfast molto conveniente. Il mio tesoro ribatté:
- Non se ne parla nemmeno! Non ho caricato l’auto per passatempo! Ci accamperemo ai margini del bosco, fuori vista.
Cenammo sotto le stelle, riscaldati da un piccolo fuoco che avevo acceso per la temperatura fresca e per tenere lontani qualche lupo o qualche orso, non si può mai dire. Sapevo che accendere fuochi nel parco è vietato, ma quella era una situazione di emergenza. Eventualmente avrei pagato la multa, sperando che costasse meno dell’hotel.
In mancanza di TV ci mettemmo a ricordare i vecchi tempi, quando andavamo in campeggio pieni di sogni e di speranze. Calcolammo anche che la maggior parte di quei sogni si era realizzata. Commentai:
- Siamo stati fortunati.
Clara invece disse che “tutto” era stato frutto della sua saggezza e della mia ubbi… ehm, collaborazione. Preferii non ribattere, per non interrompere la magia di quella sera. Lei osservò il cielo:
- Quante stelle si vedono da qui! Migliaia…
Era vero, e io la guardavo in viso, alla luce tremolante del fuoco che si stava spegnendo, e un languore mi riempiva il cuore, e il mio sguardo scendeva sul suo bel collo, sull’accenno di scollatura, sul suo seno formosetto, sulle sue piccole mani, dispensatrici di tante carezze, quando voleva.
- Hai lo sguardo languido… - mi disse sorridendo. Io risposi:
- E’ il profumo di questi fiori selvatici.
Lei scosse il capo. Io chiesi:
- Hai messo “quel” profumo?!
Annuì. Mi dichiarai stanco e le chiesi di coricarci dentro la tenda. Non mi accorsi che stavamo lasciando tutto sul tavolo, compreso un barattolo di miele aperto.
* * *
Mi svegliarono i rumori, ma non riuscii ad alzarmi subito, cosa che invece riuscì a fare Clara, che aprì un po’ la tenda e cacciò un urlo di terrore. Al che mi svegliai completamente e uscii in tempo per vedere un orsetto che si allontanava impaurito dall’urlo di Clara. Il tavolino da picnic era cosparso di miele.
Clara, più arrabbiata che spaventata, non si contentò di vedere l’orsetto fermarsi a debita distanza, ma prese la pesante padella comprata su internet, lo raggiunse e gli diede un colpo sul sedere.
Era il momento di scattare una foto e lo feci, curando di inquadrare sia l’orsetto che Clara con le mani sui fianchi.
La mia mogliettina tornò soddisfatta. Io invece notai che mamma orsa era uscita dal bosco e si avvicinava speditamente per avere soddisfazione. Afferrai Clara per un braccio:
- Corriamo alla macchina.
Arrivammo prima dell’orso, entrammo e avviai il motore mentre un bestione di due metri ci raggiungeva e dava una zampata alla carrozzeria, sopra la ruota posteriore destra.
In paese osservai i danni: tre graffi profondi, ma non passanti. Clara disse:
- Con questo fregio è più bella di prima… però adesso devi recuperare a tenda e l’attrezzatura.
- Sei matta?
- Non preoccuparti, ti difenderò io.
E andò a comprare un fucile a piombini.
Tornammo guardinghi sul posto: la tenda era distrutta, ma in cinque o sei rapide incursioni riportai in auto tutto il recuperabile, senza che Clara dovesse usare la sua “arma”.
Io sono un ottimista e l’aspetto positivo fu che andammo a stare al B & B a un prezzo conveniente, compresa una ricca colazione. Per gli altri pasti trovammo una buona trattoria che offriva piatti tipici del luogo.
Sulla via del ritorno Clara commentò che era stata una vacanza favolosa, che l’aria di montagna mi faceva bene e che adesso lei aveva un mucchio di avventure da narrare alle sue comari quando prendevano il tè tutte insieme da Tiffany…
E c’era anche una foto a riprova del suo coraggio!


F i n e




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Racconto scritto il 30/04/2014 - 10:54
Da Michele Fiorenza
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