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Clara ad Amsterdam

Forse tutto cominciò il giorno in cui… il postino recapitò un pacchetto con spese a carico del destinatario.
- Chi lo manda? – chiesi, e guardai il nome del mittente. Feci una smorfia e tirai fuori il portafogli, sbalordendomi per l’importo pronunciato:
- Così tanto?
- E’ quasi due chili, viene dall’estero e per giunta è assicurato…
Il postino non riusciva a trovare il resto e glielo lasciai a mo’ di mancia. In fondo è facile comprare la simpatia e la disponibilità di una persona: bastano un paio di euro.
Rientrato in casa, mi recai nello studio di Clara, che, pensionatasi con largo anticipo per via di un paio di millantati acciacchi, stava scrivendo le sue memorie. Mi accolse con l’abituale dolcezza:
- Ecco! Mi hai fatto perdere l’ispirazione! Spero che tu abbia una valida giustificazione…
Le consegnai la giustificazione, precisando:
- Lo manda Chiara dall’ Inghilterra.
La gemella di mia moglie non si era più fatta sentire da quasi un anno, dopo la sua improvvisa partenza, carica di gioielli non suoi.
Aperto il pacchetto, ricomparvero proprio i gioielli di Clara, la quale disse:
- Li ha restituiti! Sai, glieli avevo prestati io…
Finsi di crederle, chiedendo:
- Ci sono tutti?
- Sì, anzi c’è un medaglione in più… Cara, cara la mia sorellina! Potrò esibirli quando andremo a teatro…
La mia Clara li poté sfoggiare soltanto un paio di volte, perché poi partimmo per quel viaggio ad Amsterdam, prenotato ben tre mesi prima.
* * *
Il tempo era bellissimo e la città tutta fiorita. I canali mi ricordavano la Venezia del nostro brevissimo viaggio di nozze e io rapidamente acquisii un sorriso che le vetrine mi mostravano ebete, e uno sguardo languido, ma così languido che sembravo un altro. Clara diceva:
- Ti trovo ringiovanito…
Dopo il settimo museo e il quattordicesimo canale cominciai ad accusare un po’ di stanchezza:
- Cara… Tesoro… Non possiamo cambiare un po’ i nostri giri?
- Certo, amore! Nel pomeriggio, dopo aver pranzato al ristorante viennese, andremo a fare shopping!
- E la sera magari un’occhiatina al quartiere a luci rosse…
Clara mi osservò furente, strinse le labbra, poi disse:
- Tesoro! Che bisogno c’è? Posso fartela io in hotel la bella statuina!
In ogni caso quei programmi saltarono, perché…
A un tratto una ragazza sull’altro lato del canale, ma più vicina al ponticello, chiamò la mia Clara, poi fece due passi in avanti, inciampò nel basso fermapiede e… cadde in acqua!
- Buttati, Eugenio, buttati!
Mi voltai a guardarla sbalordito, perché non era da lei preoccuparsi tanto per il prossimo.
- Buttati! – e in pratica mi spinse in acqua.
La donna, che risultò non essere tanto giovane e invece aveva un viso che conoscevo, riusciva a stare a galla. La sostenni e accompagnai all’argine, dove due baldi giovanotti allungavano le braccia da sopra l’argine stesso e la sollevarono di peso, poi sollevarono me. Intanto giunse Clara:
- Chiara, Chiara! Come ti senti?
Di me invece si occupò una negoziante che portò due accappatoi e due asciugamani. Dopo aver pagato, tornammo in hotel. Naturalmente Chiara alloggiava nel nostro stesso hotel.
Lungo il percorso verso piazza Rembrandt, Clara mi disse soltanto:
- Doveva essere una sorpresa…
Io pensai che la vacanza era ormai rovinata.
Le due ragazze di turno alla reception non riuscirono a trattenere un sorriso; quella che parlava un po’ di italiano disse:
- Siete caduti in acqua… Sa, succede spesso.
Dopo la necessaria doccia Clara mi confermò che voleva andare al ristorante viennese. Alla mia incertezza precisò:
- Prenderemo un menù a prezzo fisso.
Chiara scelse il menù da 99 euro, bontà sua, e Clara la imitò. Io ripiegai su quello da 49 euro. Commento finale di Clara:
- Abbiamo mangiato benissimo! E in fondo abbiamo speso soltanto ottanta euro a testa!
Mi sentii in dovere di precisare:
- Comprese le bevande e le mance, quasi cento!
- Dettagli… - disse Clara.
La notizia positiva fu che Chiara conosceva bene la città, che era venuta “soltanto per abbracciarci” e sarebbe ripartita il mattino seguente; quella negativa fu che suggerì a Clara di comprare “qualcosina” alla fabbrica di diamanti suggerita da lei.
In breve la mia Claretta comprò un bel solitario che io le avevo promesso da tempo e due pietre più piccole per gli orecchini (che lei non porta quasi mai). Tentai di oppormi:
- Tesoro, tu non li porti, gli orecchini…
- Caro, con l’età che purtroppo mi ritrovo, devo necessariamente “apparecchiarmi”.
Dulcis in fundo, la mia consorte comprò anche sette brillantini “piccoli piccoli” per farli incastonare su un braccialetto dal nostro gioielliere di fiducia.
Quando andai a pagare, ottenendo a stento uno sconticino, constatai che più di metà del costo era dovuto al solitario. Questa constatazione, vista la promessa, e il fatto che la mia carta di credito tutto sommato resse al colpo, mi consolarono un po’.
I diamanti con il loro sacchetto finirono nella mia tasca segreta. Per fortuna Chiara non volle regalato nulla e anzi quella sera offrì lei la cena.
Quando finalmente io e Clara ci ritrovammo soli in camera, la mia dolce metà mi disse:
- Hai visto che sorella? Mi ha fatto comprare molto bene e ha pure ricambiato la cena!
- Clara, era un panino e una birra!
- Dettagli… Ogni fiore è segno d’amore.
Poi volle che le consegnassi il sacchetto con i preziosi.
Il mattino seguente, al binario del treno per l’aeroporto, abbracci, baci ed effusioni varie soprattutto tra le sorelle. A me sembrò che Chiara esagerasse un po’.
La cosa fu più evidente dopo la partenza, quando la mia Claretta si accorse di essere stata alleggerita del sacchetto con i diamanti.
La lasciai nel suo stato di angoscia per la dolorosa perdita e per il tradimento della sorella sino a quando non fummo nuovamente in camera per cambiarci.
A quel punto tirai fuori il solitario, dicendo:
- Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio!
Clara mi abbracciò con forza e riconoscenza. Forse potevamo anche tornare al ristorante viennese, previa accurata predica sui menù. In fondo sapevo bene che la mia compagna di vita poi si sarebbe adeguatamente sdebitata.


f i n e




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Racconto scritto il 29/05/2014 - 19:08
Da Michele Fiorenza
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