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IL DIALOGO

Le istruzioni sono:

Immaginate un marito e una moglie o comunque una coppia di innamorati. Attribuite loro nomi e caratteristiche. Uno dei due sospetta che l’altro l’abbia tradito e l’altro, in effetti, è colpevole. Scrivete un dialogo (attenzione: proprio un dialogo) tra i due, in cui non si parli direttamente del tradimento, che deve restare tra le righe. Non entrate mai nei pensieri dei personaggi e mantenete la conversazione su argomenti futili. Il finale invece deve essere vicino alla realtà … perché qualcosa deve succedere.


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Il profumo delle orchidee

“Perchè ti alzi? Non è forse presto?” chiese l’uomo lasciando tuttavia che la donna che si trovava al suo fianco si alzasse dal letto che condividevano.
“Sì, ma non ho più sonno.” rispose lei con tono privo di intonazione.
“E non puoi restare?”
“Non posso.” ribeccò semplicemente la donna avviandosi verso il davanzale.
“Mi ami, Clara?” chiese lui poco dopo conoscendo già la risposta.
La vera risposta. La donna dai capelli neri lunghi e ondulati si strinse nella vestaglia sedendosi sul marmo bianco e freddo del davanzale.
“Ti amo, Enrico.” disse con voce tremante.
L’uomo si alzò dal letto e si avvicinò alla donna. Guardò l’orologio a pendolo sul pregiato comò della loro camera da letto. Si trattava di una stanza elegante e dorata, una gabbia ben arredata, sfarzi che servivano a nascondere il ferro freddo e sporco di quella prigione. Guardò sua moglie osservare romanticamente il cielo nero della notte. Clara era una delle nobildonne più belle della contea, una donna fiera ed elegante come una leonessa dalla singolare criniera corvina, una donna intelligente dal cuore estremamente fragile. Un cuore che con superbia credeva di essere riuscito a mettere sotto torchio. Si era accorto con i propri occhi di non esserci riuscito. Non si considerava più così potente… .
“Cosa guardi?” chiese lui ormai vicino al suo esile e bellissimo corpo.
“Guardo i fiori del giardino.” disse abbozzando un sorriso.
Erano cespugli di rose rosse che il conte Riccardi le aveva donato per il suo compleanno. Era un uomo gentile e affascinante, un conoscente di vecchia data… .
“Riesci a vederli anche da qui e con questo buio?”
“Sì, ci riesco. Quando qualcosa ti preme la cercheresti e riconosceresti tra mille, Enrico.”
“Non sapevo ci tenessi così tanto. Sono solo delle rose rosse.”
“Non capisci.”
“Certo che non capisco. A te sono sempre piaciute le orchidee il loro profumo.”
La donna ingoiò il vuoto prima di parlare.
“Ora mi piacciono le rose rosse.” disse scostandosi.
Clara si alzò allontanandosi da lui, sperando di riuscire a calmare quel furioso battito del cuore. Enrico aveva il potere di suscitare la tensione anche nel cuore più pacato del mondo! Erano forse quegli occhi scuri e indagatori. Erano forse la sua altezza e le spalle ampie a dargli quasi l’aspetto di un mostro minaccioso. Eppure pensava di amarlo, di essere riuscita in quell'intento sebbene non era stata sua la volontà di sposarlo… .
“Sì, ora capisco. Sei stata educata a non rifiutare mai i regali, anzi, sei sempre stata una donna che ama esibirli, non è vero Clara?” chiese con una nota di stizza.
La corvina si girò incapace di nascondere lo stupore. Come aveva fatto a capire? Enrico si girò per non perdersi lo sconcerto su quel viso bello come se fatto di porcellana.
“Io…mi piacciono quelle rose.”
“Anche il conte che te le ha regalate…” disse incapace di continuare a divagare.
“Sei ingiusto. Mi stai forse accusando?” chiese con voce tremante ormai consapevole di non poter più mentire.
A lui non si poteva negare la verità.
“E tu mi credi tanto stupido?”
“Non fatemi la morale, marchese.” sbottò prendendo le distanze anche nei termini “siete un lupo solitario che sbrana pecore da molto più tempo di me.”
“Peccato che da quando vi ho conosciuta, marchesa, abbia smesso di essere un lupo solitario e abbia desiderato crearmi un branco tutto mio.”
Clara rabbrividì tornando a stringersi nella sua veste. Il cuore perse un battito quando Enrico, con sole due falcate, la raggiunse. Erano così vicini che lei poteva sentire il respiro di lui solleticarle la pelle. Era indubbio che tra di loro ci fosse forte attrazione che lei però aveva confuso con l’amore. Ma era davvero solo un piacere fisico quello che gli occhi di lui riuscivano a darle con un solo sguardo? Aveva sempre saputo chi fosse Enrico, che vita lussuriosa conducesse eppure…eppure doveva ammetterlo: non era più il giovane uomo di cui aveva tanto sentito parlare. Lei invece…lei era andata contro tutti i suoi principi… .
“Sei diventata una leonessa alla quale piace andare a caccia, Clara?”
Abbassò il capo sconfitta da quella macchia che l’avrebbe resa sporca per tutta la vita. Enrico non poteva perdonarla. Non era da lui, dall'uomo orgoglioso qual era.
“O forse sei l’orchidea che non ho saputo apprezzare fino in fondo al punto tale da farle credere che fosse più bello diventare una rosa?”
“Cosa stai dicendo?” chiese con timore senza avere ancora il coraggio di alzare lo sguardo.
“Sto dicendo che sono stato assente, che non ho mai creduto che tu potessi amarmi, che il matrimonio di circostanza non ti sarebbe mai andato a genio. Eppure ora che non ti sento mia…che non sei più mia…non posso smettere di pensare quanto sia doloroso l’idea di averti perso.”
“Sono diventata come tutte le altre che frequentavi? Vuoi dire questo?” disse trovando finalmente la forza di sfidare quegli occhi scuri come la notte che si stavano lasciando alle spalle.
“Sto solo dicendo che sono furioso come un belva, ma la tua pelle…la tua pelle sa ancora del tuo profumo preferito.”
Clara trovò la forza di ridere scostando lo sguardo verso un mobile in legno pregiato e lavorato sul quale, tra i tanti gioielli, vi era quella boccetta blu notte che conteneva un’essenza alle orchidee.
Girò ancora il volto trovandosi dinanzi quello virile del suo uomo e in quell’istante capì quanto fosse stata sciocca e superficiale. No, non l’avrebbe mai perdonata, ma almeno…almeno poteva sperarci. Lo fece nello stesso istante in cui Enrico poggiò le labbra sulle sue e le circondò il viso con le mani come se avesse voluto cingerle tutto il corpo. In quel momento sentì ogni dubbio svanire, ogni paura crollare e sperò che davvero un giorno lui riuscisse a perdonarla.


Il giorno dopo…
Clara stava passeggiando con un’amica in giardino. Parlavano del più e del meno, di tutte quelle civetterie tipicamente femminili. Si avviarono involontariamente verso il giardino. Quel mattino il signor Antonio era molto impegnato: non faceva altro che andare avanti e indietro con la sua carriola!!
“Signor Antonio, riposate un secondo!” sbottò preoccupata Clara vedendo che l’uomo si muoveva con una certa fretta.
“Non posso, marchesa. Il marchese mi ha chiesto di sradicare questi cespugli di rose entro la mattinata e di sostituirle.”
Clara sorrise divertita e compiaciuta.
“Come mai?” chiese l’amica guardando l’uomo come se l’ordine fosse dipeso per colpa sua “erano delle rose così belle, di un rosso fuoco che meravigliava.” sbottò evidentemente contrariata “Con cosa le potrà mai sostituire?”
“A me ha detto di piantare delle orchidee, ma non so il motivo.”
Clara abbassò il capo sorridendo emozionata. La sua amica invece era davvero sconcertata.
“Orchidee?!? Mha, cosa avranno di bello in confronto alle rose io davvero non lo so… .”




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Scrittura creativa scritta il 17/02/2015 - 20:12
Da Anna Di Maio
Letta n.1259 volte.
Voto:
su 8 votanti


Commenti


Molto elegante e con un tocco di retrò che mi è piaciuto veramente tanto!! Davvero brava Anna, complimenti!!

Chiara B. 20/02/2015 - 14:00

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Altri tempi!Oggi le cose non vanno proprio così. Ed è proprio questo che mi piace. Ricondurci non al buonismo o al perdono , ma alla compostezza, alla signorilità nei rapporti ma senza ipocrisia o facciate di comodo. Errare è umano ed aggiungo perdonare è cristiano. Personalmente, da separato e meridionale, avrei mollato tutto. Mi è piaciuto tantissimo. Brava.
Ciao Luciano

luciano rosario capaldo 18/02/2015 - 10:49

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Molto bello...un racconto d'altri tempi scritto con eleganza...eccellente narrazione. Brava. ciaociao

. Focus 18/02/2015 - 09:46

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