Inizio


Autori ed Opere


Ultime pubblicazioni

ESSERE POETA...
IMPERFETTO...
In là piovorno...
Una poesia per Paler...
Se perdo di sostanza...
Chiedo...
Occhi chiari...
Stanotte...
Probabilmente...
LA FANTASIA DI ANA...
Sono Solo Attimi...
Una foto. ...
Nati d'aprile...
RINASCITA...
Con me...
Cimeli...
All'imbrunire della ...
Il suono di un singh...
Cha-cha-cha...
Diavoleto...
Il Garofano...
Abbraccio è avere l...
FAME D' AMORE...
l\'ignoranza...
Il calcio da aprile ...
Passaggio terreno...
Color viola....
Il mio sentire...
30 aprile (Concorso ...
Nonna BaCoN...
Stropiccio e strizzo...
Si fa bruma...
Agosto...
La donna del poeta...
Il coraggio di amare...
Verso l'ignoto...
Sul far nemboso...
Mora...
Non chiudiamo O.S....
LA NOTTE...
Cattive virtù...
Al webmaster Mauro...
La goccia si posa...
Risorto è chi trova ...
Villamar...
Il nuovo giorno...
Quasi a gocciare...
Il dolore non si est...
Il Treno...
AU.F.O...
Vicoli ombrosi...
API...
ETEREO...
La sindrome del nido...
Addio al nuovo giorn...
Ritornare sui propri...
AMORE DOLCE OPPR...
HAIKU 41...
Elfchen...
CANTO...
Quando ti scrivo...
Sa spendula...
Donna senza volto...
In bici per le colli...
Voleva essere un dra...
Còlubri...
Lunedì mattina...
CHE AFFANNO QUEST...
Necessità...
SBAGLIANDO...
Tutto è relativo...
Il rumore dell\'addi...
Commiato...
Si chiude un capitol...
Vittorio...
Versi sul Passaporto...
Nel foyer dell’alba...
Ascolta Cielo...
Incombe il sonno...
Noi l'immenso...
L’ultima goccia...
VOGLIA DI VOLARE...
L\\\'uomo ballerino...
Sedoka - 3...
L'odissea di un poet...
Addio Oggiscrivo...
SUPEREROE...
La dimora dell'anima...
Intonaco battuto a m...
Passo sospeso ( Reda...
Rifiniture...
Resilienza...
PIZZICAGNOLO...
Oasi di scrittura (...
Echi di un Tempo Pas...
Mario...
PAROLE...
IMPENETRABILE OCE...
Ciglia che sorridono...
Il sogno di Anna...

Legenda
= Poesia
= Racconto
= Aforisma
= Scrittura Creativa


Siti Amici


martiniadriano.xoom.it lecasedeipoeti.blogspot.com

UNA CENA PARTICOLARE

Le istruzioni sono:

Scrivi un racconto che abbia come argomento "Una cena particolare"


~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

PIÙ FORTE DEL TEMPO

Quella sera era rientrato prima dal lavoro. Aveva una cena importante. Ai colleghi non aveva detto niente ed era schizzato via dall'ufficio, con un sorriso enigmatico. Non avrebbe mai potuto spiegare quello che gli stava accadendo, ed in realtà egli stesso faticava a capire, era soprattutto la sua parte razionale, a rifiutare quegli avvenimenti. Ma erano poi da rifiutare? Quella domanda lo torturava, mentre con aria critica valutava l'abito, che avrebbe dovuto indossare. Il primo impulso fu quello di rigettarlo nell'armadio, ma desistette ripensando alla fatica che aveva fatto, per procurarselo. Ancora ricordava la breve conversazione che aveva avuto col proprietario del piccolo negozio del centro.


<<Le serve per una festa in maschera?>> Aveva chiesto questi, stupito.
<<Be'...sì...qualcosa di simile.>> Aveva risposto imbarazzato.
<<Ah!>> Era stato l'unico commento dell'altro.
Non aveva replicato e come avrebbe potuto? Si era limitato a pagare il suo acquisto, e a lasciare il negozio di costumi teatrali in tutta fretta.


Ormai era vestito a metà. Si guardò allo specchio. Aveva un'aria ridicola. Tutta quella storia, era ridicola. Pensò in un moto di rabbia, ma poi gli tornarono in mente, i profondi occhi color nocciola e le labbra di rosa, che lo avevano stregato sin dal loro primo incontro, ai piedi della statua in giardino. Sorrise al ricordo dei primi giorni, quando faticava ad arrendersi a quella pazzia, non che l'avesse accettata del tutto, ma sapeva che non era ancora pronto per rinunciare, a quel sorriso dolce e a lasciar perdere quell'intricata storia. Fece il nodo alla cravatta. Era alta. Non riusciva quasi a respirare. Ma come diamine si faceva ad indossare un indumento simile? Guardò il suo riflesso, fece una smorfia, ed uscì.
Le scale di legno scricchiolarono al suo passaggio. Si era sempre considerato un uomo pratico e poco incline ai sentimenti, ma da quando aveva conosciuto Elisabeth aveva dovuto ricredersi.
Attraversò il giardino in tutta fretta. L'imponente angelo in marmo torreggiava sul giardino. Stava calando la sera e il suo volto, dal sorriso enigmatico, era in ombra. Jason gli lanciò solo una fugace occhiata, mentre passava distrattamente le dita, sull'iscrizione in pietra della base. Conosceva a memoria quelle parole: “l'amore perduto, sarà ritrovato, se due cuori sapranno parlarsi al ritroso del tempo e del fato, quando il futuro sarà il passato”. L'ultima lettera scattò. Aspettò che il passaggio si aprisse e facendosi animo, l'oltrepassò. La porta di pietra si chiuse, e per qualche istante il buio lo avvolse. Fu preso dal timore. Era la prima volta che usava il passaggio, fino a quel momento era sempre stata Elisabeth, ad andare da lui. E se fosse stata solo un'illusione? Finalmente, una luce gli apparve, alla fine di quello che sembrava una sorta di corridoio.
Era nel giardino. Di nuovo. Quasi tremò, guardandosi attorno. Ora capiva perché la prima volta che l'aveva vista lei stava piangendo, e i suoi occhi sembravano smarriti. Ad una prima occhiata non si vedeva la differenza, ma la si percepiva. Se ancora avesse dubitato della situazione, quell'esperienza avrebbe fugato ogni dubbio. Sentiva di trovarsi in un'altra epoca, in un altra dimensione. Chiuse gli occhi un istante. Li riaprì. Si diresse velocemente all'entrata principale, prima di cambiare idea.


Un serioso maggiordomo, lo guidò verso uno dei salottini al pian terreno. Gli tremavano le mani. Sapeva di essere atteso. In quel momento avrebbe voluto scappare. Lui amava Elisabeth. Contro ogni logica, l'amava. Ora lo sapeva. Nessuno si sarebbe sottoposto ad una tale tortura, se non per amore. Per un attimo gli mancò il coraggio. Come poteva, presentarsi al padre di lei ben sapendo che non presentava neanche l'ombra, dei requisiti che egli ricercava, nel corteggiatore della figlia? Ben sapendo che egli aveva già individuato il candidato ideale, sebbene questi non si fosse ancora dichiarato apertamente? Ma l'aveva promesso ad Elisabeth.
Il maggiordomo aprì le porte, prima che egli riuscisse a venire a capo dei suoi stessi pensieri. I volti dei presenti guardarono nella sua direzione, all'annuncio del maggiordomo. Si sentì morire. Elisabeth era bellissima, gli occhi apparivano ancora più grandi e luminosi, alla luce delle candele. Avrebbe voluto stringerla a sé, ed invece strinse le mani a pugno. Le braccia tese, lungo i fianchi. Lei gli appariva ancora più fragile del solito nell'ampia crinolina, riccamente ricamata. Anche gli abiti degli altri erano ricchi e sfarzosi. Si sentiva a disagio.
Gli occhi del padre di Elisabeth lo puntavano, simili a quelli di un lupo che aveva fiutato la preda.


Avrebbe voluto allentare la cravatta e il colletto della camicia, in qualche modo. Si sforzò di concentrarsi sul cibo. Fu vano. Aveva rinunciato già da un pezzo, a capire quali pietanze gli propinavano, e poi l'atmosfera non era tale da fargli apprezzare il cibo.
Le candele spargevano la loro luce irrequieta, illuminando fiocamente la sala, e i volti dei commensali. Sudava freddo. Elisabeth era perfetta. Provò una fitta al cuore. Quella cena era una prova assai ardua, considerando anche che tra gli invitati, due coppie e un gentiluomo, oltre a lui certo, vi era il candidato scelto dal padre di Elisabeth, il corteggiatore perfetto. Era un uomo gradevole, dovette ammettere a denti stretti, mai a corto di argomenti.
Intanto i piatti vuoti venivano sostituiti con nuove pietanze. Jason si sforzava di apparire calmo e rilassato. Sotto al tavolo, nascondeva le mani strette a pugno. La gelosia e la rabbia stavano impadronendosi di lui, con la complicità del vino che non si svuotava mai, quasi fosse il trucco di un illusionista. Trovava strano cenare con un solerte cameriere, alle spalle, sempre pronto ad intervenire.
La cena gli parve interminabile, come le portate che si susseguivano sempre più elaborate, dalle zuppe agli arrosti, alle pietanze in fricassea, ai contorni, fino ai dolci, torte, crêpes, e altre elaborate preparazioni. Fu sorpreso di trovare anche qualcosa che somigliava ad un sorbetto.
La cena finì. Cominciò l'incubo.
Le donne si ritirarono nel salottino, mentre gli uomini si sarebbero attardati per il porto. Lui vide Elisabeth, allontanarsi accanto alla sorella, seguita dalla madre e dalle altre due ospiti. Provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco, a quella vista.
Era arrivato il momento della verità.


Si erano spostati nello studio del padre di Elisabeh. Un locale con le pareti di legno che toglieva l'aria, tanto era denso del fumo dei sigari, e dei discorsi che procedevano a briglia sciolta. Jason si sentiva un pesce fuor d'acqua. Stava contro la finestra, vicino alla libreria. I pensieri gli si affollavano in mente. La cena era stata una tortura, quel rituale era un inferno. Il bicchiere lo teneva in mano, senza bere. In tutta la sua vita non aveva mai avuto le idee così chiare. Si staccò con lentezza, dal suo rifugio d'ombra. Fino ad allora era stato in silenzio, raccogliendo le occhiate del padre di Elisabeth. Elisabet, e avvertì un tuffo al cuore. Sapeva che l'avrebbe persa, e non poteva permetterlo. Non lo avrebbe permesso. Non sarebbe mai uscito vivo da una situazione simile, ma non avrebbe mai rinunciato a quell'amore, così irreale e tenero, da annodargli il cuore.
Il “fidanzato” perfetto, con eleganza conduceva il suo show. Avrebbe dato qualsiasi cosa per strappargli quel sorriso soddisfatto.
Poi, qualcosa nel discorso catturò la sua attenzione, e gli tornarono alla mente le lezioni di storia. Eccolo il bandolo della matassa, lui aveva un vantaggio sugli altri, pensò e un luccichio malizioso gli si accese negli occhi. Parlando lentamente, assaporando ogni vocabolo, si mise a confutare ogni parola dell'altro.
<<Ben detto, figliuolo.>> Lo interruppe il padre di Elisabeth.<<Parlate poco, ma avete una buona padronanza degli argomenti.>> Centro! Pensò Jason, trionfante. Usare la sua conoscenza del “futuro” era giocare sporco? Be' come si diceva...in amore e in guerra... e lui era in guerra per salvare quel suo fragile amore.
Ringraziò, del suo commento, il padre di Elisabeth con un sorriso, ed un lieve inchino del capo.


Una delle ospiti, sedeva al piano. Jason aveva raggiunto Elisabeth. Era riuscito ad avere un colloquio con il padre di lei, e ad uscirne vivo, neanche lui sapeva come.
Fu la volta di Elisabeth di mettersi al piano, lui la seguì con lo sguardo. Era la prima volta che aveva occasione di sentirla. Fu stupito dalla sua bravura, fu ammaliato dalla sua dolcezza. Di tanto, in tanto si voltava a guardarlo sorridendo, e lui non poteva che ricambiare quel sorriso. Non aveva più dubbi. Lei era l'unica che riusciva a capirlo e a disorientarlo, anche. Certe volte gli sembrava un rompicapo, altre un libro aperto, ma ora capiva che l'amava incondizionatamente, per la meraviglia, che le leggeva nello sguardo quando le accadeva qualcosa di bello, ma anche per la sua determinazione e l'infinita dolcezza.
Quando la melodia finì, Jason si offrì volontario per scortarla dal pianoforte, fino al divanetto, cogliendo l'occasione per poterla sfiorare. Non avrebbe mai pensato di dirlo, ma era stata una bella serata, ora che lei gli era vicino. Aveva accettato quell'invito per provarle che ci teneva, ma anche per poterla osservare nel suo mondo, e aveva finito per innamorarsi perdutamente.


Elisabeth lo accompagnò alla statua. Era semplice, doveva ritornare a casa. Certamente l'avrebbe rivista, non appena lei fosse riuscita a raggiungerlo, tanto più che lui il giorno dopo non avrebbe lavorato, eppure lasciarla non era affatto semplice. Le stelle illuminavano, pallidamente la notte. I profumi erano più carichi ed intensi, ed Elisabeth, tutto quanto avrebbe potuto desiderare. Fece due passi avanti, la prese tra le braccia e la baciò.
Fu un'esperienza intensamente sconvolgente. Stringerla era perfetto, gli sembrava di essere completo, per la prima volta in vita sua, e non gli era mai successo con nessun'altra donna. La strinse più forte, le loro bocche si cercarono avidamente. Poi dovettero staccarsi.
<<Oh Jason, dovete proprio andare?>> Chiese a fiato corto.
<<Non vorrei.>> Le rispose d'impulso.
<<Oh, davvero?>>
<<Io vi amo, Elisabeth.>> Lei arrossì.
<<Anch'io.>> Fu un sussurro impercettibile, ma egli lo udì.
Il passaggio scattò, alle loro spalle, sebbene loro non si fossero mossi. Si era chiuso. Per un attimo egli si sentì perso. Poi lei gli si avvicinò, posandogli una mano sul braccio.
<<Oh, Jason!>> Esclamò. Lui sorrise.
<<Non vi preoccupate.>>
Tornò a baciarla. Ora che aveva trovato l'amore della sua vita, che aveva ritrovato l'altra parte di se stesso, non gli importava di nient'altro.


L'opera è frutto della fantasia dell'autrice,ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale.




Share |


Scrittura creativa scritta il 24/12/2015 - 16:15
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1016 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Un bel racconto, avvincente, sino alla fine... brava!

Carla Davì 27/12/2015 - 19:36

--------------------------------------

Una fervente fantasia che cattura il lettore in una piacevole lettura. Scritto molto bene come sempre cara Marirosa, complimenti e Felice Natale

Anna Rossi 25/12/2015 - 04:27

--------------------------------------


Inserisci il tuo commento

Per inserire un commento e per VOTARE devi collegarti alla tua area privata.



Area Privata
Nome :

Password :


Hai perso la password?