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Scrivi una storia con questo inizio: Non m’era mai capitato di restare senza un soldo in tasca. Non potevo comprare niente e non avevo più niente da vendere. Finché ero in treno mi piaceva rimirare il tramonto sulla pianura, ma adesso mi lasciava indifferente e faceva tanto caldo che aspettavo con ansia il calare della sera per stendermi a dormire sotto un ponte.


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Dignità Calpestata

Non m’era mai capitato di restare senza un soldo in tasca. Non potevo comprare niente e non avevo più niente da vendere. Finché ero in treno mi piaceva rimirare il tramonto sulla pianura, ma adesso mi lasciava indifferente e faceva tanto caldo che aspettavo con ansia il calare della sera per stendermi a dormire sotto un ponte. E' da una settimana, che uso un cartone come giaciglio e mi copro con una coperta rimediata dal buon cuore di una gentile sconosciuta e utilizzo il ponte della tangenziale, come fissa dimora notturna. Al primo mattino sono ancora là, avvolto nel mio piumino rosso, con un colbacco verde oliva in testa e la cicca tra le labbra e rivivo il mese all'ostello della gioventù, pagato da una associazione benefica, dove avevo i pasti completi e un comodo letto su cui dormire, ma trascorso il periodo di un mese, ho dovuto dare spazio al senza tetto di turno. Ormai sono mesi, che vivo sotto il ponte perché non posso permettermi di pagare l'affitto con l'assegno ordinario di invalidità lavorativa (IO) da 220 euro, ho ricevuto solo tante promesse da parte delle istituzioni, ma nessun fatto concreto. La verità è che se non ci fosse la gente ad aiutarmi non saprei come fare. Coloro che passano di qui mi dimostrano solidarietà e calore, ma chi dovrebbe realmente aiutarmi non lo fa. Sono un ex impiegato di farmacia di 59 anni, sono riuscito a farmi un giaciglio di fortuna, migliore del precedente, con tre assi di legno che mi hanno portato dall'ospedale e che ho adattato alla meglio, ricoprendoli di cartoni per trascorrere la notte. Ma l'ultima è stata dura davvero, con quel vento gelido a tagliare la faccia e quella precedente ancora di più con i fiocchi di neve che cadevano dal cielo e per fortuna non finivano sulla mia testa, che era riparata dal ponte. Ogni mattina mi sveglio con il mal di schiena e questa notte non ho dormito per il freddo. Le mie giornate sono tutte uguali e grigie, rispondo ad un cronista che mi intervista, che è stato inviato dalla sua testata giornalistica, per completare un dossier sui clochard. Una passante interviene: <Mi rivolgerò al sindaco e gli domanderò: Ma si può in una città civile, lasciare che una persona viva sotto un ponte? Se andiamo avanti di questo passo, con queste pensioni da fame e con il disinteresse delle istituzioni, saremo in tanti a finire così>. Per mangiare mi affido alla benevolenza dei passanti: <Tanti mi aiutano, mi danno qualcosa per comprarmi da mangiare, con 220 euro non si va lontano>. Promesse sulla questione della casa, che il Comune mi avrebbe assegnato a breve, ma non avendo nessuna residenza, non ho diritto ad avere la casa popolare. Sulla mia carta d'identità, ora ho una residenza provvisoria; poi più in là mi verrà fatto il documento definitivo e allora ci sono buone speranze che mi venga data presto una casa? Ormai non spero più niente, quando sono stato all'ostello, mi è stato detto, vedrai che non tornerai più sulla strada. Ed invece eccomi di nuovo qua, dove passerò chissà quanto tempo? A tanti gesti di umanità c’è sempre da bilanciare, con episodi completamente opposti, come quando quella volta sono stato multato e sanzionato perché usavo il marciapiede come giaciglio e i vigili urbani hanno poi rimosso cartoni e coperte, ecco il motivo del mio spostamento sotto il ponte della tangenziale. Sono stato oggetto di rapina dalla microcriminalità, sottraendomi la mia misera pensione e purtroppo ho subito anche percosse da parte di giovani bulli, che mi hanno ferito non solo nel corpo, ma anche nell’animo. Così finisce l'intervista e il giornalista mi offre un bel pasto caldo, perlomeno ho rimediato qualcosa da mettere sotto i denti e stanotte non dormirò a stomaco vuoto!



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Scrittura creativa scritta il 07/04/2017 - 00:06
Da Savino Spina
Letta n.2108 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Scene sempre più frequenti nelle nostre città così come chi cerca da mangiare nei cassonetti...sull'altro piatto della bilancia privilegi e sprechi...

Grazia Giuliani 08/04/2017 - 19:31

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Aurelia, vorrei far presente anche, che vivere uno spazio pubblico significa vivere in uno stato di continua allerta. I cicli del sonno non sono rispettati e ciò ha un effetto negativo sull’equilibrio psichico e la salute mentale. La strada, pertanto, non solo incrementa lo stato di ansia e disagio rispetto alla popolazione generale, ma anche il manifestarsi di un grave disturbo psichico. L’utilizzo di case famiglia, invece, permette il recupero della persona perché, favorendo l’autonomia e la ripartizione di compiti fra coinquilini, rafforza le potenzialità dell’individuo. Purtroppo sono pochissimi, che vengono affidati a tali strutture!

Savino Spina 07/04/2017 - 17:04

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Una piaga che dilaga a macchia d'olio. E noi? Indifferenti solamente.
Un sentito quanto acuto verseggio.
Lieto fine settimana, Savino.
*****

Rocco Michele LETTINI 07/04/2017 - 15:27

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Il tuo bel racconto non può non rattristare per le considerazioni che tu stesso hai esposto nel commento a Teresa. Complimenti e 5* Aurelia

Aurelia Strada 07/04/2017 - 15:01

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è un dolore una piaga bella e dolorosa

GIANCARLO POETA DELL'AMORE 07/04/2017 - 12:43

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Una realtà tanto drammatica ci spinge a mettere in atto delle modalità difensive per prenderne le distanze e sentirci diversi. È così che sviluppiamo particolari pregiudizi sui cosiddetti barboni: “se lo meritano perché sono dei fannulloni”, ma la realtà è ben più complessa.La condizione di senza fissa dimora è causata da un fallimento delle politiche sociali; la persona senza dimora ha scelto di non conformarsi e di non seguire i valori dominanti. In tale processo di emarginazione, la perdita della casa risulta il passaggio cruciale. Molto spesso ai senza fissa dimora è negata la possibilità di mantenere la propria identità anagrafica: ciò comporta la perdita di una casa e il diritto ad averne una. Non avere una casa è destabilizzante, e spinge l’individuo all’esclusione sociale; senza una casa risulta impossibile mantenere un lavoro, delle relazioni affettive e un’adeguata igiene personale. I pregiudizi costruiscono un potente stigma sociale, una prigione invisibile che annienta.

Savino Spina 07/04/2017 - 12:33

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E' una piaga dilagante e tutti voltiamo la testa dall'altra parte...Le istituzioni sono sorde e cieche,ma i disagi aumentano ogni giorno...Hai descritto la situazione così come la maggior parte di noi la vede...ma credo che sia ancora più cruda e non abbia tante speranze di risoluzione.

Teresa Peluso 07/04/2017 - 08:32

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