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CONFESSIONI

Le istruzioni sono:

Ripensa ad un episodio un po' 'oscuro' della tua infanzia e connettilo con il tuo carattere attuale, adulto, o con qualche tua abitudine o tendenza. Meno significativo (in apparenza) è questo episodio e meglio è. Non ti chiediamo di farti da psicoanalista di te stesso: niente ti impedisce di inventare o di usare ricordi altrui.
Ad esempio Rousseau nella sua autobiografia "Le confessioni" dopo aver parlato di un castigo avuto nell'infanzia dice: "Chi crederebbe mai che quel castigo infantile, ricevuto a otto anni da una donna di trenta, ha deciso dei miei gusti, dei miei desideri, delle mie passioni, di me stesso per il resto della vita e precisamente nel senso contrario a quello che ......"


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Bambini

Scuotevo i fili dello stendi-biancheria, sul balcone di casa, con il palmo aperto: mi divertiva vedere scendere le goccioline, perché mi sembrava incredibile che l’acqua piovana potesse depositarsi su fili così sottili… eppure, scrollandoli, le gocce stillavano via come brillanti colorati, per il sole che si rifrangeva in esse: infatti, nel frattempo, aveva riconquistato il cielo, dopo la pioggia estiva. Ero concentrata in quel gioco, ma non così tanto come poteva sembrare, guardandomi: infatti tenevo le orecchie tese, alla conversazione che avveniva alle mie spalle, qualche metro dietro me, al tavolo di cucina. Mio padre e mia madre parlavano fitto, a voce bassa.
- Io non me la sento, di telefonare a Paola. Non ancora…cosa le direi..? – mia madre aveva la voce seria e incrinata, come da una grande offesa, un avvilimento improvviso.
- Eppure dovresti proprio chiamarla. Stefano mi ha detto che, dopo che le ha parlato del bambino, qualche giorno fa, lei si è chiusa in un silenzio totale, non gli ha più rivolto la parola.
- Lo credo, povera donna. Tutto tranquillo, tutto fila come al solito,e all'improvviso scopri che tuo marito…
- Sssttt…la bambina sente!
Papà l'aveva interrotta bruscamente: la bambina ero io, e infatti avevo sentito… ma continuai a scrollare i fili dello stenditoio, canterellando un piccolo ritornello di una canzone molto in voga quell’estate… che diceva proprio “sto diventando grande, lo sai che non mi va…”, e mi calzava a pennello.
Tranquillizzati dalla mia apparente distrazione ripresero a parlare:
- Ma quand’è nato, questo bambino? E… la madre… quella donnaccia… di dov’è?
- Laura, non dire così, in fondo cosa ne sai, dico, veramente, di... tutti quanti loro? Non hai il diritto… E poi forse la colpa è tutta di Stefano; forse si è davvero innamorato... o magari non le ha nemmeno detto di essere già sposato, con una figlia piccola.
- Che disgraziato! No, scusa , lasciamelo dire, perché lo è proprio, un disgraziato… povera Paola, e povera creatura, la mia figlioccia!
Mamma, a questo punto, quasi singhiozzava. Se il tono delle sue osservazioni di prima era quasi irritato (perfino cattivo, mi era sembrato, come se lei ce l’avesse da sempre, con Stefano), ora invece era decisamente costernata per la situazione che stavano commentando.
- Stai calma, Laura… Stefano di certo non farà mancare niente a nessuno, in questo bel pasticcio che ha combinato. Lo sai che è un uomo buono, pensa a quante volte ha aiutato noi…
- Un uomo davvero buono non combina uno scherzo così, a sua moglie , alla figlia ! Io non posso accettarlo, non so se riuscirò più a rivolgergli la parola. E tu, Sandro, smettila di giustificarlo.
- Non è che lo giustifichi, cerco solo di capire… e poi, oramai i fatti sono questi: dobbiamo guardare anche noi in faccia la realtà, e comportarci nel modo migliore che possiamo.
Mamma, mentre papà continuava a parlare, si era alzata e aveva chiuso la porta-finestra tra la cucina e il balcone, non sentii più nulla di cosa ancora si dissero.
Per fortuna, dal cortile gli amici della strada mi chiamavano a giocare; con una strana, nuova sensazione, come se il cuore mi si fosse offuscato, di corsa li raggiunsi e giocai appassionatamente con loro, fino a sera…in fondo era estate, una meravigliosa estate della fine della mia infanzia.
Ma la sera arrivò, e con lei calò su di me il ricordo di quella misteriosa conversazione di qualche ora prima, tra i miei genitori, che riguardava la coppia dei loro più cari amici. Anzi, per quanto mi sembrava, gli unici amici che avessero.
Dovevo capire meglio, ma io ero la piccola di casa, nessuno mi avrebbe spiegato mai nulla, succedeva sempre così.
Come immaginavo, Enza, mia sorella, maggiore di me di sette anni, sapeva tutto, anche se subito negò: - Lella, cosa ti sei sognata? Altri figli, Stefano? Da un’altra donna? Ma cosa dici, figurati…
Ma aveva distolto lo sguardo, e io capivo subito quando Enza non diceva la verità, mi ero allenata ascoltando il repertorio di bugie che raccontava a mamma per giustificare le sue uscite, i suoi ritardi serali… aveva sempre qualche amica da riaccompagnare a casa, così diceva a mamma.
Io, invece, giocando in strada, la vedevo baciarsi col moroso all’angolo dei giardinetti, nel quadrato buio dove lei era convinta di essere invisibile…
- E va bene, in fondo hai già nove anni, e comunque, prima o poi, si verrà a sapere: sì, Stefano ha avuto un altro figlio da… una donna, che non è Paola.
Il cuore mi batteva a tamburo, a quel punto, e il mondo mi apparve capovolto.
Due persone normalissime, proprio come i miei genitori, che mi chiamavano “Lellina”, e così tante volte avevano cenato da noi, e che avevano anche una piccola graziosissima figlia, Elisa, la figlioccia di mia mamma, di appena cinque anni, improvvisamente mi apparivano completamente diverse. Lui, in particolar modo: aveva Elisa, e aveva anche un altro bambino. Aveva Paola, sua moglie, proprio come mio padre aveva mia madre; ma nello stesso tempo aveva anche un’altra donna, da qualche parte. Così tanto importante per lui, da farci un altro bambino.
Era come se dietro a un sipario, che sempre si apriva su una scena rassicurante, improvvisamente si vedesse una scena completamente diversa, o meglio, un retro-scena, inaspettato e oscuro.
Enza si accorse del mio sconcerto, mi abbracciò: - Anche io ci sono stata malissimo, sai… Evidentemente il mondo dei grandi è… come può, e non come “dovrebbe essere”.
Sono passati tanti anni, è scorsa molta vita. In me, la percezione del fatto che nulla è davvero come appare, o perlomeno non è soltanto così, come appare, è diventata sempre più forte. Io stessa so di non essere esattamente come appaio agli occhi degli altri; penso che la conclusione cui era giunta Enza, nella freschezza dei suoi sedici anni, con cui lei voleva rassicurarmi senza riuscirci un granché, sia una piccola malinconica perla di saggezza



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Scrittura creativa scritta il 24/10/2013 - 18:52
Da Irene Fiume
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