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La mia battaglia contro i numeri - racconto di un pianto isterico

29/01 18:18
Ho sentito i miei genitori parlare dei miei problemi con il cibo, come se non avessi un paio di orecchie, o un cervello per capire che si stavano riferendo a me. Mi sono sentita mortificata e pietrificata. Non sapevo come reagire, non mi veniva neanche da piangere. Volevo solo vomitare, ma forse era per le cose che mi ero ingurgitata per "merenda". Sono rientrata in camera e le lacrime sono iniziate a scendere, e come mi capita un po' con tutto non riuscivo a fermarmi. Ho avuto altri episodi del genere, specialmente quando sono fisicamente sola. Sapevo bene quale sarebbero stati i passi successivi: i singhiozzi, il respiro corto, l'affanno, la testa che gira, la sensazione di soffocare o annegare dalle lacrime; Capita che io gridi, ma non sempre esce un suono, io non lo sento e ancora non riesco a fermarmi. Mi bruciano gli occhi e mi sente la gola. Mi distendo sul pavimento gelido, con me solo il cane. Sembra triste vero? Ma non è la parte peggiore. Il senso di schifezza e la consapevolezza che quella mezzora di malessere non sia servita a niente se non che a perdere tempo. Perciò ho deciso di troncare subito le lacrime, reprimere i pensieri e azzerare i sentimenti. Mi sono sforzata di non pensare a ciò che avevo sentito, a far finta che non me ne fregasse nulla, prima che fosse troppo tardi, prima di fare una scenata davanti ai miei genitori. Non se la meritano. Non mi merito questa umiliazione. Non mi hanno mai vista in quello stato. Ho un problema, adesso lo so, ma non è come la scorsa volta. Questo mi fa vergognare di essere me. Mi vergogno tremendamente di essere quella che sono e di fare ciò che faccio, ma al contempo non riesco a farne a meno. Mi sento sola, non so con chi parlarne. Non ho un amico o un'amica, un ragazzo o una ragazza che mi capisca. Mentre piango penso a L******* e L******. Stanno insieme, cosa gli può interessare a loro di me? G***** e S*****? mi troverebbero patetica. Lo sono. N******? non capirebbe. Per quanto si sia sforzato in passato di comprendermi, non ci è riuscito. Non gliene faccio una colpa: nemmeno io mi capisco. Chi rimane? penso ad A******. Quella che posso definire essere stata la mia ultima migliore amica. Lei mi avrebbe quantomeno ascoltata. Era una persona di merda, ma mi avrebbe abbracciata o avrebbe fatto una battuta, ma ci sono mille buoni motivi per stare lontano da lei. Penso anche alla scuola, dato che è un punto focale nella mia vita, come in quella di ogni adolescente. Che schifo. Vorrei studiare latino ma non ci riesco, mi sente la testa. Non sono in grado di concentrarmi; come potrei in queste condizioni? ciò mi fa sentire ancora più incapace e mi colpevolizzo. Tra una settimana ho la visita con il dottor G****** e mi troverà ancora più ingrassata e a quel punto non avrò più alcuna scusante. Vinceranno ancora i numeri.



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Racconto scritto il 29/01/2020 - 20:02
Da Diana Meraki
Letta n.701 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


...guarda i migliori racconti di gennaio, complimenti

Mirko D. Mastro(Poeta) 02/02/2020 - 10:52

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Leggi "Nel novero delle cose", solo se ti va. Non è fame di lettori. Stasera pubblicherò "Nel novero delle cose 2"...

Mirko D. Mastro(Poeta) 01/02/2020 - 12:37

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Un racconto scritto molto bene, Diana.
I numeri contano, ma fine a se stessi non dicono niente, mentre tu hai detto molto...! Brava!

Grazia Giuliani 30/01/2020 - 13:42

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D**** non dirò che capisco, che questo urlo sia autobiografico o meno. Dico che leggendo ho ascoltato una persona che ora sa, che può capovolgere le nuvole in sereno. Dico che invece una cosa la sai fare, e bene, ed è scrivere. E che il latino a suo tempo mi fece compagnia. Aspetto di sapere della tua prima vittoria, al prossimo racconto

Mirko D. Mastro(Poeta) 30/01/2020 - 10:12

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