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CAMPANE DI APRICA

Dove ogni cosa all’arrivo, ti avvolge di lieto
e ancora stupisce l’odore di quella “stua” di legno che fin da bambino ti conduce per via.


I prati di fresco tagliati dai forti profumi di erbe che trascini in città e quei sapori del mangiare sui prati.
Quel sentire il sole, innescare i moti dell’aria intorno.


E le gare di allora, a dare per primo un nome a quella
nube rincorsa, da veloce e mai sazia sorpresa.


E rotolare sul pendio nel fieno appena seccato, gioia
per noi, un po’ meno per chi aveva falciato e sgridava.


Vivere tramonti alle nove di luglio, a seguire l’ombra
ritirarsi fino a nascondersi nella sera, e fermarsi
distesi, ascoltare campane inondare la valle e
conosciuti fremiti, accartocciarti l’anima, ogni volta stupita.


Le campane di Aprica ancora, rimangono dentro
un timbro noto solo lassù che ti porti a Bologna
come di una gioia, unita a una pena che non sai e
ti manca.




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Opera scritta il 09/02/2013 - 20:38
Da giampietro corvi c.
Letta n.1103 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


sensazioni fanciullesche che aprono i cuori e cullano i ricordi.

Claretta Frau 10/02/2013 - 14:38

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Bucolica poesia. Molto dolce e nostalgica. Piaciuta

Daniela Cavazzi 10/02/2013 - 12:54

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