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Via dell'orologio

Di follia ramingai
muti e vissuti gl’archi
nell’offrir sguardi al vico silente,
stanche mura oramai
in penombra dei varchi
caddero nel pensier mio fuggente.
Potei udir strida di pargoli
pieni forti e lascivi
dalle scale a celarsi,
che s’innalzarono in falsi voli
quegl’echi che non capivi;
il tempo andò placarsi.
Magie di primavera?
Schiava l’alma ne fu cosa
poi scomparve quel mite evento,
come un’alba di sera
c’addormentandosi posa
l’eterno risplender che in me sento.
Comprendo ora l’innocenti dita
di color ch’ancor non sanno
cos’è la vuota pienezza,
così quegl’attimi d’azzurra vita
in uno spirar vi stanno…
E non v’è più fanciullezza.



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Opera scritta il 24/09/2014 - 14:25
Da domenico pesci
Letta n.1057 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


I ricordi dell'infanzia non si possono cancellare,belli o brutti ci accompagneranno nel nostro percorso di vita,complimenti già a quindici anni promettevi bene nella poetica,complimenti
Domenico

genoveffa 2 frau 25/09/2014 - 17:31

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Paradossalmente ogni volta che ci ritorno sento e rivedo me ma non sfuocato bensì nitidissimo.

domenico pesci 25/09/2014 - 14:34

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L'ho composta a 15 anni è il mio primo componimento e la via esiste davvero dove io giocavo da piccolo.

domenico pesci 25/09/2014 - 14:32

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Il tempo che vola..la fanciullezza che sfiorisce velocemente... rimangono solo ricordi sfuocati, come i tuoi versi!!

Lory C. 25/09/2014 - 14:21

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