Di terrore mi vedo piangere ancora.
La gatta tiene tra le fauci il suo piccolo
requisito alle mie carezze di bimbo.
Desideri infiniti di cose nuove
la notte portava sempre al domani.
Il riposo era un diverso giocare
la noia, quei giorni non sapevi cos’era.
Il mio Reno d’estate invita a bagnarsi.
L’amico è là, steso sulla riva del fiume
un uomo pompa sul petto
acqua e fango dalla bocca di lui.
La notte, disperate urla di madre mi
assalgono dentro, abbracciato alla mia.
I giorni passano pieni di voglia d’Estate
tra braghe sempre più corte e sandali di,
di una misura giusta solo a metà e risa, tra
agitate rincorse al pallone di stracci legati.
Fortuna non aver nulla da far paragone
nel tutto regna un sereno completo sentire.
Ai figli della mia generazione ho dato
tutto ciò che non ho avuto, compreso le
nevrosi e le facili illusioni. Quelle, ogni
volta tolgono un pezzo di voglia di vita.
Ho dimenticato un amore, donato ogni
giorno completo di sberle sul culo s’era
il caso, trasformato in gelosia di possesso
dove l’amore è dato solo, come scontato.
Con cura prendo la primavera, quella mia e la richiudo.
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Il mio omaggio a O. Elitis (Alepudelis)
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