<<Non guardarmi con quegli occhi, non osare farlo>> strillava il marito.
<<Ho questi occhi soltanto, come dovrei osservarti?>> rispose lei senza scomporsi, ma solo apparentemente.
<<Non di certo con gli occhi di chi si trova di fronte a un povero imbecille che sbraita senza una ragione valida. O peggio, con gli occhi della paura>>.
La voce delirante e isterica del marito riempì Andrea di un senso profondo di compassione. Com’era bello Giovanni, con quei capelli ancora tutti interi sul capo, e gli zigomi dirompenti che contornavano uno sguardo fiero e intelligente.
Si era innamorata subito di lui, ma non seppe mai spiegare di cosa. In genere quando si domanda ad una persona “Cosa ti ha fatto capire che quello era l’uomo/la donna giusto/a per te?”, si sa rispondere quasi senza indugio, come se le qualità nascoste di cui nessun’altro si era accorto prima balzassero fuori tutt’a un tratto, violente e passionali. Andrea a questa domanda non rispondeva mai. Forse non aveva mai rappresentato un problema per lei, non aveva bisogno di provare un amore consapevole e coscienzioso, il solo fatto di avvertire un sentimento per Giovanni le forniva ogni tipo di appagamento intellettuale.
Erano sposati da 5 anni, ma quel pomeriggio le sembrarono raddoppiati, triplicati, fino all’infinito e oltre.
Sbagliava il marito. Sbagliava nel dirle che lo guardava con occhi spaventati o esterrefatti. Andrea faceva quello che aveva sempre fatto: lo osservava con attenzione, senza distogliersi, senza parlare, muta. E provava tanto amore. Ma non era una donna che sapeva esprimere con facilità ciò che sentiva per davvero, cosicché Giovanni aveva sempre la sensazione che lei non prendesse in considerazione i suoi sentimenti, che non lo prendesse sul serio. Per seguire un cliché obsoleto ma radicato come non mai, lui rivestiva la parte della donna meglio della stessa moglie.
<<Andrea io non ti capisco, e chissà se mai arriverà un giorno in cui sarò in grado di farlo. Oggi sento che quel momento non è arrivato, e allora, te ne prego, aiutami tu>>. Giovanni era sull’orlo del pianto, si tratteneva a fatica. Ciò che nessuno seppe mai è che proprio in quei minuti avrebbe voluto prendere la moglie e stringerla forte tra le braccia. Ma per troppo orgoglio non poté farlo.
Andrea comprendeva perfettamente l’inquietudine pazza del marito, ma non osava aprire bocca, o forse, chissà, anche lei era troppo orgogliosa per cedere. Quella discussione rappresentava un conflitto tra due persone emotive e non poteva concludersi se non con la resa incondizionata di uno dei due. Poi magari dopo avrebbero fatto del sesso sfrenato senza pietà alcuna l’uno per l’altro, dimenticando le crisi dell’intelletto, ma ora, beh ora mai idea fu più lontana di questa dalla loro mente.
<<Perché non mi hai detto che aspettavi un bambino? E perché mi hai detto che hai abortito volontariamente? Non potevi farlo così, senza dirmi nulla, simulando un incidente, una cosa spontanea o come diamine la chiamano i medici quella cosa lì? Ti sembra possibile che io possa sopravvivere dopo che la donna che hai sposato ti dice “Ero incinta ma ho deciso di abortire. Volevo farlo e l’ho fatto”?>> e su quest’ultima frase esplose. Iniziò a piangere disperatamente.
Andrea pensò che se si fosse lasciata trasportare in quel vortice di disperazione, non avrebbe aiutato né se stessa né Giovanni. Con la sua proverbiale tranquillità si sedette accanto al marito. Aspettò che sfogasse contro di lei tutta la rabbia repressa, e poi decise che era arrivato il momento di svelarsi.
<<Giovanni, io sono da sempre pazza di te. Amo l’idea di noi due sposati, che progettiamo il nostro futuro, che sappiamo ascoltarci in silenzio. Abbiamo creato un micromondo in cui conviviamo perfettamente. E sono terribilmente gelosa di tutto ciò, così tanto che qualsiasi agente esterno possa minarlo mi fa letteralmente rabbrividire. Rispondi sinceramente: ti ho mai detto di desiderare un figlio?>>. Lui la guardò un po’ incredulo, ma raccolse tutta la forza che aveva per risponderle.
<<Non me lo hai mai detto perché non ne abbiamo mai parlato abbastanza a lungo da affrontare questo argomento con maturità. Ora capisco come mai sei sempre stata evasiva>>.
<<Giovanni, tu sai cosa significa per una donna concepire, portare in grembo 9 mesi e far nascere un bambino? Hai idea di come diventerà il mio corpo? Di come diventerà la mia anima? Ho tante amiche che davanti ai mariti affermano che i figli le fanno sentire giovani, ma soltanto io conosco il rumore delle loro lacrime quando parliamo al telefono, disperate perché non dormono più, perché litigano continuamente con i figli, perché hanno perso la voglia di fare l’amore. Vero è che ce ne sono molte altre che sono entusiaste di fare le madri. Beh io non sono tra queste. Non sono fatta per essere una donna che ha un bambino>>.
<<Per la miseria Andrea! Potevi pensarci un po’ prima, non credi?>> sbottò Giovanni.
<<Prima di cosa?>> chiese, forse intuendo già la risposta, e il marito, incalzato, disse <<Prima di sposarmi! Mi sembra ovvio! Credi che ti avrei sposato se avessi saputo una cosa del genere?>>.
Andrea non si sorprese affatto. Conosceva Giovanni, e sapeva perfettamente che le sue parole erano sincere, e soprattutto dettate dalla più ferrea razionalità. Il marito era consapevole di quel che diceva, e lei non faticava a comprenderlo. Ma allo stesso tempo, dentro di lei si rinsaldava sempre di più la convinzione espressa in precedenza, e cioè che non voleva diventare madre.
<<Giovanni, non diventerò madre, per ora. Non so se in futuro cambierò idea. Non ti dico neanche che ho fatto una cosa orribile o che voglio il tuo perdono. La gravidanza, come l’aborto, sono delle decisioni che spettano a me soltanto, e nonostante ti ami follemente non ho voluto coinvolgerti in questo processo. Ma non potevo mentirti, perché ti amo. Sei l’uomo che ho scelto non per aiutarmi a sfornare bambini dal ventre, ma perché fai bene alla mia anima. È la seconda volta che uso questa parola. Anima. Tu sei ciò che rende appagata la mia anima. E basta. La mia femminilità e la mia dignità di donna non possono essere in alcun modo minate dalla mia volontà di non avere figli>>.
Giovanni avrebbe voluto pensare che aveva sposato una persona orribile. Forse una parte di lui lo credeva, e si rifiutava di accettare che sua moglie, una donna come lo era stata sua madre, e sua madre ancora prima, non nutrisse un innato desiderio di maternità. Ma d’altronde, anche lui era perdutamente innamorato di Andrea.
Si sentiva ferito, tradito, incredulo, furioso. Si sentiva tutto. Ma non aveva il coraggio, o forse la voglia, di decidere di andarsene. La fissò a lungo, e poi sentì dentro di sé che aveva deciso.
Ho scelto volutamente di non terminare la storia tra Andrea e Giovanni. Che potrebbe essere la realtà di molte altre coppie, di Chiara e Marcello, di Patrizia e Alberto, di Maria e Francesco, e potrei continuare all’infinito scrivendo nomi a casaccio. Ho scelto di non scrivere un finale semplicemente perché tante sarebbero state le scelte plausibili: il marito comprende il gesto della moglie e decide di restare, il marito lascia la moglie e se ne va, il marito aggredisce la moglie in uno scoppio d’ira. Oppure è la moglie stessa ad andarsene.
Io non prendo la posizione di Andrea, o di Giovanni. Sono solo una mano su una tastiera, e scrivo, provando a immedesimarmi nella mente dell’uomo e della donna di fronte ad una questione che sta diventando sempre più attuale. Avrei potuto buttar giù questa storia in molti altri modi. Ma questo è ciò che è scaturito subito, di getto, e non mi sono preoccupata di come potesse risultare stilisticamente.
Ho chiesto aiuto ai personaggi di questa storia per scrivere un finale adeguato. Non mi è pervenuto nulla. Forse, nemmeno Andrea e Giovanni sanno trovare una soluzione a quello che è successo loro, ancora.
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Voto: | su 7 votanti |
E' questo un tema a me molto caro, perchè in questi casi si tende a giudicare duramente tanto la donna quanto l'uomo. Forse bisognerebbe imparare a osservare a lungo le persone per poterne capire le scelte.
A presto
Rosalba
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Non c'è mai un modo giusto: ognuno agisce per sè ed è giusto così. Mai giudicare, potrebbe essere la morale di questo tuo racconto: e va bene così, ad ognuno la propria vita.
Tu, brava! Ciao...
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Sei sempre bravissimo ad osservare la complessità della vita!
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