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Il Colonnello e il soldato Andrea

Il tenente colonnello Nicola era proprio odioso, ne aveva le stimmate naturali.


Di origini pugliesi, trapiantato a nord, aveva la voce acuta e stridula che si attagliava al personaggio, legato a piccole formalità da contestare ai soldati e all’addetta alle pulizie della sua stanza.
Non poteva neanche comandare tanto, il colonnello, perché non era il più alto in grado, e aspettava che fosse in ferie il suo superiore per fare un po’ il fenomeno, anche verso il capitano che con lui e il presidente costituiva il collegio di leva; ma erano brevi momenti.
Del resto non aveva mai comandato niente di serio che non fossero soldati di leva impiegati in lavori di ufficio.
Nella sua stanza erano esposte le sue glorie; pergamene e gagliardetti che ne riconoscevano i meriti, tutti conquistati sulla carta, perché non aveva avuto le promozioni che per corsi di perfezionamento e anzianità di servizio.
L’aria che si respirava era pesante, in quella stanza, per l’odore di sudaticcio e di viziato che c’era dentro. Le serrande erano sempre chiuse e la lampada sul tavolo, sempre accesa, emanava una luce di un colore giallo intenso che era assorbito dagli accessori di pelle scura della scrivania, rendendo l’illuminazione soffusa e greve.


Il tenente colonnello Nicola passava le sue giornate al telefono a parlare di Bridge di cui era un accanito giocatore. Per telefono si accordava per il circolo, per organizzare incontri di tennis e per vantarsi delle sue conquiste galanti. La sua attività si limitava a pochi giri di scartoffie senza rilevanza, che firmava elegantemente con la sua stilografica.



Si era creata, fin dal suo arrivo, un’avversione col soldato Andrea, figlio di un onorevole locale, un biondino quasi tedesco, alto, magro con gli occhi celesti e l’erre moscia, che faceva il militare a casa per paterna intercessione.
Lo chiamava, quando poteva, “Tenente colonnello”, invece di colonnello come voleva lui, senza che Nicola lo potesse né obbligare né punire, perché il soldato Andrea non era direttamente un suo sottoposto.
Si limitava a rispondere agli ordini eseguendoli some un robot, il soldato, con una certa aria di fare le cose con la mano sinistra. E il colonnello non mancava di farli appunti di tutti i tipi.
Lo punzecchiava!


“E’ proprio un maiale.” Diceva Andrea, dopo essere tornato dal suo ufficio per la firma giornaliera dei documenti.
“E puzza anche come un maiale!”


E, per punire in cuor suo l’abominevole uomo, il soldato Andrea metteva in atto il suo rito quotidiano.
Entrava nella sua stanza prima del suo arrivo. Si avvicinava con cura alla sua scrivania e prendeva con delicatezza un libro finemente rilegato dei tanti che erano alle spalle della poltrona, lo apriva con le due mani e ci sputava dentro, con la tecnica a spruzzo.
Poi richiudeva con cura il libro.
Un libro al giorno! Una specie di rito sacrificale in ossequio ad un dovere.
“Quando li andrà ad aprire li troverà intostiti e appiccicati, peccato non esserci in quel momento!”
Oltre che ai libri, lo stesso trattamento veniva riservato alla cornetta del telefono del colonnello.
Si sentiva bene, l’Andrea, e poteva serenamente cominciare la sua giornata.


Poi, arrivò anche l’ultimo giorno, quello del congedo. Il soldato Andrea andò nell’ufficio del colonnello Nicola per accomiatarsi da lui.
Anche quella mattina aveva fatto il suo rito, più abbondante, giacché era l’ultimo. Appena vide entrare il colonnello bussò alla sua porta.
“Comandi colonnello…”
Lo vide che, con una salvietta umidificata, stava pulendo la cornetta del telefono.
“Vedi, io non mi fido delle pulizie che fanno queste troiette che lavorano per comprarsi la pelliccia, chissà come me lo puliscono il telefono.”
”E’ questione d’igiene!”


Quanta saliva sprecata pensò Andrea. Aveva timore a chiederlo, ma glielo porgeva il cuore, voleva sapere conferma perlomeno dei libri.
“E i suoi libri, glieli spolverano?”
“I miei libri?” Ah questi, figurati li ho trovati qua e ce li lascio tali e quali, quelli che uso li tengo nel cassetto coro il mio soldatino!”
E aprì il cassetto più in basso della pesante scrivania.


“Questi sono quelli che m’interessano!” Disse, mostrando ad Andrea due manuali del Bridge.
“E’ un bel gioco, soldato, lo impari!”




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Racconto scritto il 03/04/2015 - 18:40
Da Glauco Ballantini
Letta n.1470 volte.
Voto:
su 5 votanti


Commenti


Grazie per il commento, sono due figure che si elidono, in fondo due privilegiati per un verso o nell'altro, ognuno nel suo sistema perfetto che li soddisfa.

Glauco Ballantini 04/04/2015 - 11:25

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Però, quanti insulti spesso vanno davvero sprecati! Non per niente, sono parole: l'oggetto più sprecato al mondo! Significativo messaggio questo tuo, per Chi lo colga nel suo aspetto più utile.
Grazie. Vera

Vera Lezzi 04/04/2015 - 11:14

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