Qui seduto immobile vedo cambiare il mio corpo e la natura fare il suo corso. Vedo il mio viso deformarsi e quello che è il volto di un bambino diventare presto la dimora di rughe e preoccupazioni. Dov'è l'infanzia che da sempre mi è stata negata e quella spensieratezza che ormai ha lasciato il posto a vuoti mentali fatti di pensieri suicidi e malinconia? Il mio posto in questo mondo è ben difficile da trovare quando la mia compagnia non mi è di gradimento. Mi osservo le mani così cresciute e possenti, non rispecchiano la fragilità della mia anima assorta nelle tenebre della vita. Mi osservo i miei piedi che ormai sono quelli di un adulto e mi domando perché sembra che abbiano camminato il mondo mentre in realtà mi stanno solamente avvicinando passo dopo passo alla morte? Guardo le mie gambe gracili e il mio busto magro, fanno trasparire i segni di una vita troppo apatica nei miei confronti, una sorte troppo cruda per un povero cuore in lacrime che finge di non sopportare il dolore, ma che ci convive. Perché così tanta sofferenza? Sono io troppo debole o davvero la vita è così cruda con me? Sorrido per non far notare il mio tormento, ma i miei occhi mi tradiscono. È così difficile fingere di stare bene quando ormai hai perso tutto l'appetito per la vita. Un grido d'aiuto o un'ultima lacrima prima che la solitudine mi porti in isolamento e mi lasci morire nascosto dal mondo come un cane. Ci provo e riprovo a rimanere con voi, ma voglio andarmene da qui; voglio trovare la pace. Una vita sprecata, una sigaretta accesa e non fumata, ma gettata via... vedetela come volete, ormai non mi importa più! Non mi importa più di ascoltarvi perché voi non mi avete mai ascoltato. Non mi importa più della vostra felicità perché a voi non importava della mia. Non mi importa più dei vostri tormenti, perché a voi, a voi non importava dei miei. A me importava di tutto, portavo il peso del mondo sulle mie spalle, i problemi degli altri nel mio cuore nonostante il mio cuore volesse solo amore e nient'altro. Sono patetico. Debole. Fatemi chiudere gli occhi per sempre e non cercatemi nei sogni perché io ormai sono solo motivo di incubi, sono un mostro che cerca attenzioni per compensare alle mancanze. Vorrei così tante attenzioni da poterci costruire un ponte fra questa vita e l'altra e diventare così immortale, ma so bene che l'immortalità non spetta a quelli come me: scarti della società. Sì, so di non essere io quello sbagliato, ma il problema è che la diversità è il vostro peggior nemico e io, io sono diverso. Io vi spavento. Sono l'unico spettatore e protagonista di un film che nessuno guarderà e che nemmeno io sto apprezzando; per questo voglio solo abbandonare il cinema prima dei titoli di coda, prima che la critica mi faccia a pezzi. Capitemi.
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Commenti
Racconto drammatico che lascia poco spazio a buonismi e dolci carezze. Una persona che ha smesso praticamente di vivere, si è abbandonata e chiusa in se stessa e guarda la gente con fare indifferente, consapevole di voler solo restituire quello che ha ricevuto. Ho letto questo racconto con partecipazione e si sente tutta la sofferenza di un'anima sensibile. Su, coraggio. Giulio Soro 
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Sofferenza, disagio ma anche rassegnazione in questi pensieri scritti con il buio in sala. Eppure prima dei titoli di coda ci si può alzare, certo, ma per modificare la storia e per darle un altro epilogo.
La felicità degli altri non sempre è vera: spesso è solo una maschera sapientemente indossata, non tanto per ipocrisia quanto per non tediare un mondo già abbondantemente afflitto.
La critica peggiore è quella che facciamo a noi stessi, severa e troppo spesso definitiva e senza via d'uscita.
Bello il tuo racconto/sfogo.
Ciao!
La felicità degli altri non sempre è vera: spesso è solo una maschera sapientemente indossata, non tanto per ipocrisia quanto per non tediare un mondo già abbondantemente afflitto.
La critica peggiore è quella che facciamo a noi stessi, severa e troppo spesso definitiva e senza via d'uscita.
Bello il tuo racconto/sfogo.
Ciao!
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Trovo questo racconto interessante. La sensazione di sofferenza, che esprime l'autore in senso autobiografico, si può estendere ad una realtà più generale, quasi peculiare, del nostro tempo.. che riguarda moltissime persone. Quindi mi fa riflettere, e l'ho apprezzato molto..
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