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Manuela, una donna troppo bella

Da quando sono solo, vado spesso a fare scorta di generi alimentari: frutta, cibi precotti, pronti da mangiare senza tante perdite di tempo, insalate già lavate, in particolare quelle buste che contengono ciuffi di valerianella, la mia preferita. Dovessi consigliare ad una donna la tattica per conquistarmi, le direi: fingi di chiamarti Valeria, o anche Valery, che colpisce l'immaginario, almeno il mio, certamente.
Per queste piccole grandi spese ho scelto un supermercato appena fuori Venezia, che oltretutto è ben fornito dei miei vini preferiti, come il Riesling, il Pinot Grigio delle Due Venezie, il Breganze Vespaiolo Doc.
Appena varco la porta automatica d'ingresso, sento distintamente il profumo di donna, che non è un olezzo vero e proprio, un odore, un aroma, una fragranza; niente di tutto questo, è un sentore magnetico che avvolge e impregna l'aria di sguardi, curiosità, occhiate, insomma di elettricità.
Mi giro verso la zona nella quale tutti i maschi presenti in un raggio di dieci metri stanno guardando - e alcuni di questi sbattono i loro carrelli contro le scansie o le transenne, le casse e via dicendo -, e la vedo. É uno splendido esemplare di femmina multietnica, appariscente, vistosa, smagliante addirittura, oserei definirla.
Perché multietnica? Subito detto: perché riassume in sé tutte le bellezze caratteristiche dei cinque continenti, insomma dell'intero globo terrestre. Alta come le donne nordiche, passo felpato che solo le abissine o le modelle hanno, capelli lunghi e neri come il carbone, tipico delle donne del sud, corpo atletico da australiana, o alemanna, curve perfette, come ho sempre immaginato siano le parigine, che tuttavia è una mia idea del tutto errata. Seno prosperoso, che a me non piace poi tanto, preferisco le coppette adolescenziali, culo alto e prospiciente, come certe atlete russe, e questo invece mi aggrada molto, vita stretta tipo vespa, e non intendo la concorrente storica della mitica Lambretta. Il vestito, poi, completa l'opera: attillato, leggero, corto fino a mezza coscia. A mettere in risalto tutte le forme, un modello di sandalo estivo con tacco robusto ma altissimo, forse 12. Quando muove i suoi passi, lenti e studiati, il lato B ondeggia come le gondole nel canale di Venezia al passaggio di un motoscafo a velocità eccessiva. Penso a Conte, il cantautore, che in un suo brano, Boogie, così canta: l'orchestra si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato. E quell'orchestra era lei, la donna multietnica. E il mare venerato eravamo noi uomini presenti nel supermercato.
Non faccio a tempo a pensare una qualsivoglia strategia, che sento le mie gambe muoversi in maniera autonoma vero di lei. Quando le sono vicino, immagino tutti quelli che la guardavano e ora si staranno chiedendo: chi è colui che osa, che fa, l'abborda?
« Scusi l'impudenza » esordisco sorridendo, segno che intendo farle la corte ma anche scherzare un po'.
« Prego... » dice lei, rispondendo in maniera interrogativa, ma chiaramente disponibile al dialogo.
« Si rende conto in che postaccio siamo? Non si guardi attorno...la stanno divorando con gli occhi...se non se n'è accorta, glielo dico io... »
« Sì, lo so...è sempre così. Ma mi sono abituata, tanto non succede mai niente »
« E lo sa perché non succede mai niente? Io sono uno studioso di tale fenomeno »
Prima che lei mi risponda mi presento.
« Ah, mi scusi...Vittorio, sono un architetto veneziano, se avesse bisogno di qualche restauro...pardon, non lei ovviamente, la sua casa, o il giardino. Mi occupo anche di verde architettonico »
« Piacere mio » sussurra lei con un sorriso che fa invidia a quello di un bimbo davanti ad un gelato al cioccolato. Poi aggiunge:
« Manuela »
La guardo negli occhi, intensamente, e mi accorgo che i miei devo abbassarli un attimo, se non voglio annegarmici dentro, ai suoi. Sarà il collirio che mette, sarà il colore chiaro, grigio perla con striature d'indaco, insomma il suo sguardo non riesco a reggerlo.
« Stia attenta...ha acceso gli abbaglianti, forse inavvertitamente », dico e sorrido. « Mi fa sbandare il carrello... »
Ci sta. Le battute carine, leggere ma insinuanti, le piacciono.
Lo capisco dalla sua risposta:
« Diceva del fatto che non succede mai niente? E' vero, non ho mai capito perché...mi guardano, ma stanno sempre alla larga. Ho pensato alla presenza delle mogli...lei non ce l'ha, immagino »
« No, mai avuto mogli », mento spudoratamente . « Sa, sono timido, non ho mai fatto innamorare di me nessuna donna »
A questo punto le scappa un sorriso, anzi si mette proprio a ridere.
Allora, incoraggiato da quel complimento, perché lo era, eccome, un complimento quella risata contenuta, continuo:
« No, non è per le mogli, e nemmeno per la timidezza degli uomini. Vede che anch'io che sono timido mi sono avvicinato... »
« E allora, cos'è? »
« Manuela, lei è troppo bella, esagerata, troppo figa, dicono i ragazzi del giorno d'oggi. Uno si sgomenta, immagina che per parlarle si debba giocoforza essere principi azzurri, ergo si deprime. Lei dovrebbe venire qui vestita male, spettinata, senza un filo di trucco, scarpe basse, sporche magari di terra del suo giardino, un paio di occhiali da mercatino americano, per nascondere la luce dei suoi lampioni abbaglianti, gonne lunghe, sacrificate...allora, forse, uno lo troverebbe il
coraggio »
A questo punto ci muoviamo, con i nostri carrelli appaiati come due macchine in partenza dalla prima fila, in un Gran Premio di formula uno. Dietro di noi si muove l'orda dei barbari. Qualche moglie, o fidanzata, esclama:
« Ma dove vai, l'acqua minerale in offerta è di qua... »
« Immagino lei faccia la spesa per tutta la famiglia... o sbaglio? », le chiedo. Un modo elegante per sapere se è libera.
« No no, vivo sola. E poi non cucino... »
« Ah...proprio come me. Allora cibi precotti, frutta, insalata in sacchetti, quelli con la valeriana a ciuffetti... »
« Sì...mi ha letto nel pensiero ».
E' fatta, ora l'affondo finale.
« Senta Manuela, visto che siamo single e pessimi cuochi, perché non si va a mangiare da qualche parte a Venezia, una di queste sere? »
« Con piacere...e dove? »
« All'antica Locanda Montin...lì mi trattano bene e si mangia leggero »
« Ma quale, quella nel cui giardinetto hanno girato la scena più triste di Anonimo Veneziano? »
« Sì...quella »
« Ma non è un po' cara... »
« Forse sì...ma io ho un conto aperto...ho fatto delle ristrutturazioni al palazzo del proprietario »


Secondo voi, Manuela avrà accettato? E se ha accettato, come pensate che sia finita la serata? Non ve lo dico, vi lascio nel dubbio, anzi rimando la storia al prossimo racconto.




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Racconto scritto il 18/08/2024 - 11:03
Da Mino Colosio
Letta n.339 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Grazie Margherita, Maria Luisa, Francesco e Loris.

Mino Colosio 20/08/2024 - 16:53

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Si, molto bello, così come ogni cosa che scrivi Giacomo. Aspetto il seguito. Complimenti

Margherita Pisano 19/08/2024 - 20:48

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Letto con piacere!

Maria Luisa Bandiera 19/08/2024 - 08:26

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Un racconto coinvolgentem ben scritto che ho letto con molto piacere. Aspetto con interesse il prossimo capitolo, ciao

Francesco Scolaro 18/08/2024 - 17:58

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Ah, conosco il posto. Vicino al ponte dell’Accademia.
Ciao

Loris Marcato 18/08/2024 - 16:24

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Ah il Vespaiolo! È uno dei “bianchi” che preferisco, insieme al Manzoni e alla Nosiola…
Con Venezia sfondi “on porton verto”.
Penso che alla fine siete andati da un Bacareto a mangiare “do sponceti e na ombra de rosso”.
Bel racconto Giacomo, aspetto il seguito.
Un caro saluto

Loris Marcato 18/08/2024 - 16:23

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Ah il Vespaiolo! È uno dei “bianchi” che preferisco, insieme al Manzoni e alla Nosiola…
Con Venezia sfondi “on porton verto”.
Penso che alla fine siete andati da un Bacareto a mangiare “do sponceti e na ombra de rosso”.
Bel racconto Giacomo, aspetto il seguito.
Un caro saluto

Loris Marcato 18/08/2024 - 16:22

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