“Questa non è la mia storia e non sono sicuro (o sicura) di volerla raccontare, né di avere voglia di parlare dei miei sentimenti con degli estranei su un sito web. Suonerebbe fasullo, in un certo senso, nient’altro che un espediente per attirare l’attenzione. Ma ho delle cose da dire e devo farlo.” (dall’incipit di “Non ti credo” di Sophie Hannah, un thriller pieno di colpi di scena in cui alla protagonista è successa una cosa terribile, umiliante e spaventosa, che ha giurato che non l’avrebbe mai rivelato a nessuno. Ma succede qualcosa di grave che si decide a non convivere più con i segreti.)
LA VIA ALLA PREGHIERA, IL GUSTO DEL MIELE E IL POLVERE
Siamo arrivati a un albergo modesto: un crocifisso sul tavolo. Solo- alcune cose necessarie per il domani, quando ci svegliamo.
Eravamo stanchi. I ragazzi, più giovani di me, si interessavano di tantissime cose. Io, l'uno che sapeva l'italiano, dovevo aiutarvi con l'interpretazione e con gli studi. Si faceva molto per loro. Io, invece, leggevo dei giornali, delle riviste, dei libri. Ci hanno procurato i dizionari, le Bibbie e le altre cose per leggere. Uno dei ragazzi sempre parlava con me in ucraino, l'altro, dalla famiglia russa- il russo. Quando parlavano tra di loro, parlavano il russo: questa è la gentilezza ucraina verso le altre nazioni- se si sa la loro lingua, si parla quella lingua, come un segno di rispetto.
I giovani, di solito, erano impazienti, non si vedeva troppa voglia di studiare la lingua. Anche, era difficile, però, poco a poco, imparavano delle frasi, delle espressioni e delle parole utili. A volte, c'erano degli scandali: uno di loro ero un po' più nervoso, ma si poteva vivere. Quando i ragazzi hanno sentito, che, se loro avranno voluto di stare nel paese, si doveva non solo studiare, ma anche farsi dei chierici, che non avrebbero potuto sposarsi, hanno subito detto a me, che non lo avrebbero fatto mai. Nelle culture slave, secondo le tradizioni del greco-cattolicesimo e della fede ortodossa, si poteva sposare. Dunque, hanno detto ai superiori, che vorrebbero lavorare, guadagnare dei denari, siccome avessero solo delle mamme, e, dopo, in Ucraina,volevano aprire i loro business.
Siamo stati separati. Loro sono andati in un altro luogo. Li ho visto prima della loro partenza per la patria.
C'erano moltissime cose a studiare: gli abitudini di ogni giorno, i caratteri della gente, la gente, gli atteggiamenti, la fede, com'è in Italia, le feste, le ceremonie speciali. C'erano tanti bravissimi ragazzi, che volevano diventare chierici o, anche, sacerdoti. E, molti erano, davvero fedeli, nelle loro azioni. Molti studiavano, avendo la bellissima possibilità di ottenere un grado accademico senza pagare, offrendo il loro servizio a Dio, per sempre.
Tutti erano gli uomini. Aiutavano, come potevano, però anche avevano un certo sentimento per le cose private, che erano sacre a loro. Si credeva e non si credeva, si diceva "bravo!", e si taceva, si aiutava,si faceva delle barzelette, si giocava, si "picchiava", e alcuni erano lazzaroni, che sempre avevano delle allergie del fieno, dell'aria ecc. E molti ti prendevano in giro, e molti ti abbracciavano, si amava, come dei fratelli di Gesù.
Si viaggiava un po' nei luoghi sacri, alle chiese, alle messe, alle consacrazioni e alle preghiere, ai luoghi della bellezza naturale e, grazie a Loro, ho imparato tantissimo della vita italiana. Che bella è l'Italia. Ma che difficoltà dovevano sopravvivere gli italiani dopo la Guerra Mondiale! Si mangiava anche i gatti. Era un periodo difficilissimo. Ma sapevano preservare la natura, la bellezza gradita, la gioia della vita, nonostante di tanti pericoli.
Mi piacevano tante pietanze. Mi hanno insegnato, come fare un caffè italiano, come cuocere un risotto. C'era la gente brava, con dei sorrisi, con una cultura di gentiluomini, però molto democratizzata, mondana e realistica, e, come tutti i giovani, odiava delle menzogne, delle ingiustizie, delle sgarbazie...
Ognuno doveva aiutare per la casa. Pian-piano, io diventavo un giardiniero, che curava un boschetto di bambù, che avevano una bruttissima tendenza di far cadere le foglie gialle e marroni, così, che se non li rastrelli due giorni, avrai tutti i cammini pieni di esse.
Si aveva una bella abitudine di fare quattro passi e quattro chiacchere di sera, quando il superiore era contento. Non si può dimenticare gli abbracci dei ragazzi, che sempre venivano a trovarli.C'era una dolcezza e privatezza del toccare le braccia dei tuoi fratelli nuovi.
Ma, arrivava l'autunno, i giorni erano con le pioggie, cadevono le foglie, e nessuno non voleva spazzare dei cammini in fronte dell'entrata. Era molto nervoso il superiore. Quasi arrabbiato: ha preso una scopa e scopava tutto lui, solo. Non voleva neanche parlare. Mostrava l'umiltà di un sacerdote. Era bravo, rigoroso, severo, come deve essere un uomo con i ragazzi giovani.
Ho studiato molto della cultura cattolica. Avevamo deciso, che io dovrei andare a Roma, a studiare là.
Non posso dimenticare l'ospitalità di quella gente. Mi hanno aiutato tantissimo. E quelle sapienze, nel futuro,io riuscivo a condividere con gli studenti ucraini, nelle loro università. Forse, ho scordato i loro nomi, ma le loro immagini mi saranno sempre care, vicine al mio cuore, un cuore del greco-cattolico, secondo la fede dei miei nonni, un cuore dell'educatore, interprete, traduttore e poeta.
Ciao, le Alpi! Salve, Roma!
Ivan Petryshyn
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