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L'ultimo bicchiere di vino

Tutta una vita passata ad aspettarti
Nuda
Scalza
Con l’anima spoglia
E l’ultimo ciliegio
Che in primavera si era promesso
Di rifiorire
Accasciato per terra.
Abbracciai quell’albero e su quel pezzo di terra
L’ultimo
Che per noi avevo conservato
Ora lapide
Epigrafe funeraria
Di chi aveva detto luce
E ha visto tenebre.
Pensavo di aver passato tutta una vita tra le tenebre e gli scheletri
Degli amici tutti intorno
Degli amori tutti addosso
Di un padre
Una madre
Di un corpo
Che ho chiamato scheletri
E poi tu
La carne
La luce e la vita.
Ti ho corso incontro come fossi l’ultimo confine da varcare
Per un mondo nuovo
L’attesa mai banale
L’odore del maestrale
Approdare sul porto sicuro
Abbandonare quell’albero
Oramai troppo scuro.
Non ti ho trovata.
Sul tetto di un mondo
Libera da questa strada
M’ero detta ingenua
E travolta sono
Dall’alba più scura
L’aurora più nera.
L’acqua è gelida e sento il sangue
Caldo scorrere
Un brivido
Chiamo col tuo nome
Anelito
Ad un mondo infame
Che m’ha fatto donna
Che mi fa sentire spoglia.
Ch’io possa libera correre
Per i prati di un giardino
Ch’io sentivo così vicino
Ed ora la radura
E poi la selva oscura
E tu mia luce
Mio spirito
Mia voce
Che del canto mio
T’eri fatta la più bella melodia
M’hai così reso
Muta , e l’animo sospeso
Appeso ad un filo
Cappio al collo, sospiro
La morte non ha nome
Non ha motivo né dolore
Ferma e alza gli occhi
A quel cielo che forse tocchi.
Una lacrima scende
Quel cielo che m’attende
La voglia di volare
La paura di lasciare andare
Quel ciliegio tanto caro
Sfiorito
Così raro.
Sei diverso e tu lo sai
Da chi dal fiore si fa onore.
Del tuo dolore fai spettacolo , con l’oggetti inanimati
L’ultimo cenacolo
Salute cari amici
All’amore
I sorrisi
I fiori
Tamerici.
Non sbocciò quel fiore
Non s’accese una luce
Con l’ultima sua foglia che cadde
Vidi la mia croce.
La morte d’un anima
Un corpo che s’addentra
In un mondo che non sa
che non guarda quella donna
che la luce più
non ha.
Vai più là
lontano da chi non può
da chi non sa.
Non t'addentrare nell'animo
che del dolore ha fatto
il suo più bell'odore
l'androne
tutt'ornato di lacrime
il commiato.
T'allontani
e le mie mani che ti toccano
non le avverti
non ti sporcano
ah l'ingenuità , pensai guardandoti
di chi amore non ha dato
che vede nel sole la luce
mentre questa donna
sola in un mondo scostumato
silente
tace.
Bevvi l'ultimo bicchiere di vino
sporcando ignara questo foglio
su cui scrivo
leccai l'ultima goccia
assaporai la feccia
il dolore
l'amaro
il brivido del dolore
l'intenso scorrere
d'un ultima goccia
che questo sangue gelido ha sentito
ribollere.
Tutto chiaro tutto intorno
l'albero accasciato
l'animo adorno
di fiori non suoi
maledetti,sporchi come buoi.
Mi rivestii, con l'animo che non sentivo mio
il dolore di un addio
che non ho voluto dire inizio
con il coraggio di chi
chiuso in un ospizio
dell'ultimo scorcio di cielo
visto dal velo di una finestra
L'ancestrale timore
di chi si vede allo specchio e lentamente muore.
Ma tu
tu lo sai che timore più non hai
mio ciliegio
lasciati annusare
in questo cielo blu , che non ci lascia andare
posa le palpebre
abbandona l'ultimo correre
sereno
ed io tremo.
Andiamo lontano
ch'io la amo
l'amo troppo per aver visto ombra
dove luce m'aveva detto porto.
annego.



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Racconto scritto il 22/06/2017 - 23:09
Da Ludovica Gabbiani
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