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Silenzio

È un po' come quando il terremoto distrugge una città, ma lo fa dall'altra parte del mondo.
Il boato non arriva, lo strazio non arriva, il dolore non arriva.
Tanto è distante, tanto non serve, tanto non cambia nulla.
Ma stavolta non è quel tipo di distanza a fare da isolante.
C'è questa callosa ignoranza interna che avvolge i nostri sogni ormai sopiti, così dignitosi, che invece, se liberati, sarebbero la nostra salvezza.
Ce l'hanno insegnata da piccoli l'ignoranza.
Ce l'hanno insegnato da piccoli ad ascoltare i grandi.
Ce l'hanno insegnato da piccoli ad ascoltare gli altri.
E gli altri fanno rumore per noi e noi per loro.
Così ciò che ha dignità muore solo e in silenzio. Lontano. Fosse anche una parte di noi, fosse anche un sorriso o il senso di civiltà o un sapere antico. Lo si capirà poi, quando la voce che adesso urla sarà talmente flebile da non riuscire a farsi sentire nemmeno nel pensiero.
Non lo sappiamo ascoltare il silenzio, noi.
E muore ciò che non vogliamo fermarci a capire, nel suo dignitoso rispetto, assordato dal rumore di fondo, muore abbracciato da quella discreta e totale mancanza di suono tanto che il piedistallo su cui troneggerà sarà troppo alto persino per intravederlo.
E sarà come non fosse mai esistito.
Sprofondiamo cullati nell'ignoranza delle cose, saturi di vette di sapere che abbiamo barattato con le basi dell'essere.
E L'ignoranza saccente urla alle spalle e spinge, spintona e soffia sul collo, si fa notare, sbraccia, mentre le questioni degne tacciono. Fanno come sempre hanno fatto, com'è naturale che sia ed è una distanza che separa ben più di una semplice traversata oceanica.
Sarebbe bello per un giorno vedere un telegiornale muto, un giornale bianco e gente fuori dal bar in silenzio cercare di avvicinare a sé tutto quello che veramente se ne va in silenzio.
Un sogno, un saluto, un pensiero, le gesta di chi è vissuto in questa epoca troppo veloce e rumorosa per potersi far ricordare.
Ma certi conduttori di notizie sono invece assolutamente isolanti.
E desolanti.
E fuorvianti.
Sarebbe bello un giorno colmare quella distanza e porsi tutti all'altezza giusta per onorare per bene quel costoso piedistallo di dignitoso silenzio.
L'uomo è un animale sociale dicono, ma in fondo quale essere non lo è, persino i vermi, a cui attribuiamo, non si sa per quale motivo, un senso di negatività sono animali sociali. Si mettono in fila e si salvano a vicenda.
Persino le piante, statiche nei loro fusti e ancorate con le loro radici si uniscono a creare il perfetto equilibrio di un bosco.
Vivo.
Allora perché l'uomo è diverso?
La parola che peraltro usiamo male e senza mai badare poi a ciò che genera ci differenzia dal mondo.
Conosciamo migliaia di parole, ma la loro potenza no, non la abbiamo mai imparata.
Stiamo alla parola come gli americani stanno alle armi. Le possiamo usare facilmente, sono di facile accesso ma non ne capiamo la potenza.
Perché in fondo se solo a volte sostituissimo la parola "odio" con "mancanza di amore" semineremmo già un germe diverso.
I greci avevano sette parole diverse per descrivere l'Amore e noi soltanto una. Abbiamo perso sei modi di amare ma in compenso abbiamo migliaia di parole nuove ogni anno per descrivere altrettanti nuovi disagi.
Siamo arrivati ad una società dove le parole generano ansia e tolgono magia alla Natura e stiamo anche dimenticando le parole magiche, quelle della nonna, che solo oggi scopriamo, che magiche lo sono per davvero.
Più che mai.
C'è un vecchio. Passa le sue giornate sul ciglio della strada. Di quella strada che io percorro tutti i giorni tutti i giorni in auto. Lo trovo là.
Lo saluto dal cruscotto e lui ricambia a due braccia.
Sorride, sembra felice.
È matto dicono. Io non lo dico.
Non ci siamo mai parlati, mai conosciuti, non conosco il suono della sua voce ma per me ritrovarlo ogni mattina è importante.
Mi riporta il respiro calmo, il sorriso e quel senso di bellezza che solo le cose senza uno scopo hanno.
E allora spesso le parole, che hanno sempre e uno scopo, sono di troppo
Il linguaggio delle emozioni è silenzioso o flebile, musicale o delicato.
Molto più dignitoso.
Io me la auguro un giorno, riuscire a stare tutti una settimana in silenzio.
Per un esperimento, una legge illuminata o una religione che per una volta facesse davvero il suo dovere o tanto per capire che la socialità prescinde dal rumore delle parole.
Già me li vedo gli animali del bosco, le piante, gli uccelli voltarsi l'un l'altro e pensare: "Finalmente hanno imparato anche loro"


mf




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Racconto scritto il 28/04/2021 - 12:49
Da Michele Facchini
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