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LA MADONNA PELLEGRINA MUTILATA

La Madonna Pellegrina Mutilata


Sedriano, 30 luglio di un lontano 1948: un gruppo di donne sono in preghiera nella chiesa di San Remigio. Una donna anziana, di cognome Cassani, si alza, tocca la guancia della Madonna Pellegrina che, partita da Monza, passando da una parrocchia all'altra, sta facendo il giro della diocesi di Milano:"La piangia, gha da suced quaicos" (Piange, deve succedere qualcosa).
Altre donne si alzano e toccano il volto di gesso della Vergine.


Concludono che non c'è niente, forse era solo un’ impressione, o una goccia di umidità.
La sera, migliaia di persone in processione accompagnano il camioncino con la statua fino alla chiesa della Madonna della Neve a Bareggio, dove è attesa da altre migliaia di persone.
Sarebbe rimasta fra i fedeli di questo paese il giorno successivo, per poi ripartire la sera per raggiungere San Pietro All'Olmo. "A San Pedar la Madona la vegnarà no" (A San Pietro la Madonna non verrà).
La frase, pronunciata o bisbigliata da qualche comunista, è stata udita da più di una persona, e non sono pochi a esserne preoccupati. Bareggio e San Pietro sono due paesi "rossi".


31 luglio 1948 ore 22,10: circa tremila persone sono in processione lungo la via adesso denominata Madonna Pellegrina, e che allora era via del Circolo, che andava da Bareggio a San Pietro All'Olmo.
Quasi altrettante al confine amministrativo di San Pietro all'Olmo aspettavano il corteo.
Su un carro trainato da tre cavalli neri, attorniata da una ventina di bimbe di cinque, sei anni, vestite da angioletti, è posta la statua della Madonna Pellegrina.


Poche decine di metri prima dell'incrocio con via Piave, a sud della piccola frazione di San Martino, due giovani sono fermi in bicicletta, come se stessero aspettando il corteo. Quando questo giunge a poche decine di metri da loro, i due si muovono in direzione del corteo, passandogli di fianco in bicicletta. Molti li riconoscono: sono Enrico Baggini e Angelo Colombo, due giovani noti comunisti.


Quando il carro con la statua e i bambini giunge al punto in cui erano fermi i due, dal buio di un campo di granoturco, una bomba a mano viene lanciata contro la sacra immagine, mutilandola di un braccio.


La grandine di schegge si abbatte sulle bimbe e sulle persone vicine al carro.


Molti sono i feriti, alcuni in modo molto grave, il giorno dopo se ne conteranno 31, una bambina perderà un occhio. Non ci sono morti solo per miracolo, e perché il braccio e il corpo della statua della Vergine hanno fatto da parziale scudo.


Anche i tre cavalli, sebbene uno colpito da una scheggia, si impennano ma restano sul posto, altrimenti in pazza fuga avrebbero travolto moltissime persone.
Il carro e anche il volto della vergine sono coperti di sangue.


Le grida di spavento della gente e dei feriti vengono coperte dal crepitio delle raffiche dei mitra che i carabinieri di scorta sparano verso il granoturco, poi i militari si gettano ad esplorare il campo, trovando a circa nove metri dalla strada, una sedia, su cui evidentemente l'attentatore si era posto per poter meglio prendere la mira. Centinaia di uomini aggirano il campo di mais;
su una strada secondaria vengono intercettati alcuni giovani che si salvano da un duro pestaggio solo perché riescono a indicare dove si trovavano fino a pochi minuti prima.
La mattina successiva giungono a Bareggio il Cardinale Idelfonso Schuster, che visiterà i feriti e la statua oltraggiata, il sottosegretario agli Interni Achille Marazza, e il sottosegretario alla Difesa Luigi Meda.


Mentre, febbrili, iniziano le indagini, i giornali diffondono la notizia che ha echi anche all'estero. (L'Unità invece parla di attentato fascista).


Molte persone riferiscono agli inquirenti dei due giovani notati fermi proprio nel punto dove poi sarebbe stata lanciata la bomba.


Interrogati, Baggini e Colombo finiscono per confessare, facendo i nomi dei complici, due secondari: Lanfranco Villa e Ermes Fagnani (costui appena quindicenne), che avevano partecipato al criminale progetto, ed avevano collaborato nel portare la sedia ed appostarsi nei pressi per poi allontanarsi non visti poco prima dell'attentato; e due principali: Leandro Porro, autore materiale, e
Antonio Frattini, l’ideatore, che era al fianco dell'attentatore tenendo ferma la sedia, al momento del lancio. Tutti di San Pietro tranne Baggini che è di Bareggio.
I due complici secondari confessano subito, Frattini e Porro negano, anche se in casa di Porro viene ritrovata una pistola (che poi risulterà essere di Fagnani) ed una bomba a mano Breda, dello stesso tipo di quella usata per l'attentato. Dopo qualche giorno, Porro finisce per ammettere, confessando anche di avere seppellito sotto la legnaia un fucile 91/38 con diversi caricatori e altre bombe a mano, sia Breda che tedesche, di cui alcune del Frattini. Inoltre, sopra la pompa nascondeva un'altra pistola ed una bomba a mano, modello SRCM.
Messo a confronto col Porro, anche Frattini finisce per confessare, dicendosi però anarchico, a differenza degli altri dichiaratamente comunisti.
I sei sono rinviati a giudizio. Ma circa due settimane dopo, tutti, tranne Fagnani, ritirano le confessioni, affermando che furono estorte.
Nel 1950 inizia il processo, anche Fagnani ritira la confessione; sono però in molti a testimoniare di aver sentito i sei parlare di tirare una bomba.
Il 17 dicembre 1950, però, la Corte d'Assise di Milano rovescia il ragionamento: proprio perché i sei avevano parlato del progetto con diverse persone, qualcuno poteva avergli "rubato" l'idea per accaparrarsene la "gloria", e assolve per mancanza di prove tutti gli imputati.


Pertanto, vengono tutti scarcerati, tranne Porro e Frattini per il possesso di armi e perché ritenuti responsabili di una sparatoria avvenuta il 6 novembre precedente l'attentato.


Nel novembre del 1952 la Corte di Cassazione annulla la sentenza, e secondo le leggi di allora, tutti ritornano in carcere. (Fra l'altro, Fagnani e Colombo avevano ricevuto una denuncia come presunti danneggiatori della cappella che era stata eretta sul posto dell'attentato e che, causa i continui danneggiamenti, si dovette in seguito abbattere). Il 26 maggio 1953 la nuova sentenza condanna Frattini (recidivo) a 13 anni e sei mesi, Porro a 12 anni e sei mesi, Colombo, Baggini e Villa a 10 anni e otto mesi, di cui tre anni condonati, Fagnani a sette anni e un mese, anche per lui con tre di condono. La Cassazione respinge i ricorsi, per cui le condanne diventano definitive. Ma sul finire del 1954 un’ amnistia porta ad un'ulteriore riduzione di tre anni di pena per tutti, e Fagnani ne beneficia per primo, uscendo subito dal carcere.
Ma il 26 marzo 1955 avviene un fatto inquietante: a Bareggio, e a macchia d'olio nei paesi vicini, si diffonde la voce, riportata con risalto dall’ Unità e dall’ Avanti, secondo cui il sacrestano
quarantacinquenne, morendo, avrebbe confessato di essere lui l'autore dell'attentato, che avrebbe compiuto in odio ai partiti di sinistra per screditarli. Secondo l'Avanti, oltre al parroco sarebbero stati presenti alla confessione anche il sindaco e il maresciallo dei Carabinieri.
Però, sindaco e maresciallo, interpellati, cadono dalle nuvole, mentre il parroco afferma di non aver neppure confessato il morente essendo arrivato troppo tardi. Nonostante queste smentite, e nonostante molti testimonino che il sacrestano era fra quelli che seguivano il corteo
e che avevano soccorso i feriti, questa diceria viene fatta propria dalla sinistra.


E ancor oggi questa è la sua versione dei fatti.




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Racconto scritto il 18/02/2023 - 11:57
Da Aquila Della Notte
Letta n.367 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Un grazie alla mia sociola Marina Assanti pere le cortesi parole.
Un Grazie alla gentilissima Anna Cenni, Sì, erano anni terribili.
Un grazie alla cortese Maria Luisa Bandiera per l'immeritato elogio.

Aquila Della Notte 23/02/2023 - 19:37

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Un grazie alla mia sociola Marina Assanti pere le cortesi parole.
Un Grazie alla gentilissima Anna Cenni, Sì, erano anni terribili.
Un grazie alla cortese Maria Luisa Bandiera per l'immeritato elogio.

Aquila Della Notte 23/02/2023 - 19:36

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Un racconto molto ben documentato e scritto come un pezzo di storia.

Maria Luisa Bandiera 18/02/2023 - 20:09

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Certo che trovare una verità in quegli anni era molto difficile, l'odio ci mette tanto tempo a stemperare, furono anni di pura distruzione, di terrore e appena forse si riusciva a respirare, ecco gli anni di piombo,insomma non si può mai star tranquilli qui sulla terra!!Perbacco!! I tuoi racconti son sempre interessantissimi e quando imparo qualcosa, avanzo!! Grazie Aquila.

Anna Cenni 18/02/2023 - 14:32

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La violenza è comunque e sempre da condannare, sempre. Ma un attentato contro uno dei maggiori simboli della cristianità, la Madonna appunto, in presenza di bambini, che sono la vita, l'innocenza, la speranza, è un abominio.
Bellissimo e dettagliato racconto di un evento deplorevole, da non dimenticare.
Complimenti per lo stile espositivo chiaro e incisivo.

Marina Assanti 18/02/2023 - 13:38

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