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Due amici ingombranti

Camminava scalza sul cortile lastricato. Non era ancora la mezza e il calore sotto i piedi era ancora sopportabile. Non portava mai volentieri le ciabatte, le infradito la tagliuzzavano sempre fra le dita e le altre avevano quasi sempre una forma troppo larga per i suoi lunghi piedi. Abbassò lo sguardo a osservarli proprio nell’attimo in cui sfrecciava di lì, quasi a sfiorarla: una piccola lucertola. <<Sono proprio brutti>> pensò.
Nella stagione fredda non ci faceva caso, quei due stavano relegati dentro un paio di robuste scarpe e lei si limitava a guardarli in momenti sporadici: pedicure, calzarli, scalzarli. Il problema si presentava se doveva indossare scarpe con il tacco. Lei sui trampoli proprio non ci sapeva stare. Si domandava spesso per quale motivo doveva infliggersi una tale tortura, a beneficio di chi, con il rischio poi, di slogarsi una caviglia o peggio ancora: rompersi l’osso del collo.
No! Lei preferiva in assoluto, restare scalza e se ne fregava altamente se, “stando alla favola di cenerentola” il principe l’avrebbe desiderata con i piedini piccoli. I suoi erano grandi e non ci poteva fare niente. Aprì l’acqua del rubinetto che era collegato al pozzo per mezzo di una grossa pompa, e la indirizzò con un gesto bonario sui piedi, quasi a volerli scherzosamente affogare. Sguazzavano nell’acqua sempre volentieri quei due, come fosse il loro elemento naturale. Quando era più piccola gli amici la deridevano apertamente,ora si contenevano perché lei aveva imparato a difendersi. Alcuni di loro avevano provato sui propri stinchi, quanto fossero forti e pesanti i suoi “piedoni”.
L’estate era la stagione che preferiva. Il mare, la sabbia, lì si sentiva a suo agio, adorava le lunghe camminate sull’arenile. Quei leggeri e morbidi granellini sotto i piedi la facevano impazzire di piacere, un po’ meno: vedere le grosse orme che lasciava al suo passaggio. Noncurante le lasciava finché arrivava l’onda e le portava via, ma da quando aveva sentito una bimba dire <<mammina, mammina guarda, di qui è passato un orco gigante>> Be! Da allora, premeva forte i piedi sulla sabbia quasi a farli inghiottire, poi li tirava su con forza a scalciare e far sì che di loro non rimanesse traccia. Naturalmente questo lo faceva solo in presenza d’altri, per il resto era tutto un godimento. L’acqua era il suo elemento, quando nuotava era come avere le pinne ai piedi.
“Pinne” ecco cos’erano: due belle e lunghe pinne. In un’altra vita era stata sicuramente un pesce, non si spiegava diversamente quel grande amore per l’acqua. Fu dopo quell’illuminazione che entrò a far parte di una squadra di palla nuoto. Lì, conobbe altre persone che come lei avevano i piedi grandi e nessuno mai, si meravigliò dei suoi. Incontrò anche il suo principe azzurro, un ragazzo gentile, alto, bello che calzava … quarantacinque. Ora la ragazza non si vergogna più delle sue lunghe estremità. E’ felice e racconta sorridendo ai suoi bimbi, di quanto è stata fortunata a non essere nata “un millepiedi”.



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Opera scritta il 05/12/2012 - 15:56
Da Claretta Frau
Letta n.1192 volte.
Voto:
su 7 votanti


Commenti


grazie Carla Davì per il tuo passaggio

Claretta Frau 09/01/2013 - 18:32

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Molto originale e piacevole da leggera .. dolce e allegra autoironia ... Brava

Carla Davì 09/01/2013 - 12:57

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Ho letto con grande piacere ed un grosso sorriso anche questo racconto. Hai uno stile che ammalia. Perché non passi ad un bel romanzo?

Daniela Cavazzi 06/12/2012 - 08:53

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