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Rambo

Rambo si ruzzolava nell'erba fresca dei prati sfregando la sua levigata ma pungente schiena di cane di piccola taglia nero. Avvolte lo faceva come un piccolo cinghiale anche nel fango delle pozzanghere, si rinfrescava dopo che spioveva anche se di rado, in quella collina della Puglia dove da lontano si scrutava l’orizzonte dell’azzurro Ionio, salmastro e pieno di maestrale che portava la salsedine fin dentro casa della sua vecchia padrona baffuta. Odiava vederlo e sentirlo scrollarsi di dosso tutto quel fango dopo che spioveva e si ruzzolava nelle pozzanghere, cosa molto insolita pensava lei, che un cane arrivasse a tanto. E soprattutto sulla mensola del davanzale dell’entrata della sua funambola casa che teneva in perfetto ordine, da ogni oggetto che poggiava, ai piedi del tavolino dove Rambo amava sfregarsi rincorrendosi la coda e lei che imperterrita diritta su di un fianco, gli occhi neri tondi e vispi che lo fulminavano alzando l’indice del braccio rivolto verso la porta e urlando di andare, fuori. Abbassava le sue piccole orecchie diritte con lo sguardo tenue ad acconsentire ad una gravosa situazione che si era creata lì dentro, e lentamente a testa bassa seguiva il filo dell’uscita dalla porta. Una volta fuori si voltava la guardava e abbaiava due o tre volte come soddisfatto dell’operato di collaborazione domestica. Lei soprusa stendeva la mano e gli sbatteva la porta contro. Non gli comprava oltre le crocchette secche che teneva custodite nella mensola del giardino sopra la sua misera cuccetta, d’inverno veniva coperta con un telo per il freddo e la pioggia che gli entravano fin dentro lo straccio leggero che la padrona aveva messo per raccogliere i suoi pochissimi peli, per impedire che entrassero dentro casa sua. L’ultimo osso che sgranocchiò ormai trascorsero mesi da quando alcuni parenti che la vennero a trovare per un funerale accesero un barbecue. Forse poteva ritenersi fortunato “come cane”, ad avere un’acqua minerale, un’acqua algosa, cambiata poco. Un giorno di quell'estate già dalla mattina un vento terribile alzava le onde del mare portando salsedine e umidità a goccioline che le due palme di fuori ruppero alcune delle loro lunghe foglie trasportandole sul piccolo giardino della signora. Di pomeriggio venne un diluvio, pioveva a dirotto e ventosamente l’acqua batteva di traverso all'entrata della casa sul giardino. Rambo in quel momento con la porta aperta entrò dentro, la signora preoccupata del forte vento chiuse la porta e tornò a fare l’uncinetto. Ma il cane che guardava fuori dalla finestra a quadri dai vetri sottili, allegro con la lingua in fuori aveva fame non aveva avuto modo di rimboccarsi ancora quelle secche insipide terrose crocchette al gusto di osso scaduto, e annusando e vedendo una pila a fuoco lento con dentro tanto sugo al pomodoro pieno di carne di vitello carnosa e dolcemente innervata, non resistette alla tentazione. Saltò sul tavolo vicino al fornello, ed infilò la sua piccola testa dentro riuscendo a sporcarsi di sugo ed a prendere un bel pezzo di carne. La signora furibonda si alza lanciando in aria uncinetto e cucito urlando come una forsennata, prese la seconda sedia che aveva sulla sinistra e la scagliò verso Rambo che la svincolò andando a destra. Prese la scopa con il manico, e gli diete una botta al sedere aprendo la porta e sbattendolo fuori . La pioggia torrenziale batteva così forte verso la facciata della casa che la sua cuccia si era riempita quasi come l’altezza dello scalino dove era poggiata. Si strinse forte nell'angolo della porta prendendo sul musetto tutta l’acqua possibile, fin quando non ce la fece più. Vide altri due cani uno bianco ed uno marroncino che correvano insieme attraversando fulmineamente il viale accanto alla staccionata bianca del suo giardino. Prese una grande rincorsa come solo un’altra sola volta aveva fatto e saltò di fuori in strada rincorrendo i suoi due nuovi amici. Li raggiunse, si annusarono conoscendosi in un lampo, continuando a correre diritti fin quasi la fine della periferia alberata. Ad un punto, quando la pioggia sembrava smettere, al termine della strada i due cani proseguirono verso la salita a sinistra nella parte di collina che diveniva montagna. Rallentarono si guardarono e lui scelse verso destra dove le ginestre facevano da padrone al paesaggio collinare, con lo sfondo di un mare che riacquistava lentamente il suo adagio. Cominciò a sentire un forte tonfo di fresco sulle sue narici che diveniva progressivamente un forte fortissimo odore di capra. Erano distanti almeno un chilometro. Seguitando il percorso aggirò il lato della collina verso uno strapiombo che conduceva ad una riva sabbiosa, e giunse ad una nascosta recinzione che custodiva un enorme gregge di pecore. Si confondevano con le collinette rocciose di rivoli di erba brunastra. Arrivato alla rete di recinzione la sua acquolina famelica si fece sentire. Facendosi coraggio scavò una piccola buca e si intrufolò dentro. Ancora non lo avevano avvistato nessuna delle pecore del gregge. Scrutando la panoramica notò qualche cucciolo di capra che si allontanava dalla mamma. Continuò a proseguire lupinamente a testa bassa arrivando alla baita a fianco del magazzino stalla e andò a riposarsi stanco del lungo percorso, e del numero di emozioni provate in un solo momento fra la stretta fessura del muro che costeggiava la baita, addormentandosi per qualche mezz'ora. Il tempo si era rimesso, le nuvole sparite ed il sole secco cocente quando di allerto soppiatto spuntano gli altri due cani che avevano fiutato l’entrata del loro amico. Scrutano la loro fame all'orizzonte. Tentano un attacco a tre verso una pecora. La straziano al posteriore uccidendola alla gola. Ne mangiano una parte fino allo stomaco, con lo sgomento di quasi tutto il gregge che assisteva impietrito alla scena emettendo qualche belato di lamento vuoto sospeso in aria. Sporchi di sangue al muso, come iene avidamente pentite non ritrovavano il punto dal quale erano entrati. Accasciandosi sulla rete a digerire il pasto crudo, giunge il pastore con un vecchio fuoristrada grigio. Nota subito la pecora al centro del suo spalto sporca di sangue morta. Credendo un lupo ma non sembrava molto facile quasi in riva al mare. Lentamente prende un bastone dal rimorchio del fuoristrada. Apre l’entrata come nulla fosse successo e avvista i tre cani appoggiati sul lato della rete che ingenuamente lo guardavano come a volere coccole.Si avvicina, Rambo intuisce che non era il caso. Mentre il bastone si alzava in aria scattò al lato del pastore verso l’uscita. Colpisce sulla testa il cane marroncino uccidendolo. L’altro si rintana nella strettoia della baita. Rambo guizza fuori smarrito di panico, attraversa la strada correndo ed una macchina nera piccola guidata da una giovane ragazza inchioda sgommando sull'asfalto bruciante colpendolo lievemente al torace. Non aveva riportato gravi danni Rambo, solo qualche contusione al costato. La giovane ragazza mora Giovanna, dai capelli lisci corti lo prende con se e lo ripone nel sedile posteriore su un cartone. Ansimava guaiva, in preda ad una folle preoccupazione riesce a calmarsi quando riconosce le strade della sua periferia. Lo porta dentro casa fasciandolo, già sembrava poter ricamminare, e gli diede da bere molto del latte di mucca.
Qualche settimana dopo Giovanna, ebbe notizia che una delle signore che abitava verso la parte alta del paese cercava il suo piccolo cane nero. Così si presentò a casa della signora con Rambo in braccio. La signora la scruta dalla testa ai piedi, rivolgendogli la pretesa di voler subito indietro il proprio cane Rambo. Giovanna non si aspettava tanta crudeltà e asprezza senza generosità congratulazione e ringraziamento verso una persona che aveva assistito il proprio cane, che peraltro aveva ancora la benda sul torace, dopo che lo aveva nutrito e anche sostenuto di spese dal veterinario per punti al costato, e in quel momento a prima vista, decise di comunicarle che ormai il cane diveniva suo, stava andando al comune per il chip, che le aveva segnalato il veterinario, e senza voler indietro nessuna spesa a cui aveva contribuito.La signora in una collera contemplata ma indifesa, si vide Giovanna ringraziarla, salutarla per la documentazione che le sarebbe arrivata, ed andare via con il suo non simpatico Rambo in braccio, strappandolo dalla sua orrenda custodia.



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Racconto scritto il 23/07/2015 - 18:28
Da Luca Di Paolo
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