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Amarcord

La giovinezza è cantata da tutti come la fase più bella della vita e lo è ma, purtropp, nessuno se ne rende conto se non dopo che essa è trascorsa ed irrimediabilmente perduta.
Quando la giovinezza ce l'hai tra le mani non te la sai godere, anzi ti lasci travolgere da tanti problemi (che tali non sono ma questo lo capisci troppo tardi) che ti fanno vedere la vita tutta in salita.
I primi seri inconvenienti si presentano verso gli undici, dodici anni, quando sei costretto/a a confrontarti con i tuoi coetanei e ti ritrovi a considerarti indietro rispetto a tutti... in tutto e daresti chissà che cosa per cambiarti radicalmente. La delusione più cocente di solito viene dal guardarsi allo specchio che, puntualmente, rinvia un'immagine di sé che non piace.
Così è stato per me; da ragazzina rifiutavo tutto del mio aspetto, a cominciare dagli occhi nocciola scuro e non color cielo come quelli di Claudia, mia compagna fin dalla scuola materna. Mia nonna, credendo di consolarmi, ogni tanto sottolineava la profondità del mio sguardo che risultava particolarmente bello, a suo dire, proprio perché gli occhi scuri "sono espressivi e sembrano parlare."
Ma che sciocchezze! Avere nel viso un po' di cielo!, vuoi mettere!? Per non parlare del naso; il mio era piccolo, levigato, sottile, ma non all'insù, non alla francese. I miei parenti lo trovavano perfetto e ogni tanto si interrogavano da chi io l'avessi potuto ereditare visto che in famiglia prevalevano nasi piuttosto importanti ma per me il loro parere non contava. A me piaceva il naso della mia compagna di banco,un po' a patatina ma con una bella giratina verso l'alto che lo rendeva molto carino e alla moda. E già, perché anche il corpo deve avere caratteristiche alla moda altrimenti non piace. Era così ed è così.
Ai miei tempi andavano i capelli lisci, lucidi, setosi, come quelli di Catherine Spack o Francoise Hardy.
I miei erano ricciuti e tanti ma davvero tanti, troppi direi e biondi, di un bel colore, questo sì, ma di scendere sulle spalle non ne volevano proprio sapere, si arrotolavano in riccioli crespi e ribelli, creando intorno al mio viso un'aureola luminosa,specie in piena luce. "Ha una faccia d'angelo" dicevano spesso e a me non faceva piacere, mi sentivo bambina , poco attraente e quasi obbligata da quel confronto ad essere buona. Ed io buona non mi sentivo e non lo ero.
Invidiavo le amiche, tutte, ognuna per un motivo, quella per i capelli lisci, l'altra per gli occhi chiari, un'altra ancora per il naso e quasi tutte per aver sviluppato precocemente un seno da grande, capace di dare forma a certi abitini moderni e graziosi che su di me, troppo piatta, scivolavano senza alcuna grazia. Unica mia difesa o, dovrei dire, unica mia vendetta era il rendimento scolastico, nel quale avevo poche rivali o quasi nessuna perché riuscivo bene in tutte le materie a differenza delle altre che mi eguagliavano, chi in una disciplina chi in un'altra, con una media complessiva che, a fine anno, mi vedeva sempre al primo posto. Ma questo in fondo in fondo non mi appagava perché mi rendevo conto che le mie compagne avevano, per essere allegre, altri motivi che esercitavano su di me una forte attrattiva oltre che curiosità. Quasi tutte, già a dodici anni, potevano vantare degli ammiratori e qualcuna riceveva lettere dal proprio spasimante alla cui lettura io non ero ammessa. Che sofferenza mi procurava vederle fare gruppo per scambiarsi le loro confidenze da grandi! Che valore poteva avere il mio compito di latino perfetto se gli occhi delle mie amiche avevano, per tutt'altro, ben altro luccichio?!
In terza media la mia classe cambiò composizione e divenne mista nel senso che alle diciotto femmine che costituivano la terza B furono aggiunti dieci maschi provenienti dalla terza D.
La cosa fu accolta da noi alunne con una certa euforia, dagli insegnanti con un'evidente perplessità unita al fastidio di vedersi quasi raddoppiato il lavoro senza alcun incremento economico, dai miei genitori con una malcelata preoccupazione nei confronti di questa non prevista presenza di maschi che avrebbero potuto costituire un problema per il fatto stesso di esserci ma, per loro tranquillità, per me non cambiò nulla, continuai ad essere la prima della classe e basta con in più il problema di dover difendere con più determinazione questo mio primato insidiato pericolosamente da Sergio, il più capace tra i nuovi venuti. E anche il più carino. Io non sapevo se questo fosse vero ma lo dicevano tutte le altre e, di conseguenza, finivo per pensarlo anch'io, che non mi ero mai soffermata a valutarlo sotto questo profilo. Era bravo, di questo ero consapevole, io più degli altri, e soprattutto in matematica. Risolveva i problemi rapidamente e con soluzioni a volte imprevedibili ,trovava scorciatoie per i calcoli più complicati che mi lasciavano ammirata e un tantino invidiosa. Per il resto ci si ignorava a vicenda. All'uscita dalla scuola si allontanava da tutti come del resto facevo io. Alle altre piaceva molto; ne apprezzavano i capelli scurissimi, gli occhi a mandorla e il fisico slanciato e sottile. Vestiva anche elegantemente, si vedeva che i suoi stavano bene. Per questo si distingueva dai compagni ed era conteso dalle ragazze che gli facevano gli occhi dolci, senza troppo successo, in verità.
Restai, perciò, senza parole, quel mattino di marzo, quando sotto al mio banco, infilandovi la cartella, trovai una lettera indirizzata a me .Sulla busta solo il mio nome, dentro queste parole: Vuoi diventare la mia ragazza? Se è un sì la tua risposta, aspettami fuori, vicino alla guardiola del bidello alla fine delle lezioni. Non era firmata ma la grafia mi era nota, era proprio lui, Sergio.
Ero emozionata e per tutta la mattinata non riuscii a pensare ad altro. Un pensiero mi diceva di lasciar correre e filare dritta a casa ignorando l'appuntamento, ma un altro più insistente mi suggeriva il contrario, di non perdere l'occasione, la prima ed unica, di essere anch'io come le altre, di poter esibire un ammiratore, di vantare una conquista così invidiabile agli occhi di tutte. Al suono della campanella ogni dubbio era sparito e ad occhi bassi, un po' timorosa ma decisa ero davanti alla guardiola. Sergio non c'era ancora ma di sicuro di lì a poco sarebbe arrivato. Ed infatti arrivò ma non da solo, con tutta la scolaresca; sghignazzavano tutti, qualcuno piegato in due da una risata irrefrenabile che, più che alle orecchie, mi arrivava allo stomaco, dandomi un senso di nausea e di vertigine, mi schernivano impietosamente: Ci sei cascata, ci hai creduto eh?.Ti sarebbe piaciuto eh brava!! Scegli, su, vedi, siamo tutti qui, a tua disposizione! Ahahah.....ahhhhhnahhhhhh.....
Non ebbi la forza di fare e dire nulla, solo incrociai gli occhi di Sergio con i miei pieni di lacrime e mi accorsi che lui, no, non si stava divertendo o, meglio, aveva smesso di divertirsi rivelando nello sguardo una sorta di meravigliato stupore, come di chi all'improvviso riesca a cogliere della realtà aspetti di essa del tutto imprevisti o valutati con dolorosa superficialità. Era già pentito ,ne fui certa in quei pochi attimi in cui intercettai il suo sguardo ma non ebbi tempo che per una fuggevole sensazione sulla quale, per approfondirne il significato, tornai in seguito. Sul momento per me ci fu solo la fuga disperata verso casa dove finsi di aver avuto un brutto voto per giustificare le mie lacrime. E naturalmente, fui creduta.
La ferita non si rimarginò più. Fino alla conclusione dell'anno scolastico non rivolsi più la parola a nessuno dei miei compagni, mai. Da parte loro ci furono diversi tentativi di rabbonirmi e di farmi accettare lo scherzo. Dentro di me, nonostante il disagio fortissimo dell'isolamento da me stessa impostomi, non si aprì mai uno spiraglio per la riconciliazione. Li disprezzavo troppo e più di tutti lui, Sergio.
L'anno successivo ci ritrovammo insieme alle superiori e, purtroppo per lui, ebbe la sventura di innamorarsi di me e questa volta seriamente. Provò in ogni modo, mi faceva a tratti anche un po' pena ma fu tutto inutile. Il mio cuore restò chiuso.
Ci son voluti anni per risarcire il mio orgoglio ferito e per
rendermi conto che se avessi preso le cose con un pizzico di autoironia avrei dato una svolta alla mia vita di adolescente un po' sfigata, avrei vissuto in maniera più spontanea e gratificante gli anni per definizione i più belli e spensierati dell'esistenza umana ma che per me ebbero la monotonia e la tristezza del colore grigio. No,non sono stata un'adolescente felice, in conflitto perenne con me stessa e con gli altri. Avrei dovuto saper prendere la vita con più leggerezza, che non vuol dire alla leggera, ma semplicemente con buon senso e libera dai condizionamenti di un'educazione piuttosto restrittiva.
Ma della scienza dei se e dei poi sono piene le fosse e le cose vanno come devono andare.



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Racconto scritto il 28/12/2016 - 16:01
Da Aurelia Strada
Letta n.1100 volte.
Voto:
su 6 votanti


Commenti


Francesco grazie per le tue belle parole e auguri di buon anno. Aurelia

Aurelia Strada 05/01/2017 - 16:42

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Un bel racconto, che mi sarebbe sfuggito se non fosse stato per il riconoscimento... ma non importa. La narrazione autobiografica mi affascina sempre, ma il racconto presenta moltissimi pregi, già ben commentati, che ne fanno un piacevolissimo racconto. Complimenti..

Francesco Gentile 05/01/2017 - 10:03

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Ho dimenticato le stelle...rimedio subito. Buona serata...ciaociao.

Spartaco Messina 03/01/2017 - 19:39

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Spartaco, che piacere ritrovarti tra i miei commentatori e con un intervento che mi lusinga per il fatto stesso che proviene da un esperto quale tu sei e che trovo generoso e, nella conclusione, di divertente buon senso! Ti ringrazio di cuore e ti auguro un sereno 2017. Ciaociao Aurelia

Aurelia Strada 03/01/2017 - 18:39

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Ho appena letto del riconoscimemto accordato al mio racconto e ringrazio per tanto redazione e giurati. Buon anno a tutti ! Aurelia

Aurelia Strada 03/01/2017 - 18:37

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... scorrevolezza e punteggiatura, ma anche di saper dosare il pathos con una certa grazia e maestria. Minimalista nel momento buono, enfatico quando ci vuole, nostalgico al punto giusto. mannaggia, a me piace criticare, in senso buono, se no non so che scrivere...boia deh, diciamo all'isola, non ci sono riuscito...ahahahah...complimenti per la vittoria, per quel che conta.

Spartaco Messina 03/01/2017 - 17:34

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Vedo che stavolta ha vinto un gran bel racconto, e non è sempre così...meno male!
L'ho apprezzato fin dal titolo, pensa che nei mio data base ne ho uno pure io che ha quel titolo, almeno parzialmente nel senso che è più lungo, ma il significato è quello. Diversi i pregi, che purtroppo in questi siti sono rari. Se vuoi te li elenco, anche se poi si offenderebbero quelli che non li hanno, questi pregi. Comunque la narrazione denota una indole per la prosa non comuni, e non parlo solo di( continua)

Spartaco Messina 03/01/2017 - 17:31

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Buon anno anche a te, Millina e grazie per il tuo piacevole, apprezzato commento. Lieta serata .Aurelia

Aurelia Strada 30/12/2016 - 19:10

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Ah, se potessi tornare indietro anch'io come vivrei diversamente gli anni dell'adolescenza!
Ma non si può, e mi trascino, come tutti, dei piccoli rimpianti.
Bello ed intimo il tuo racconto, però...che classe di bastardi!
Ciao e buon anno Aurelia!

Millina Spina 30/12/2016 - 17:03

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Grazie, Patrizia per il tuo apprezzamento.Auguri di buon anno. Ciaociao Aurelia.

Aurelia Strada 30/12/2016 - 15:50

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Purtroppo questi i tuoi rimpianti sono comuni a molte persone... Bello il racconto, amaro e velatamente triste. Si potesse tornare indietro...

Patrizia Bortolini 30/12/2016 - 11:52

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Parole di commento particolarmente gradite.Grazie Loris e buon anno nuovo.Aurelia

Aurelia Strada 29/12/2016 - 23:15

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Riprendendo il finale, direi che le le cose sono andate come dovevano andare. Probabilmente qualcuno dei compagni sarà invidioso del suo modo di scrivere.
Il racconto è bello e piacevolmente scorrevole, forse perché in tante cose ogniuno di noi si riconosce.
Un saluto Aurelia e Buone Feste.

Loris Marcato 29/12/2016 - 23:05

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Anche a te Giulia il mio ringraziamento involontariamente posposto a Rocco e Letizia.Felice anno nuovo.Aurelia.

Aurelia Strada 29/12/2016 - 23:00

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Ti ringrazio di cuore per il tuo generoso intervento e ricambio gli auguri di buon anno nuovo. Aurelia

Aurelia Strada 29/12/2016 - 22:50

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Grazie Rocco per il garbato e gradito commento.Anche a te auguro un felice anno nuovo. Aurelia

Aurelia Strada 29/12/2016 - 22:47

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Un racconto bellissimo e veritiero Quanti dolori nell' anima ci porta l 'adolescenza! Ma restera' sempre una bellissima eta'. Complimenti vivissimi! E buon anno!

Letizia Messina 29/12/2016 - 18:05

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UN DILIGENTE QUANTO VERO OSSERVARE...
IL MIO ELOGIO E IL IO LIETO ANNO, AURELIA.
*****

Rocco Michele LETTINI 29/12/2016 - 13:10

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Già, le cose vanno come vanno e col senno di poi chissà quante cose potrebbero andare diversamente.

Giulia Bellucci 28/12/2016 - 19:04

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