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Scrivi un racconto che abbia questo inizio:
"Guardò fuori dalla finestra della camera di letto.
Sapeva che quella sarebbe stata l'ultima notte della sua vita."


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L'ULTIMA NOTTE

"Guardò fuori dalla finestra della camera di letto.
Sapeva che quella sarebbe stata l'ultima notte della sua vita" in quella casa.
Quante volte si era fermata davanti alla finestra a guardare i monti di fronte a lei, era il panorama più bello che le fosse mai apparso davanti agli occhi.
Ogni giorno quei monti cambiavano colore, ad ogni stagione cambiavano aspetto, ma erano sempre là, immutati nel tempo.
La neve li imbiancava tutti in inverno, la primavera scioglieva la neve e la bella stagione faceva sfavillare il verde dei prati ricoperti di crochi e di margherite bianche e gialle, l’autunno spogliava tutti gli alberi che il vento sparpagliava ovunque.
Si era abituata a quello spettacolo sempre uguale ma sempre diverso.
Aveva dato per scontato che quella sarebbe stata sempre la sua casa, ma ora invece era venuto il momento di dire addio a tutto questo e soprattutto di dire addio a quello che per tanti anni aveva ritenuto l’unico uomo della sua vita.
Tutto era cominciato qualche anno prima, quando tutti e due avevano deciso di trasfe-rirsi in quella casa di montagna, lasciando tutti e tutto. Prima avevano una bella casa in città, Lucia lavorava in uno studio di avvocato e Fabio, suo marito, lavorava in una ditta di informatica.
Il troppo lavoro di tutti e due li rendeva sempre più stanchi ed insofferenti, motivo per cui non avevano mai avuto il tempo di pensare ad avere un figlio: troppo lavoro, troppi impegni, troppi pensieri.
I loro primi anni di matrimonio erano passati così: il lavoro che li assorbiva per l’intera giornata, qualche gita nei fine settimana, qualche cena con gli amici, qualche viaggio, almeno uno o due all’anno, su qualche isola tropicale, distesi al sole per recuperare un po’ di energie, poi tutto riprendeva quasi ciclicamente, senza scosse né imprevisti.
Un bel giorno Fabio però era tornato a casa sconvolto e con una strana espressione in volto.
Lucia le era andata incontro preoccupata perché non lo aveva mai visto in quello stato.
Fabio entrò in casa e le si fermò davanti e le disse, tutto in un botto:
“Basta, non ce la faccio più, mi sono licenziato”.
“Ma che dici?“, aveva esclamato Lucia, fra l’incredulo e lo sconvolto, “che cosa ti è successo?
Fabio si andò a distendere sul divano e disse:
“Scusami, ora non ne voglio parlare, poi ti racconterò”.
Lucia capì che quello doveva essere un momento molto difficile per Fabio, non voleva esasperarlo con le sue domande né tantomeno litigare con lui e pensò bene di rispettare il suo bisogno di silenzio.
Se ne andò in cucina e in maniera automatica si mise a preparare la cena: un’insalata, due pomodori, delle olive e del tonno; mise tutto in una insalatiera, apparecchiò la tavo-la, e si sedette in silenzio al proprio posto, inerme e inebetita, ad aspettare.
La pendola del salotto cominciò a battere le ore, Lucia si riprese dal suo torpore, contò i rintocchi , erano le dieci, non si era accorta che fosse passato così tanto tempo.
Anche Fabio doveva aver sentito suonare la pendola, infatti, dopo poco se lo vide arri-vare in cucina e, senza dire niente, si sedette al suo posto, davanti a lei.
Fabio la guardò, sempre in silenzio poi disse:
“Ho fame”.
Sulla tavola c’era la zuppiera con l’insalata, la prese, si servì e cominciò a mangiare, cercando di non incrociare lo sguardo di sua moglie.
“Mi sono licenziato, non ne potevo più di sopportare quella situazione, sentirmi sempre responsabile di tutto, dovermi fare carico di tutti i problemi della ditta. Io voglio avere la mia vita, voglio vivere la vita come piace a me, voglio sentirmi libero”, disse ad un certo punto, smettendo di mangiare.
“Hai fatto bene, dobbiamo pensare anche a noi stessi”. gli rispose tranquillamente Lucia.
Fabio alzò la testa e i suoi occhi incontrarono quelli di Lucia, la guardò a lungo, poi disse:
“Ma davvero non sei arrabbiata, non sei preoccupata, non ti chiedi come faremo da ora in poi? Non potremo più permetterci le cose a cui ci siamo abituati in tutti questi anni! Non ti chiedi come faremo da ora in avanti senza il mio stipendio?”.
Lucia cercò di mantenersi calma e di controllare la sua voce e disse:
“Stai tranquillo, in un modo o in un altro, troveremo una soluzione “.
Poi si alzò, le andò vicino e gli dette un bacio sulla fronte, quasi a sfiorargli i capelli.
Fabio le passò un braccio intorno alla vita, attirandosela a sé, accennando un debole sorriso.
Dopo aver cenato, tornarono in salotto, sentivano il bisogno tutti e due di stare vicini ma anche di parlare, per poter capire meglio cosa stesse succedendo.
Lucia nel frattempo cercava di capire dal canto suo cosa stesse capitando a Fabio; suo marito era stato sempre un uomo molto responsabile, un grande lavoratore; quando si era iscritto all’università si era sacrificato tanto per lo studio perché voleva laurearsi nei tempi giusti e potersi così sposare. Non era possibile che all’improvviso fosse cambiato così tanto.
Anche Fabio stava rimuginando qualcosa nella sua testa, forse non trovava le parole giuste per cominciare. Lucia lo conosceva bene e a volte le era sembrato di riuscire a leggere persino i suoi pensieri. Lo stava osservando, vedeva la sua espressione triste, ma negli occhi vedeva anche degli sfavillii strani che tradivano forse un entusiasmo non ancora espresso.
Lucia gli andò incontro , dicendo:
“Fabio, ma tu hai già pensato a qualcosa? Hai già un’idea di cosa ti piacerebbe fare veramente?”
“Per dire la verità un’idea pazza nella testa ce l’ho “, rispose Fabio, “ ma temo che tu non la voglia nemmeno sentire dire” .
“Se non me la dici, non potrò mai dire se mi piace o meno“, le rispose Lucia.
Fabio rimase un po’ in silenzio, poi cominciò:
“Sai, la casa dei miei nonni in montagna. Sono tanti anni che è disabitata, ma è una bella casa grande, con molte stanze, basterebbe poco per rimetterla in sesto e renderla abitabile e piacevole. Avevo pensato che potremmo realizzarci un “agriturismo” . Po-tremmo ristrutturare la casa con i nostri risparmi, potremmo vendere questa casa e andare a vivere in montagna e in questo modo potremmo tranquillamente gestire l’attività”. Lucia rimase per un attimo senza parole, poi cercando di mantenere sempre la calma, disse:
“L’idea non è male, ma ci costerà un sacco di soldi e se poi tutto andasse male… rimar-remmo senza soldi e senza casa, senza contare che dovrei licenziarmi anch’io”.
Fabio a quel punto tirò fuori tutto il suo entusiasmo e in un attimo illustrò a Lucia tutto il progetto che per dire la verità sembrava già pensato in tutti i dettagli, anche quelli mi-nimi.
Lucia non lo seguiva più, pensava al suo lavoro a lei tanto caro, pensava alla sua casa, pensava alle sue amicizie, pensava ai suoi viaggi, tutto sarebbe stato spazzato via in un batter d’occhio.
Quando si riprese sentì Fabio che continuava a parlare:
“… tu dovrai licenziarti, ma non subito, i primi tempi io seguirò gli operai durante i la-vori di ristrutturazione e solo quando la casa sarà pronta, potrai licenziarti e seguirmi nella casa di montagna che sarà diventata un bellissimo casolare rustico, ma moderno e con tutti i confort…”.
Lucia ebbe solo la forza di dire:
“Va bene, ma ora voglio andare a letto perché sono stanca e domani ho una brutta giornata di lavoro”.
Fabio, invece, sembrava ringiovanito ed era pieno di entusiasmo e di euforia , tanto che le disse:
“Vai pure, ti raggiungerò dopo, ora voglio vedere alcune cose al computer.”
Lucia andò a letto, il sonno non voleva darle la pace desiderata e mille pensieri le si affollavano nella mente.
La stanchezza poi ebbe la meglio e Lucia si addormentò, ma il suo sonno fu pieno di incubi.
Al mattino, quando la sveglia squillò, Lucia si alzò subito, doveva andare a lavoro.
Fabio la salutò con un mugolio e si girò dall’altra parte, continuando a dormire.
Lucia guardava sempre fuori dalla finestra, ormai erano passati tanti anni da quel giorno.
Fabio era riuscito a realizzato tutti i suoi sogni, l’agriturismo ormai era diventato famoso e ricercato, proprio come aveva desiderato da sempre.
Erano stati anni di duro lavoro, ma non aveva rimpianti, era solo delusa ed avvilita.
Lucia lo aveva seguito, assecondato in tutto, aveva condiviso il sogno del marito, aveva rinunciato alla propria professione ed ora si trovava lì, davanti a quella finestra, senza sapere come avevano fatto ad arrivare a quel punto.
I primi anni erano stati belli, insieme avevano arredato il casolare, avevano avviato anche un piccolo ristorante.
Loro si erano riservati una dependance poco distante dal corpo centrale del casolare.
Quello era diventato nei primi anni il loro nido d’amore e lo custodivano gelosamente, lontano dagli occhi indiscreti dei clienti.
Man mano che il lavoro cresceva, più risultava difficile gestire il tutto da soli e cominciarono a prendere del personale in più per la gestione dell’azienda, per la gestione delle camere e per la gestione del ristorante.
Fabio si alzava presto al mattino per gestire tutto il complesso e soprattutto per organizzare il personale.
Fabio era soddisfatto del nuovo impegno, era felice di abitare nella casa dei nonni che aveva sempre amato, di vederla sempre piena di gente, clienti che diventavano amici, che portavano altri amici e Fabio al centro dell’attenzione, l’anfitrione di casa, intratteneva i suoi ospiti, la battuta sempre pronta, le storielle antiche del paese, le tradizioni dei suoi nonni, le prelibatezze del suo orto, il vino della sua cantina, l’olio del frantoio vicino , ogni giorno ampliava il suo repertorio, sempre diverso, sempre interessante, sempre coinvolgente.
E la gente si divertiva, rideva e scherzava in un clima che faceva dimenticare a tutti che poi ognuno di loro sarebbe dovuto tornare al proprio lavoro, alle proprie preoccupazioni. Quella diventava una bella terapia di gruppo che faceva stare bene tutti,
tutti tranne lei.
Più il tempo passava, più Fabio si concentrava sulle proprie cose da fare, sui clienti, sul ruolo che si era disegnato addosso e che sembrava calzargli a pennello.
Lucia, da buon avvocato, cercava di rimanere sempre con i piedi per terra; non era spigliata come lui, non aveva la battuta sempre pronta, le sue erano risposte corrette, cordiali, ma niente di più. Di solito si occupava delle ordinazioni e stava alla reception, ma un giorno arrivò Giovanna.
Giovanna era una bella ragazza, aveva fatto per un po’ di tempo la fotomodella, aveva dei bei capelli lunghi e rossi, due occhi verdi, delle gambe lunghissime, un bel portamento ed un sorriso sempre aperto sulle labbra e la sua risata era squillante e coinvolgente; chiunque la sentisse non poteva fare a meno di ridere insieme a lei.
Fabio riconoscendole questa sua facilità alla comunicazione le aveva dato subito l’incarico di accogliere e gestire i clienti, prendere ordini, senza preoccuparsi nemmeno di chiedere a sua moglie se fosse stata d’accordo su quel cambiamento., anzi aveva dato per scontato che ella avrebbe dovuto sostituire Giovanna quando questa fosse stata occupata in altre cose più importanti.
In poco tempo l’attenzione dei clienti era attratta non solo da Fabio, ma anche da Giovanna, che Fabio aveva incominciato a chiamare “Giovy”.
Lucia provò più di una volta a protestare con Fabio, dicendogli che “quella” stava prendendo troppo campo su tutto, ma Fabio, in maniera tranquilla, le aveva risposto:
“Ma, cara, non ti devi preoccupare, Giovy è una ragazza semplice, disponibile, cerca di fare del suo meglio, poi, per dire la verità, mi dovresti invece ringraziare perché in questi anni hai lavorato duramente ed ora almeno puoi riposarti un po’ e dedicarti anche ai tuoi hobby.”
“Quali hobby” pensò con rabbia Lucia , non aveva mai avuto tempo di coltivare i propri hobby nella sua vita, prima per lo studio poi per il lavoro poi per l’agriturismo.
Le proteste di Lucia non scalfivano minimamente Fabio, che, grazie anche alla vicinanza di Giovanna, stava diventando ancora più allegro e spiritoso.
A Lucia non rimaneva che fare delle fugaci apparizioni e solo se richieste e necessarie, per il resto non poteva sopportare le continue umiliazioni indirette che Fabio le elargiva in quantità né riusciva a sopportare gli sguardi compassionevoli del personale che lavorava nell’azienda e quando poteva si ritirava nella sua dependance e riprendeva in mano i suoi libri di legge.
Nonostante tutto Lucia, comunque, continuava come sempre a dare una mano a tutti e a prodigarsi per il buon funzionamento della struttura.
Fabio era sempre più sfuggente e sempre più affiatato con Giovanna e “Giovy” era sempre sulla sua bocca.
I mesi passavano e l’affiatamento fra Fabio e Giovy aumentava ogni giorno di più, ormai bastava uno sguardo perchè i due si intendessero immediatamente.
Lucia stava vivendo un incubo ma non avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire così.
Fabio come suo solito, aveva predisposto tutto, aveva già pensato a tutto e ancora una volta aveva deciso per lei.
Una sera lo vide rientrare a casa, o meglio nella loro dependance, un po’ prima del solito. Lucia non aveva potuto fare a meno di guardarlo in viso: il suo volto era scuro, preoccupato, ma il suo sguardo era deciso.
Lucia era rimasta seduta alla sua scrivania, davanti al computer e dalle sue labbra era riuscita a fare uscire solo un “ciao”
Fabio, senza ricambiare il suo saluto, era andato invece a sedere sul divano.
Un attimo di silenzio, poi le sue parole divennero lame taglienti che si conficcavano nel cuore di Lucia, ad una ad una.
“ Scusa, non possiamo andare avanti così, ormai non posso più tenermi dentro questo segreto e ritengo necessario dirti quello che provo per Giovy. Io la amo, non posso più vivere senza averla vicina, voglio vivere per sempre con lei, so di darti un dolore, ma non posso farne a meno, ormai lei è per me più importante dell’aria che respiro”.
“Mi stai buttando fuori di casa, o sbaglio?”, ribattè Lucia senza alzare la voce e senza un cenno di pianto” .
“No, ma che dici, puoi decidere con comodo, per ora puoi rimanere ancora qui, io da stasera mi trasferirò dall’altra parte con Giovy”.
“Grazie, per esserti sentito in dovere di comunicarmelo”, gli rispose Lucia, in modo sarcastico, “Stai tranquillo, stasera preparerò le mie cose e domani mattina non mi troverai più qui, ne puoi essere certo”.
Senza aggiungere altro, Fabio si era alzato, forse aveva avuto l’istinto di avvicinarsi per darle un saluto, ma Lucia si era voltata dall’altra parte, evitando qualsiasi contatto.
Fabio uscì dalla stanza in silenzio, forse molto piano aveva detto “ciao”, ma Lucia fece finta di non averlo sentito.
La notte era stata lunga, non era andata nemmeno a letto, aveva preso solo le sue cose personali, il computer, e qualche altra piccola cosa che aveva allineato sul tappeto del salotto, tutto doveva essere pronto per l’indomani mattina.
Guardò ancora una volta fuori dalla finestra, quella era stata veramente l’ultima notte della sua vita in quella camera da letto, in quel casolare di montagna, dove aveva dato tutta se stessa.
Le cime dei monti andavano colorandosi di rosso, l’alba ormai si faceva avanti e il sole cominciava a sorgere.
Un ultimo sguardo alla camera, al letto dove tante volte aveva fatto l’amore con Fabio, dove tante volte aveva trovato rifugio e conforto fra le sue braccia.
Le lacrime stavano facendo capolino nei suoi occhi, con rabbia le ricacciò indietro e una voce interiore sembrò gridare dentro di lei: “Fabio, ma chi è Fabio, per me non esiste più nessun Fabio“.
Era bastato quel pensiero per scuotersi di dosso tutto il torpore della notte.
Senza indugio, raccolse tutte le sue cose: prese le valigie, la sua borsa, il suo computer e scese le scale.
Di fianco alla casa l’aspettava la sua macchina, aprì il baule, mise tutte le sue cose dentro e salì in macchina.
Ormai il sole faceva capolino fra i monti.
Era l’inizio di un nuovo giorno
Era l’inizio di una nuova vita.
Senza indugio, accese il motore, ingranò la marcia e si avviò verso il vialetto che l’avrebbe portata fuori da quella proprietà, che per lei da quel momento non sarebbe più dovuta esistere.
Mentre l’auto scivolava lenta sul selciato, Lucia non potè fare a meno di dare uno sguardo furtivo allo specchietto retrovisore, le sembrò di intravedere una tenda che si muoveva dietro i vetri, chissà…, ma ormai era troppo tardi per tutto, non le restava che premere il piede sull’accelleratore, andare verso la statale e cominciare una nuova vita.



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Scrittura creativa scritta il 20/07/2013 - 00:04
Da Roberta Sbrana
Letta n.1278 volte.
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