Notti sui pedali
Dopo aver consegnato l’ultimo Corriere della Sera nella maniglia della porta sul retro del Camparino, salutando dal vetro Gaspare che mi lascia sempre un croissant appena sfornato, rientro a casa con la bicicletta dalla Haibun dove lavoro ormai da un bel po’
fragili mani
intirizzite al gelo-
si schiude marzo
Tornando dove vivo fuori dal centro abitato, attraverso diverse zone e ognuna di esse ha un odore di caminetti che bruciano legna sempre differente. L’aria è densa di aromi particolari e spesso molto buoni, quella che preferisco sa di faggio.
Qualche volta mi fermo per la strada a prendere del gelato, solo di domenica o quando è festa. A casa mi aspetta la mia Elda
sul cono dita
ave e mustacchi rossi-
fuori stagione
Di solito dormo qualche ora, mi sveglia lei. La conobbi che aveva 12-13 anni, in ottobre con il cielo terso. Lei era una “piscinina”, un’aspirante sartina che imparava il mestiere. Sognavamo di comprare un’auto e andare insieme al mare…
foulard azzurro
in decappottabile-
schiuma d’autunno
Dopo qualche ora di sonno, incomincia la giornata: sono l’omm dè la gùgia, l’uomo che aziona manualmente gli scambi ferroviari.
Elda se ne è andata in quell’odore inconfondibile della pioggia sull’asfalto in una giornata afosa d’estate, senza aver visto il mare
effluvio d’erba
ingiallita e di terra-
rorida bara
Le mie notti da un po’ hanno un odore acre, pungente… non saprei nemmeno come descriverlo. Forse niente di tutto ciò. Solo… oggi ho voglia di stringermi tra le braccia, e volermi bene.
Dante, febbraio 1960
Alcune notti prima di addormentarmi leggo questa lettera di nonno al futuro, o almeno è così che mi piace pensare. Mi pare di sentire un tintinnio tra gli alberi dove una volta c’era un Drive in, dove i nonni la prima volta si sono amati
cinema muto-
occhiate e pelle d’oca
bisbiglia il nibbio
Mi pare di vederlo fermarsi alle porte della città da el cafettee del cafè del genoeucc che col suo trespolo su ruote vendeva fino all’alba un intruglio caldo ricavato dai fondi di caffè agli operai che rientravano a casa e non potevano permettersi il lusso di sorseggiare quello “vero” dei pochi bar ancora aperti a quelle ore.
Immagino il nonno che per gustare meglio il caffè, seduto su un qualunque gradino, poggiava la tazzina sul ginocchio.
Oggi mi stringerò tra le braccia… per volermi un po’ di bene.

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