Frère douleur, soeurs sérénité
E quando rientravi dalla spesa, t-shirt madida sulla schiena e scarpe da ginnastica legate insieme a penzoloni tra le borse, spossata e coi capelli in disordine… ero riconoscente a ogni attimo che mi aveva afflitto nell’attesa.
Toccavi le gocce tra due dita con disinvoltura, ti spostavi sotto il getto d’acqua con sicurezza e sollevavi appena la testa inclinandola indietro. Versavi un po’di bagnodoccia sul palmo della mano accarezzandoti le spalle e sul grembo. Ne versavi dell’altro sulle mani, e scrivevi TI VOGLIO TROPPO BENE sul vetro.
Dopo aver spostato una gamba leggermente in avanti, sollevando sulla punta il piede ti chinavi per insaponarti il polpaccio e la caviglia. Ti aiutavo col sapone sui fianchi, intanto stendevi le braccia in avanti fino a farmi sentire le tue mani toccare i gomiti, e ti stringevo forte per non perderti.
Mentre mi appoggiavi un TI AMO sulle sopracciglia.
Mi riporta nella sala il rumore della pellicola che striscia sul bordo della bobina, come ci fossero i Lumière a girare la manovella; resta solo l’odore tostato del cinema e sullo schermo il peso dei titoli di coda.
In platea non è rimasto nessuno, e forse mi sto solo facendo del male. Mi sembra di essere qui seduto da sempre con l’alter ego di me stesso, e si spegne il proiettore.
La maschera che maschera non lo è mai stata riaccende le luci prima del prossimo spettacolo, ma è al buio che meriterebbe il giusto riguardo.
In questo film dove non è mai stato importante come entri nella vita degli altri, non so quante volte da dietro il cinematògrafo mi sono visto andare via di schiena in un vicolo.
“Una presenza, è così che direi…” una voce dal foyer, o dentro la mia testa. Ma anche qui fuori non è rimasto nessuno.
“…che mentre tutti ridono con te, guarda negli occhi il tuo vuoto.
Non sono mai un appuntamento, più un laccio direi con uno scopo preciso. Non è esserci sempre, ma non andarsene mai.
Siamo le ore che oliano gli ingranaggi del tempo. Con le altre ventitrè hai il cuore morbido, a volte tremano ancor prima di giungere.
Non chiederti chi sono io, solo un perfetto sconosciuto… quando io porto una lacrima, loro un sorriso”.

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Bella scrittura creativa!














Un racconto che coinvolge, come sempre la tua scrittura.
I poeti soffrono più degli altri, non sono mai impermeabili, anzi, sono spugne.
Veramente bello... sai, non guardo mai, mai vecchi filmini o vecchie foto... fa troppo male. Tanto il film è nel cuore, che lo contiene e rivede a suo piacimento, come in questo caso


