Entravi in casa ed un giorno sentivi che erano arrivati. Le galline comparivano da nonno sotto forma di pulcini dorati che durante l'inverno abitavano in casa, in uno scatolone.
Solitamente venivano posti nel piccolo ingressino, quasi a miracol mostrare, un pigolare continuo. Il posto era anche stategico perchè non ingombravano il piccolo soggiorno e poi erano accanto alla stufa a legna che li teneva al calduccio.
Ne servivano una mezza dozzina perchè la selezione naturale prevedeva che qualcuno non ce la facesse.
In primavera, sbozzolati e rimasti solitamente in non più di quattro, venivano alloggiati in un gabbiotto esterno per acclimatarsi. Ormai erano ingombranti in casa e non potevano più stare nell'angusto scatolone di cartone.
Fuori ad accoglierli il freddo che in alcune notti era ancora pungente perchè la conquista del mondo esterno era dura per galline con la crestina ancora a raso che non erano ancora prontissime per la vita adulta. Ma chi lo è “in qual forma, in quale stato che sia, dentro covile o cuna?”
In estate, ormai galline e rimaste in tre, veniva fatto l'inserimento nel pollaio. Inizialmente erano separate da una rete che le divideva dalle vecchie matrone poi, dopo qualche beccata di aggiustamento, entravano a pieno titolo nel gruppo.
Era qui che cominciavano i miei esperimenti per vedere quanto fossero intelligenti.
“La gallina non è un animale intelligente” cantavano Cochi e Renato ed in effetti quando mettevo un vecchio specchio nel pollaio dapprima lo beccavano sorprese di vedersi senza riconoscersi, poi guardavano dietro per cercare di capire il trucco.
A partire dal successivo autunno un paio delle vecchie galline diventavano brodo e lesso per la domenica; non avevamo l'abitudine di dare i nomi alle galline perchè si sapeva che fine avrebbero fatto. Veniva chiamato Angiolino che scendeva dalla sua postazione al secondo piano del condominio per procedere alla esecuzione.
Nei giorni delle feste comandate si ribaltava il proverbio antico, perchè era meglio una gallina oggi che un uovo domani.
Il nuovo anno gettava via il vecchio e dopo l'Epifania, intorno ai giorni della merla, entrando in casa si sentiva di nuovo il suono conosciuto: anno nuovo, nuovi arrivi.
“Pio, pio...”
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