Lui. Pioggia nel deserto.
Hayd è...Hayden è. E' e basta. Sì, perché non servono aggettivi o nomi per descriverlo. Non basterebbero. O non servirebbero. O non ne sarebbero all'altezza. Una pioggia in un deserto. Rende fertile. Umidi. Vivi. Ecco, questo è lui per me. Il suo cipiglio distaccato, la sua saccenza, il suo modo di fare, il suo modo di starmi vicino. No, non sono esattamente normali e usuali ma a me sta bene così. Probabilmente mi piace proprio per quello. Ha un tempismo pessimo e non c'è mai quando ho bisogno di lui. Ma prima o poi arriva. E sa calmarmi. O semplicemente ascoltarmi. Sa capire anche i miei silenzi e i miei sguardi ed è semplicemente disarmante. Strano per una come me, per una che si è costruita un muro per anni, un muro che è stato abbattuto così presto da uno sconosciuto. L'ha percepito e l'ha scavalcato, senza che io potessi far niente per fermarlo. O che volessi, forse. Ricordo ancora la prima volta che ho incontrato il suo sguardo. I suoi occhi plumbei, dentro ai miei, quasi mi trafiggevano. Mai era capitato prima che qualcuno mi fecesse sentire «piccola». Lui era così alto, così sicuro di sé, così composto. Ed io sembravo così minuta, così fragile, così delicata in confronto a lui. Eppure le apparenze ingannano ed Hayden ne ha subito avuto prova. La mia lingua biforcuta ha infranto le sue aspettative e forse ha fatto nascere in lui il desiderio di avermi. Ho capito subito che aveva qualcosa che gli altri non avevano. Lui era diverso. Diverso, come me. E quindi simili nella nostra diversità. Non so se mi spiego.
Sa tenermi testa. Sa controbattere a quel che dico e questo mi irrita parecchio. Ma allo stesso tempo mi fa letteralmente impazzire. E' il mio compagno di chiacchierate filosofiche, zuffe culturali e abbuffate poco salutari. Ama la maggior parte delle cose che amo io e questo è il bello. Sa ascoltare il dolce profumo delle parole dei libri, sa riconoscere l'odore delle pagine appena stampate, apprezza il gusto dell'arte, della scienza, del nuovo. E' dannatamente divertente sentirci parlare: ci insultiamo, litighiamo e ci arrabbiamo ma è solo il nostro modo per dimostrarci affetto. Adoro l'espressione contrariata che fa quando qualcosa di poco acido esce dalla mia bocca o quando lo chiamo con i soprannomi che invento, strorpiando il suo nome. Sembra un bambino, con le gote arrossate per il misto tra vergogna e nervosismo. Ed io non posso fare a meno di ridere. E poi di baciarlo. Starei ore, lì, in un angolo, a fissarlo mentre contempla il cielo e pensa. Starei ore, lì, sul suo petto, a guardare le stelle con lui, in silenzio. Riesce a tirarmi su con un nonnulla, riesce ad addolcirmi e rendere vulnerabile, come non vorrei mai essere. Ma alla fine con lui sono semplicemente me stessa. Perché so di potermi fidare. Perché so che non può tradirmi. Glielo leggo negli occhi. Glielo leggo dentro. Anche se non so mai quel che pensa. O meglio, lo intuisco, ma non me lo dice mai. Ma in fondo so che mi ama. E mi chiedo ancora il perché. Sembra quasi che non veda la mia patina di acidità o che la veda ma gli piaccia. Un tipo come me, insomma, fuori dagli schemi. Hayden è un tipo seccante, noioso, borioso. Hayden è tante cose ma soprattutto mio. Perché anche se non ce lo diciamo spesso, ci amiamo. Perché noi non siamo che le metà di un androgino.
[To be continued...]
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Ottimamente le hai rese.
Ciao. Vera