È tardo pomeriggio, quando finalmente mettiamo piede sotto le volte della Stazione Centrale, il sole batte ancora su di esse e le arroventa. Dentro un caldo umido, appiccicoso, è il caldo di Milano. La città è deserta, sono tutti qui ad aspettare un treno per il mare. Come noi. La stazione è un formicaio, gremita di gente all'inverosimile. Gente che va, gente che viene, che si sposta di binario in binario carica di bagagli. Un vociare assordante rimbomba sotto le volte della stazione.
A che ora è il treno per Riccione? Chiediamo informazioni. Otteniamo risposte vaghe. I tabelloni non sono di conforto, segnano treni con ritardi paurosi, sia in partenza che in arrivo.
Dai treno, che dobbiamo andare al mare.
E che caldo! Alle fontanelle si deve far la coda per un sorso d'acqua. E attenti ai piccioni che dall'alto ti scagazzano addosso!
Partono treni stracolmi verso il sud, ma la stazione non si svuota. Teniamo le orecchie in allarme, attente agli annunci dell'altoparlante. Ci spostiamo da una parte all'altra col nostro armamentario di bagagli. Passano le ore ,è buio e siamo ancora qui. Per ammazzare il tempo stendiamo una stuoia a terra e giochiamo a carte tra l'infinito andirivieni. Qualcuno commenta: beata gioventù! Sì, giochiamo, ma nervosamente e con l'orecchio teso al famigerato annuncio.
Eccolo! Finalmente. Il nostro treno lentamente, quasi in silenzio, fa il suo ingresso sotto le volte della Centrale. Non è ancora fermo e già c'è chi sale a bordo. È un assalto, come nel Far West, come l'assalto alla diligenza. Entriamo dai finestrini anche noi, issiamo i bagagli: la tenda, gli zaini, la chitarra... e occupiamo lo scompartimento. Evviva! Ce l'abbiamo fatta, grondiamo sudore, si va. No non si va. E ora perché non parte? Non c'è una risposta. E dentro al treno fa ancora più caldo.
Dai treno, che dobbiamo andare al mare.
È da poco passata mezzanotte, quando finalmente usciamo dalla stazione. Ora ridiamo, scherziamo, mentre attraversiamo le vie deserte e addormentate della città, ma poco dopo c'incazziamo di nuovo perché siamo di nuovo fermi. Sarà un viaggio a singhiozzo. È un treno straordinario e ha tutte le caratteristiche di un treno locale: si ferma dappertutto, anche in campagna, dà la precedenza a tutti. Poi stanchi cediamo le membra a Morfeo.
Quando ci risvegliamo è già chiaro; e siamo fermi. E ti pareva?
Dove siamo? Mettiamo la testa fuori dal finestrino, siamo in stazione, siamo a Bologna. Anche qui un infinito andirivieni di gente. Gente che va in vacanza, che torna al paese. Gente che aspetta un treno, che consulta gli orari. Gente che legge il giornale, che dorme sulle panchine. E poi cumuli di bagagli. Aroma di caffè, profumo di cornetti appena sfornati. Rumore di stoviglie, tazzine e piattini.
L'orologio lungo i binari fa le sei.
Dai treno, che dobbiamo andare al mare.
Dai cazzo, che dobbiamo montare la tenda!
Dai, che ci fregano le ragazze! Dai treno, dai!
Finalmente alle otto il treno riprende la sua corsa verso il mare. Era ora!
Alle dieci e mezza siamo davanti alla reception del campeggio. Fa caldo, rondini e gabbiani si contendono l'azzurro del cielo, aria salmastra... già pregustiamo un tuffo in mare.
Dai, che dobbiamo montare la tenda!
Passa gente spensierata con gli asciugamani e va verso la spiaggia, bambini con secchiello e paletta. E guarda che ragazze! Il collo ci si torce per seguire il loro sinuoso andare.
E dai, che ci fregano le ragazze!
Nella reception c'è la televisione accesa. Edizione straordinaria. Tendiamo l'orecchio. Improvviso il cielo si oscura, un fulmine. Fa freddo, è buio. Brividi di ghiaccio corrono lungo la schiena.
È scoppiata una bomba alla stazione di Bologna. Si parla di decine di morti.
Ci guardiamo esterrefatti, increduli, ammutoliti. Eravamo lì due ore prima dello scoppio! Due ore prima che “NESSUNO” spegnesse per sempre il sole a ottantacinque vite umane che andavano in vacanza!
Erano i giorni delle vacanze.
Era un giorno di morte.
A che ora è il treno per Riccione? Chiediamo informazioni. Otteniamo risposte vaghe. I tabelloni non sono di conforto, segnano treni con ritardi paurosi, sia in partenza che in arrivo.
Dai treno, che dobbiamo andare al mare.
E che caldo! Alle fontanelle si deve far la coda per un sorso d'acqua. E attenti ai piccioni che dall'alto ti scagazzano addosso!
Partono treni stracolmi verso il sud, ma la stazione non si svuota. Teniamo le orecchie in allarme, attente agli annunci dell'altoparlante. Ci spostiamo da una parte all'altra col nostro armamentario di bagagli. Passano le ore ,è buio e siamo ancora qui. Per ammazzare il tempo stendiamo una stuoia a terra e giochiamo a carte tra l'infinito andirivieni. Qualcuno commenta: beata gioventù! Sì, giochiamo, ma nervosamente e con l'orecchio teso al famigerato annuncio.
Eccolo! Finalmente. Il nostro treno lentamente, quasi in silenzio, fa il suo ingresso sotto le volte della Centrale. Non è ancora fermo e già c'è chi sale a bordo. È un assalto, come nel Far West, come l'assalto alla diligenza. Entriamo dai finestrini anche noi, issiamo i bagagli: la tenda, gli zaini, la chitarra... e occupiamo lo scompartimento. Evviva! Ce l'abbiamo fatta, grondiamo sudore, si va. No non si va. E ora perché non parte? Non c'è una risposta. E dentro al treno fa ancora più caldo.
Dai treno, che dobbiamo andare al mare.
È da poco passata mezzanotte, quando finalmente usciamo dalla stazione. Ora ridiamo, scherziamo, mentre attraversiamo le vie deserte e addormentate della città, ma poco dopo c'incazziamo di nuovo perché siamo di nuovo fermi. Sarà un viaggio a singhiozzo. È un treno straordinario e ha tutte le caratteristiche di un treno locale: si ferma dappertutto, anche in campagna, dà la precedenza a tutti. Poi stanchi cediamo le membra a Morfeo.
Quando ci risvegliamo è già chiaro; e siamo fermi. E ti pareva?
Dove siamo? Mettiamo la testa fuori dal finestrino, siamo in stazione, siamo a Bologna. Anche qui un infinito andirivieni di gente. Gente che va in vacanza, che torna al paese. Gente che aspetta un treno, che consulta gli orari. Gente che legge il giornale, che dorme sulle panchine. E poi cumuli di bagagli. Aroma di caffè, profumo di cornetti appena sfornati. Rumore di stoviglie, tazzine e piattini.
L'orologio lungo i binari fa le sei.
Dai treno, che dobbiamo andare al mare.
Dai cazzo, che dobbiamo montare la tenda!
Dai, che ci fregano le ragazze! Dai treno, dai!
Finalmente alle otto il treno riprende la sua corsa verso il mare. Era ora!
Alle dieci e mezza siamo davanti alla reception del campeggio. Fa caldo, rondini e gabbiani si contendono l'azzurro del cielo, aria salmastra... già pregustiamo un tuffo in mare.
Dai, che dobbiamo montare la tenda!
Passa gente spensierata con gli asciugamani e va verso la spiaggia, bambini con secchiello e paletta. E guarda che ragazze! Il collo ci si torce per seguire il loro sinuoso andare.
E dai, che ci fregano le ragazze!
Nella reception c'è la televisione accesa. Edizione straordinaria. Tendiamo l'orecchio. Improvviso il cielo si oscura, un fulmine. Fa freddo, è buio. Brividi di ghiaccio corrono lungo la schiena.
È scoppiata una bomba alla stazione di Bologna. Si parla di decine di morti.
Ci guardiamo esterrefatti, increduli, ammutoliti. Eravamo lì due ore prima dello scoppio! Due ore prima che “NESSUNO” spegnesse per sempre il sole a ottantacinque vite umane che andavano in vacanza!
Erano i giorni delle vacanze.
Era un giorno di morte.
Stefano Chiarato
Opera scritta il 27/07/2015 - 18:10
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