Mi mettono di buon umore questi suoni, è un messaggio positivo del vivere che mi trasmettono, e sono a loro grato.
Lascio la finestra un poco aperta e mi accorgo che in un angolo del davanzale sta accadendo qualcosa di naturale, ma per molti aspetti curioso. In una piccola ragnatela è rimasto impigliato e prigioniero un insetto nero, con varie zampette nere, che cercano vanamente di liberarsi dai tenaci fili, e sulla parte anteriore, vicino alla bocca, due specie di tenaglie, simili a quelle dei granchi, per capirci, che scattano anch'esse nel tentativo di recidere quei fili e uscire dal groviglio che lo tiene sospeso e bloccato. Il ragno si trova a una certa distanza e non osa avvicinarsi più di tanto, ma solo quello che è necessario per avviluppare di più e meglio la sua preda. Curioso è il fatto che la preda è almeno cinque o sei volte più grossa del "ragnetto". Non ho dimestichezza scientifica degli insetti e non so come si chiamino e che caratteristiche abbiano, e tuttavia destano il mio interesse per questa differenza di mole, che stupisce, il più grosso sia vittima del più piccolo. Prendo una lente per meglio osservare cosa accade e per guardarli bene in faccia questi protagonisti della naturale vicenda della vita e della morte.
Ebbene, ambedue sono mostruosi, naturalmente; e lo sono correlativamente alla loro grandezza. La lente con cui li osservo direttamente a qualche centimetro di distanza mi chiarisce perchè i mostri creati dai romanzieri dell'orrore, siano copiati esattamente da questi insetti di pochi millimetri: basta ingrandirli e abbiamo bello e pronto l'orrore formato fantasy. Anche ciò che sta facendo il ragnetto potrebbe appartenere alla categoria dell'orrore (reale). Sta avviluppando con pazienza e prudenza la sua preda di filamenti inestricabili che non gli consentono che minimi movimenti spasmodici. Neppure con la lente, tuttavia, potrei dire se l'uno sia soddisfatto e l'altro disperato. Non è possibile cogliere, o meglio, interpretare la loro espressione. Se qui ci fossero quelli del National Geographic potrebbero, con i mezzi tecninci a loro disposizione, raccontarla assai meglio di me questa storia minima ma universale. Non sono un "guardatore" di documentari sulla natura e sugli animali ma uno che ho visto e che riguarda il nostro argomento me lo ricordo.
Se fosse del National Geographic non so, ma si trattava di una storia di leoni che avevano circondato un grosso bufalo in un pantano; ed essendo pericoloso avvicinarsi a lui, ben vivo e in grado di difendersi, lo attaccavano in veloci sortite improvvise, con morsi feroci e taglienti zampate, allo scopo di indebolirlo progressivamente, e attendere pazientemente il momento in cui avrebbero potuto sferrare l'attacco conclusivo. Non proprio così semplice però, il bufalo era possente e resisteva. Nella calura della savana africana le ore susseguivano le ore e i leoni erano sempre lì, acquattati a qualche metro dal bufalo ancora vigile.
L'attesa sarebbe stata lunga ma per i leoni quella era una montagna di carne cui non intendevano rinunciare. In quella situazione venne anche la notte e l'epilogo si sarebbe potuto solo immaginare se i tecnici che riprendevano la scena "primordiale" non avessero montato dei fari a illuminarla adeguatamente. Così noi spettatori abbiamo potuto seguirla realisticamente nella sua ovvia naturalezza. Quanto durò l'attesa di quel pasto non ricordo, ma forse un paio di giorni, e poi nel momento in cui il bufalo fu davvero debole - dal sangue perso e dalla sete - ci fu l'assalto finale e il grosso bestione fu sbranato in buona parte che era ancora vivo. Uno spettacolo cruento, forse truculento, ma spontaneo e naturale.
Il mattino dopo, come al solito apro il balcone della mia camera, ma stavolta, ben conscio (e curioso) dove avrei posato subito lo sguardo. Infatti sull'angolo destro del davanzale, eccoli, ancora presenti, i piccoli protagonisti di questa storia. L'insetto nero è ancora sospeso e prigioniero della quasi invisibile ragnatela ed è ancora vivo e ancora zampetta cercando il modo di liberarsi, e il ragnetto lo sorveglia a poca distanza da lui. "Come i leoni col bufalo" penso, ma il ragnetto è solo e piccolo.
Prendo la lente e li osservo meravigliato. Sono tentato di provare pena per l'insettuccio nero imbrigliato, e perfino sento l'impulso pietoso di liberarlo: ma non è forse, questo insetto, il cibo legittimo e necessario del ragnetto? Esattamente come il bufalo lo era per i leoni.
Dobbiamo del rispetto per il nostro cibo e anche per quello degli altri. Continuo dunque il mio osservare bandendo ogni cedimento alla pietà. "Quanto durerà questa ecologissima agonia?" mi chiedo, mentre noto che gli attacchi sul prigioniero si sono moltiplicati e sembrano spavaldi e privi ormai di ogni timore; tenacemente, tuttavia, l'insetto reagisce e continua a difendersi.
"Non è ancora giunto il suo tempo" dico rivolto alla scena.
Nel pomeriggio grosse nuvole scure spuntano in cielo, è troppo caldo, troppa afa, la tempesta è imminente. La calma piatta e scura, un lampeggiare muto in cielo, improvvise follate di vento è il segnale che si sta scatenando. Giunge ora anche il tuono potente e vicino, i cani guaiscono impauriti. Già precipitano grosse gocce che nell'impatto con la terra producono un rumore sordo.
Devo chiudere finestre e balconi e inizio frettolosamente dal pianterreno e poi di corsa in camera mia. Ed ecco che giunto al mio balcone, dove in un angolo si sta consumando il dramma ordinario, ma pure crudele, della catena alimentare nel regno animale, vedo che consumato non è ancora. L'insetto nero è ancora vivo, e il ragnetto non è vicino alla sua preda, ma, mentre grandine mista a poca pioggia iniziano a ticchettare e bagnare il mio davanzale, cerca riparo in uno dei legnosi anfratti della finestra. Teme la burrasca minacciosa in arrivo, e null'altro conta più. Ed io, spettatore neutrale - fino a quel momento - della vicenda fin qui raccontata, devo prendere una decisione determinante per il destino dei due insetti: se chiudo il balcone essi saranno salvi dagli elementi naturali che stanno imperversando il mondo mio e loro, o meglio, sarà salvo il ragnetto predatore, che per l'insetto il destino è già segnato; se invece lo lascio aperto velocemente saranno entrambi spacciati. Decido di non abbandonare la mia neutralità, come del resto, hanno fatto nella savana i tecnici documentaristi con il bufalo e i leoni, anzi loro, hanno acceso pure dei fari nella notte, affinchè la ferocia naturale si potesse ammirare, che è spettacolo da non perdere. Pochi secondi bastano, alla furia della grandine, che intanto è aumentata di intensità, a spazzare via e a lavare il mio davanzale da ogni traccia di vita. Chiudo, allora, il mio balcone.
In questa estate la cronaca ci racconta anche un'altra storia di animali, che non è estranea allo spirito di questa composizione. In una spiaggia americana, un bimbo di pochi anni che stava giocando un pò in disparte da genitori e conoscenti (forse distratti), è stato addentato da un coccodrillo. Quando questi ultimi se ne sono accorti, hanno cercato di "strappare" dalle fauci micidiali del grosso rettile, il bimbo; inutilmente, che quando le mascelle di quelle bestie sono serrate, nessuno è in grado di aprirle.
Nella assai armata America, dei presenti disperati, nessuno aveva un'arma in grado di "fermarlo" mentre trascinava il bimbo nelle melmose acque della palude vicina.
E' innocente il coccodrillo istintivamente in cerca di una preda, innocente il bimbo ignaro nella spiaggia. Le stesse cronache dicono che lo sceriffo e i suoi agenti accorsi nel luogo, per ore hanno perlustrato la palude cercando il rapito e il suo rapitore. Ne hanno ucciso quattro di coccodrilli, credendo di aver trovato quello giusto. Alla fine invece hanno trovato il bimbo quasi intatto morto per annegamento. Sfuggito pure ai suoi cacciatori, chissà se il coccodrillo "colpevole" avrà almeno versato un paio di lacrime.
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