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La pioggia dell'anima

La vidi correre verso di me. Protetta dall'ombra del palazzo accanto. L'avevo immaginata sotto la pioggia, per tutto il giorno. E sorrisi a quel pensiero, come fosse un'idea indecente che non potevo permettermi. La accarezzai dolcemente per spostare i capelli che le erano finiti sugli occhi e ci abbracciammo delicatamente, quasi impauriti di rovinare tutto. Le baciai la guancia bagnata e mi colpì quel sapore di sale, che non poteva provenire dall’acqua celeste. Notai gli occhi arrossati e il suo sguardo distrutto, dovetti mordermi le labbra per non accompagnarla nel suo pianto silenzioso. Mi chiese di seguirla senza parlare, distratto dal suo fascino esegui l’ordine e mi lasciai trascinare dalla sua mano che stringeva la mia con ardore. Mi trascinò per vicoli di epoche lontane, per strade intrise di nostri ricordi e come per incanto ci ritrovammo di fronte a casa sua. La porta si aprì senza fare rumore, e quasi comprendendo la situazione si richiuse senza che neanche ce ne accorgessimo. Salimmo una scala antica e attraversammo un corridoio spoglio di mobili, per giungere in una stanza nascosta dal resto della casa. Ci ritrovammo in una vera e propria biblioteca. Rimasi allibito e al tempo stesso affascinato dalla maestosità del luogo, mi pareva di essere dentro di lei, di poter finalmente intuire la sua essenza. Esalai l’aria per cogliere il profumo dei libri antichi e desiderai morire in quel momento. Sospirare l’ultimo respiro in quell’ attimo di felicità, andarsene lasciando tutto sospeso senza dover rendere conto a nessuno del proprio trapasso. Riaprii gli occhi e la vidi immobile mentre mi fissava, desiderai essere pittore per poter fissare la sua bellezza divina su una tela bianca e mi pentii del mio pensiero mortale. Ci stendemmo sul pavimento freddo, ancora privati della facoltà di parlare. Mi baciò, come non avevamo mai fatto, un bacio che racchiudeva tutta la nostra storia, tutto il nostro amore inespresso e tutta la nostra vita infelice. Questa è l’ultima immagine chiara che conservo di quella sera, non saprei dire se in seguito facemmo l’amore, se rimanemmo fermi a contemplare la nostra condizione o se leggemmo poesie senza proferir parola. Ricordo solo che in un momento indeterminato mi alzai, le accarezzai nuovamente il viso cercando di trasmetterle tutta la mia gratitudine e me ne andai senza spiegarle il motivo, senza neanche poterlo spiegare a me stesso. Fuori una notte piovosa mi accolse tra le sue chele, mi avvolse in un abbraccio tormentato e mi ritrovai a camminare senza una meta, con l’unico scopo di comprendere se fossi ancora vivo.



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Opera scritta il 13/10/2016 - 19:36
Da pietro renis
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